Nikitin Aleksej

Istemi

Pubblicato il: 8 Agosto 2013

E’ improbabile che ad Aleksej Nikitin nello scrivere “Istemi” siano venute in mente le opere di Shostakovich, ed in particolare del Naso; ma proprio per i temi della scissione della personalità, il dissidio tra vero e falso, e soprattutto per la rappresentazione grottesca della burocrazia sovietica, un qualche richiamo e collegamento non sarebbe stato neanche campato in aria. Solo che, nel caso del lungo racconto di Nikitin, il volto ottuso e crudele della dittatura sovietica non si manifesta tanto con i miseri travet oppressi da ingranaggi incomprensibili, ma semmai con la presenza di spie e di affaristi, in piena attività prima e dopo il crollo del regime sovietico. La vicenda del protagonista Davydov scorre in un continuo alternarsi tra il 1983 e il 1984 precedente alla Perestrojka; e poi nel 2004 di un’Ucraina diventata vagamente democratica. Davydov ha un alter ego, il condottiero Istemi, nato in quel 1984 dalla fantasia di cinque studenti del secondo anno della Facoltà di radiofisica di Kiev: annoiati da una sessione di lavoro coatto al servizio del regime, e consapevoli delle assurdità burocratiche alle quali venivano costretti, i cinque universitari si inventano un gioco di ruolo fantastorico, “civiliziation”, dove i territori dell’Unione Sovietica e dell’est, fino ai confini con l’Italia e l’Occidente, sono diversamente divisi in paesi immaginari, tra un califfato, un kanato, un regno, un impero ed una confederazione.

Una delazione di chissà chi e i cinque si ritrovano nelle grinfie del Kgb, alla prese con professionisti della disinformazione evidentemente incapaci di distinguere il vero dal falso. Per il solo fatto di aver immaginato e messo nero su bianco una sorta di geografia alternativa gli studenti saranno oggetto di interrogatori e, una volta liberati, espulsi dalla loro facoltà. Alcuni di loro faranno una brutta fine, altri, come Kurockin, faranno invece carriera e diventeranno degli squali democratici a tutti gli effetti. Passano vent’anni, quell’incidente sembra ormai un brutto ricordo, uno degli ultimi spasmi di un regime moribondo, ma nell’Ucraina velocemente convertita al sistema turbocapitalista (guarda caso Davydov è diventato collaboratore precario di una multinazionale americana di “bottiglie di plastica piene di liquame marrone dal sapore dolciastro”) le ombre del passato tornano a volte in maniera inaspettata: agli ex compagni di studi vengono spedite alcune mail dove si evoca il gioco di ruolo ed i rispettivi alter ego. Da qui si dipana una vicenda con frequenti flash back agli anni ’80 e tale da assumere toni in qualche misura noir, vuoi per il mistero di questo gioco di ruolo rinato come d’incanto, vuoi per la presenza di ex spie e degli ex funzionari del regime al tempo intervenuti per reprimere la “civiliziation” dei cinque studenti. Fino all’epilogo a sorpresa e grazie al quale almeno parte dei doppi e dei tripli giochi dell’era sovietica vengono svelati.

Per “Istemi” ricordo come sia stato evocato il nome di Kafka, immagino avendo ben presente il meccanismo repressivo di uno Stato apparentemente incapace di distinguere la verità dalla fantasia. Osservazione in qualche modo calzante ma che credo non vada più di tanto enfatizzata per un romanzo al quale comunque non è estranea la definizione di noir o di thriller. Proprio perché noir, seppur sui generis, la lettura non risulta particolarmente impegnativa, non annoia, ma allo stesso tempo non permette distrazioni: la narrazione in prima persona procede come un flusso di pensieri del protagonista, e quindi sta al lettore rimanere vigile e cogliere tutto quello che non viene detto esplicitamente e viene fatto solo intuire. Se poi vogliamo trovare qualche riferimento in altri autori, almeno per cogliere lo stile o lo svolgimento del romanzo, viene da pensare semmai che Aleksej Nikitin abbia avuto presente John Le Carrè e le sue spie così lontane dallo stereotipo di James Bond. Lo scrittore inglese difatti ci ha raccontato uno spionaggio fatto di doppi e tripli giochi e condizionato da burocrati letali, dove l’organizzazione del servizio segreto, senza eroismi di sorta e piena di grigiore, si rivela sempre fondamentale nello svolgimento dell’azione; proprio come leggiamo in “Istemi”. E per di più i riferimenti alla Cecenia e allo sfascio dell’impero sovietico, seppur non approfonditi, possono ricordare uno degli ultimi grandi libri di Le Carrè, “La passione del suo tempo”.

A differenza di altri nobili modelli però nell’opera di Nikitin il sarcasmo e l’ironia di Davydov – Istemin è di tutta evidenza, da risultare quasi un contraltare ad una realtà ucraina altrimenti grigia e condizionata dalla corruzione. Un grigiore che si coglie anche nella stessa descrizione degli ambienti e senza particolari distinzioni tra il periodo del regime sovietico e quello dell’indipendenza a basso grado di democrazia: pur con ruoli diversi, prima magari inseriti in un organizzato sistema repressivo, adesso battitori liberi al servizio di sé stessi, per quanto sia si rivelano sempre presenti gli stessi personaggi spioni, corrotti, ambigui e spesso letali.

Edizione esaminata e brevi note

Aleksej Nikitin, nato a Kiev nel 1967, laureato in fisica, ha esordito in narrativa nel 1990. Ha scritto romanzi, novelle e racconti. Nel 2000 ha ricevuto il premio Korolenko. Istemi, uscito in Russia nel 2011, è stato recentemente tradotto anche in inglese.

Aleksej Nikitin,“Istemi” (collana Sírin), Voland edizioni, Roma 2013, pag. 136. Traduzione di Laura Pagliara

Luca Menichetti. Lankelot, agosto 2013