Zweig scrive la “Novella degli scacchi” nel 1941. E’ ormai in esilio. Ha già abbandonato l’Europa, i suoi amici, il mondo e la cultura a cui apparteneva. Ha visto i nazisti condannare al rogo le sue opere e subìto la punizione per essere un ebreo. Vive in Brasile, nella piccola ed anonima città di Petrópolis, insieme alla seconda moglie. Soffre la mancanza dei suoi libri e di tutto il materiale di studio che è stato costretto a lasciare nel Vecchio Continente. Scova un manuale di scacchi e con sua moglie Lotte inizia a studiare e a giocare, una dopo l’altra, le più famose partite dei grandi maestri del passato. Nel suo sentimento di rinuncia, nella stanchezza, nel senso di sconfitta personale e storica e in quel manuale di scacchi affondano le radici della “Novella degli scacchi”.
Su un transatlantico che collega New York a Buenos Aires, tra i tanti passeggeri, viaggia il più grande campione di scacchi vivente, il giovane Mirko Czentovic. Personaggio rozzo ma a suo modo prodigioso. Un giovane ottuso, capace solo di giocare magnificamente a scacchi seppure la sua ignoranza era parimenti universale in tutti i campi. Chiuso, introverso, taciturno, Czentovic si comporta come un automa, è programmato per il gioco degli scacchi ma è quasi analfabeta, totalmente privo di fantasia e di inventiva. La sua forza sta in una logica impersonale e granitica, la sua misura è relegata alle caselle della scacchiera. Non ha immaginazione infatti, al contrario dei grandi campioni, non sa giocare “alla cieca”. L’io narrante della “Novella” (alter-ego di Zweig) vorrebbe avvicinarlo e conoscerlo, ma si rende conto che Czentovic non è disposto a dare confidenza né a lui né ad altri. Un ricco ingegnere minerario scozzese, anche lui in viaggio per Buenos Aires, pagando Czentovic, lo convince a giocare: il campione contro un gruppo di mediocri dilettanti. Proprio mentre si svolge la sfida, uno sconosciuto si avvicina e, con i suoi consigli, riesce a impattare la partita tra lo stupore di tutti, Czentovic compreso.
Il misterioso sconosciuto, il dott. B., è schivo e riservato ma quando il nostro narratore lo avvicina gli spiega come e perché sia tanto abile con gli scacchi. Prigioniero della polizia nazista, non era stato picchiato né torturato ma rinchiuso per mesi in una cella, totalmente isolato, senza nessuna possibilità di contatti umani. Vietato leggere, vietato scrivere, vietato parlare. A circondarlo solo e soltanto il “nulla”, attraverso tale pressione i nazisti tentano di stremarlo affinché confessi presunti nomi e presunte colpe. Il dott. B., durante una delle estenuanti attese che precedono i colloqui con gli agenti della Gestapo, riesce a rubare un libro. Lo nasconde nei pantaloni e lo porta con sé in cella. E’ deluso nel constatare che si tratta solo di un vecchio manuale per scacchisti. Nonostante ciò inizia a leggerlo, a studiarlo, a ripetere a memoria le partite che il libro propone. Centinaia e centinaia di volte. La sua mente ha solo quell’unica occupazione: combinare e muovere i pezzi su una scacchiera immaginaria. Il gioco si trasforma in mania e porta l’uomo ad una profonda crisi nervosa grazie alla quale, comunque, la Gestapo rinuncia a tenerlo segregato.
Sulla grande nave, il dott. B. e Czentovic decidono di giocare una partita a scacchi. Una partita straordinariamente simbolica. Metafora del confronto tra due umanità del tutto diverse. Quella monolitica, meccanica ed ottusa del campione Czentovic contro quella sensibile, sottile e colta di un uomo come il dott. B.. L’epilogo non è che il riflesso e l’eco dello sfacelo della vecchia e raffinata Europa per opera del nazismo, mostro devastante, cieco e privo di coscienza.
Edizione esaminata e brevi note
Stefan Zweig nasce a Vienna nel 1881 da una ricca famiglia ebraica. Si laurea in Filosofia nel 1904. Appassionato viaggiatore, ha modo di conoscere numerosi luoghi del mondo e di incontrare alcuni tra i più importanti esponenti della cultura del tempo: Auguste Rodin, Hermann Hesse, James Joyce, Ferruccio Busoni. Zweig diviene famoso come romanziere, traduttore, biografo e librettista. La sua produzione letteraria è ricca e molto varia, anche se in Italia non tutti i suoi libri sono stati tradotti. Nel 1934 Zweig lascia l’Austria per spostarsi in Inghilterra e nel 1940 si trasferisce definitivamente negli USA al pari di tanti altri esuli ebrei. Il 22 febbraio del 1942, a Petrópolis, cittadina a nord di Rio de Janeiro, Stefan Zweig muore suicida assieme alla seconda moglie Lotte Altmann.
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