Un libro adatto ai più giovani, “Stelle di cannella”. Abbordabile e semplice. La scrittura di Helga Schneider può avvicinarsi con disarmante candore ai bambini e ai ragazzi perché diretta, lineare e limpida anche se a tanta comprensibilità di lettura si affianca l’amarezza e, a tratti, la crudeltà di quanto narrato. Perché anche in “Stelle di cannella” l’argomento principale è il nazismo, l’odio cieco che ha generato, le violenze e le persecuzioni contro gli ebrei.
Al centro della storia due bambini tedeschi di nove anni. Uno è David, figlio del giornalista ebreo Jacov Korsakov e di Jutta, donna di religione cristiana e già madre di una ragazza, Lene. L’altro bambino si chiama Fritz ed è figlio del poliziotto Oskar Rauch. I due bambini sono amici per la pelle, frequentano la stessa classe, sono compagni di banco, vivono a pochi metri l’uno dall’altro e condividono ogni genere di gioco e di esperienza. Entrambi possiedono un gatto. David ha il suo Koks, un gatto nero dagli occhi color ambra, Fritz, invece, ha una gatta che si chiama Muschi, è bianca, bellissima e possiede enormi occhi azzurri. Oltre alle case dei Korsakov e dei Rauch, lungo la stessa strada della cittadina tedesca di Wilmersdorf, c’è anche la villa del ricco architetto Winterloh il cui figlio, Berty, è fidanzato con Lene, la sorellastra di David.
Siamo nel dicembre del 1932 e l’atmosfera amichevole e cordiale che esiste tra le tre famiglie sembra destinata a non dover mutare per nulla al mondo. Eppure, nell’arco di pochi mesi, con l’avvento del regime nazista e delle leggi contro gli Ebrei, tutto cambia in maniera irreversibile e drammatica. L’antisemitismo, dapprima solo latente, diventa, in poco tempo, brutalmente palese. I Korsakov sono una famiglia ebrea e, seppur con un’iniziale perplessità, sono costretti a fare i conti con le discriminazioni sempre più diffuse e violente. Il primo a farne le spese è proprio David. Il suo amico Fritz, entrato a far parte della Jungvolk, diventa il suo più accanito persecutore. David non può frequentare i luoghi per studenti dove fino a pochi mesi prima poteva accedere. Fritz ha fatto sue le idee antisemite e non si esime dal mostrare tutto il suo disprezzo all’ex amico David, alla sua famiglia e persino al gatto Koks che odia visceralmente perché considerato giudeo quanto i suoi proprietari e, proprio per questo, degno dello stesso crudele trattamento. Anche i Winterloh mostrano il loro distacco dai Korsakov tanto che Berty, ormai marito di Lene, chiede ed ottiene che David non vada più alla villa a trovarli. La stessa Lene, pur di non avere grattacapi, decide di affiggere davanti al suo negozio di moda un cartello col quale viene intimato agli Ebrei di non entrare.
In un solo anno la vita di queste tre famiglie viene completamente stravolta dall’odio e dall’indifferenza. Non ci sono eroi in questa storia. Anche Lene, alla fine, per la pacifica convivenza e per la paura di prendere posizione, si adegua alle regole volute da Hitler e, in un certo senso, rinnega il suo patrigno, David e, con loro, anche sua madre.
Ciò che sconcerta è il racconto delle dimensioni che l’odio, privo di ogni fondamento, possono raggiungere. Altrettanto avvilente è la descrizione della noncuranza di chi decide di non fare nulla, di accettare tanti abusi in silenzio, per quieto vivere o per puro egoismo. Anche in “Stelle di cannella”, dunque, la Schneider denuncia, in maniera forse più pacata e recondita rispetto ad altri suoi libri, l’atteggiamento acritico che tanti tedeschi hanno avuto nei confronti del nazismo.
Edizione esaminata e brevi note
Helga Schneider è nata nel 1937 in Polonia. Poco più tardi i suoi genitori si trasferiscono a Berlino. Nel 1941, mentre suo padre era impegnato al fronte, la madre di Helga abbandona lei e suo fratello Peter per divenire membro delle SS, guardiana nel campo di Ravensbruck prima ed Auschwitz-Birkenau poi. Suo padre si risposa l’anno successivo ed Helga viene spedita dalla matrigna in istituti di rieducazione perché considerata una bambina problematica. Sua zia, nel 1944, porta Helga e Peter a visitare Hitler nel suo bunker. Più tardi la famiglia torna a vivere in Austria. L’esordio letterario di Helga Schneider avviene nel 1995 con “Il rogo di Berlino”. La scrittrice, cittadina italiana, vive a Bologna dal 1963.
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