Il progresso tecnologico non è sempre andato di pari passo con il progresso morale. “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene” ne è la divertente ed ironica conferma. Protagonista della vicenda una famiglia, un’orda, per l’esattezza (quindi qualcosa in meno di una tribù), di ominidi. Si tratta di scimmie un po’ più evolute che da poco hanno iniziato a camminare erette, da poco hanno abbandonato gli alberi per andare a vivere nelle caverne e da ancora meno tempo hanno scoperto il fuoco. A capo dell’orda c’è Edward, il padre, anche se la storia ci viene raccontata da Ernest, il figlio. Ogni ominide possiede un tipico nome britannico, dettaglio bizzarro e già di per sé piuttosto ridicolo. Edward è un uomo-scimmia lungimirante e proteso costantemente verso il progresso. Attraverso le sue frequenti riflessioni tenta di giungere a quei principi che potranno permettere a sé e ai suoi figli di abbandonare il Pleistocene e di tuffarsi nell’Olocene. La sua scoperta più clamorosa, senza dubbio, è rappresentata dal fuoco. Grazie a questo miracoloso elemento, Edward riesce a difendere se stesso e la sua orda dall’attacco delle belve evitando di essere divorati, come accadeva in precedenza. Col fuoco, inoltre, Edward e i suoi figli sono in grado di rafforzare la punta delle lance e di perfezionare le tecniche di caccia. Mangiare un intero mammut però può risultare faticoso soprattutto perché, al tempo, veniva consumato crudo. Non solo tale pratica comporta ore ed ore di masticazione, ma causa colossali indigestioni. Il rimedio? La scoperta casuale della cottura dei cibi. Merito, ancora una volta, del fuoco i cui neri carboni, per di più, se ben impiegati, possono essere usati per tracciare delle sensazionali pitture rupestri il cui unico difetto è quello di venire cancellate velocemente dalla pioggia.
Tante e tali rivoluzionarie innovazioni, però, non sono ben viste da tutti. Zio Vania (unico personaggio dal nome palesemente non britannico), scimmia reazionaria, legata alla tradizione primitiva e alla sua casa sull’albero, non perde occasione per far notare a suo fratello Edward che “giocare col fuoco” non è saggio né conveniente. I rischi sono troppi, “qualcuno” potrebbe non apprezzare che le scimmie tentino di evolversi in non si sa ancora bene cosa. Ma Edward prosegue imperterrito nel suo processo di sviluppo della specie. Intanto si assiste all’estinzione di qualche creatura eccessivamente specializzata, mentre l’ominide, privo di un’attitudine vera e propria, sembra avere qualche chance di sopravvivenza in più rispetto, ad esempio, alla tigre con i denti a sciabola.
Edward dimostra di essere un idealista convinto e, come tale, è pronto a condividere le sue scoperte con tutti i suoi simili. Proprio per questa sua primordiale forma di filantropia, Edward si ritroverà a pagare un prezzo altissimo. Il progresso da lui tanto cercato e perseguito ha infatti messo in moto, all’interno della sua stessa orda, i perversi meccanismi del potere. Chi detiene il dominio su una conoscenza, su una materia o su una ricchezza non è sempre disposto alla condivisone, anzi cerca di sfruttare tale supremazia per governare o soggiogare i propri simili. La scoperta viene trasformata in fonte di privilegio e di vantaggio per chi la realizza ed è pronto a difenderla anche con la violenza.
Il punto forte de “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene” è il ricorso costante all’anacronismo usato in maniera comica e dissacrante. Una lettura brillante, originale, mai noiosa e sicuramente provocatoria.
Una piccola riflessione a margine: Roy Lewis ha scritto questo libro nel 1960, Kubrik ha girato “2001 Odissea nello spazio” otto anni più tardi. Chissà che non ci sia qualche vago e latente legame tra le due opere.
Edizione esaminata e brevi note
Roy Lewis è nato a Felixstowe, vicino Londra, nel 1913. Sì è laureato in Economia, ma la sua carriera è legata essenzialmente al giornalismo. Infatti ha lavorato per il “Times” e per “The Economist”. E proprio per questa secondo testata Lewis lavorava negli anni ’50 quando conobbe l’antropologo Louis Leakey che gli spiegò il significato di alcune pitture rupestri. Da questo incontro è nata una delle opere più note di Roy Lewis: “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”. In Italia sono stati pubblicati, da Adelphi, anche “La vera storia dell’ultimo re socialista” (1993) e “Una passeggiata con Mr Gladstone” (1995). Roy Lewis è morto nel 1996.
Follow Us