Due donne: una madre, Etelka, e sua figlia, Iza. Una morte, quella di Vince, marito di Etelka e padre di Iza, che apre la vicenda e la costella. Dopo la scomparsa dell’uomo, Iza vuole che sua madre vada a vivere con lei a Pest, la capitale. Il suo appartamento è di sicuro più comodo, caldo, ospitale della casa di paese dove la vecchia viveva con suo marito. Iza è una donna medico, assolutamente affidabile, professionale ed attenta. Etelka si fida di sua figlia e a lei si rimette completamente tanto che, spesso, i ruoli sembrano capovolti: Iza si comporta come fosse la madre di sua madre.
Una volta a Pest, Etelka trova un mondo che non le appartiene e che non conosce. Sua figlia è premurosa, le mette a disposizione tutto ciò di cui ha materialmente bisogno. La coscienza di Iza la spinge a far fronte a tutte le esigenze che l’anziana, a suo avviso, può avere. Eppure tra Etelka e sua figlia non c’è alcuna comprensione. L’una cerca di soddisfare l’altra, entrambe si illudono di poterlo fare e, di conseguenza, si deludono a vicenda. Nessuna delle due riesce a rendere felice l’altra, nonostante innumerevoli sforzi. Alla madre servirebbe un po’ di sincero affetto, confidenze, condivisione. Iza, dal canto suo, vorrebbe maggiore isolamento, desidererebbe tornare dal lavoro e rimanere da sola, in silenzio, nella sua casa. Lei adempie a dei compiti precisi però nulla di ciò che fa oltrepassa le sue responsabilità di figlia.
Nel libro della Szabò le due donne sono un po’ l’incarnazione di due epoche diverse, di due mondi in conflitto. Etelka rappresenta il passato, il sentimentalismo, l’attaccamento alle tradizioni, l’ingenuità, la dignità vissuta anche in condizioni di estrema povertà. Iza è la modernità, l’efficienza, l’intraprendenza, il desiderio di dimenticare il passato per vivere un presente perfetto e rassicurante. E tra le due dimensioni c’è dissonanza totale.
La “ballata” a cui fa riferimento il titolo è una vecchia canzone che Iza non ha mai sopportato. Perché Iza, fin da bambina, non ha mai tollerato le storie tristi. Iza voleva che tutti fossero sani e salvi, che ci fosse sempre un lieto fine. Perché Iza detesta commuoversi. E’ il dettaglio che rende la donna tanto unica quanto incomprensibile. Restia a donare se stessa a chiunque, cristallizzata nella sua algida eccellenza. Le attenzioni e le cure che riversa su sua madre sembrano essere solo l’esternazione del suo egoismo di fondo, il metodo per fare in modo che tutto proceda come deve.
Ne “La Ballata di Iza” non esiste una sola voce narrante, ma si assiste ad una sorta di esposizione corale. La Szabò ci offre i punti di vista di tutti i personaggi coinvolti nella vicenda. Noi conosciamo lo stato d’animo di ognuno di loro. Tutte le figure sono delineate psicologicamente e caratterialmente in modo lucido e dettagliato. Addentrarsi nei luoghi più intimi della mente e dell’anima di Etelka, Iza, Vince, Antal, Lidia o Domokos è un’esperienza avvincente. Il libro della Szabò coinvolge e non affatica. La prima parte potrebbe apparire forse un po’ lenta, ma questa sensazione viene meno con l’andare avanti delle pagine.
Il romanzo è suddiviso in quattro capitoli: terra, fuoco, acqua, aria. I quattro elementi cosmici fondamentali. La terra accoglie il corpo di Vince dopo la sua morte. Il fuoco non esiste nella casa di Iza, a Pest. L’acqua è l’infanzia di Antal, l’ex marito di Iza. L’aria è la scelta di Etelka alla fine della storia.
“La ballata di Iza” risale al 1963. In Italia è stato pubblicato solo nel 2006. Siamo in ritardo di più di quarant’anni.
Edizione esaminata e brevi note
Magda Szabó è nata in a Debrecen, in Ungheria, il 5 ottobre del 1917. E’ morta a Kerepes, sempre in Ungheria, il 9 novembre 2007. E’ considerata una delle più importanti e talentuose scrittrici ungheresi contemporanee. Pur essendo autrice di molti romanzi, raccolte di poesie, saggi, opere teatrali e sceneggiature, in Italia è ancora, inspiegabilmente, poco nota. Di lei, oltre a “La porta”, nella collana Einaudi, possiamo trovare solo “La ballata di Iza”. La casa editrice Anfora ha pubblicato alcune favole e, negli anni ’60, Feltrinelli aveva pubblicato “L’altra Ester”.
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