Moresco Antonio

L’addio

Pubblicato il: 15 Aprile 2016

Ci sono due città: la città dei vivi, la città dei morti. C’è uno sbirro morto che si chiama D’Arco, ha gli occhi bianchi e mille cicatrici. È lui a narrarci questa storia. C’è un uomo misterioso, Lazlo, che gli affida un incarico, e lui non può che accettare. C’è un canto che si leva ogni notte dalla città dei morti: è il canto dei bambini uccisi. C’è un bambino che non canta: è la guida per risolvere il caso. C’è un passaggio, dalla città dei morti a quella dei vivi, così come c’è per il viaggio contrario. C’è un’organizzazione criminale che uccide i bambini, sempre di più. C’è un Uomo di luce. C’è una donna, trovata e poi scomparsa. C’è una domanda che tormenta il poliziotto: Cosa viene prima e cosa dopo? Da questa derivano infinite altre domande.

Antonio Moresco, per questa storia, L’addio, immagina un mondo che è solo città, o due mondi che sono solo città, in cui i vivi, una volta morti, agiscono esattamente come prima. Ma è davvero prima? Il transito dalla vita alla morte non sembra cambiare i comportamenti, le attività, lavorative o meno, delle persone, e infatti D’Arco, sbirro tra i vivi, sbirro tra i morti è rimasto. Tutto, così, finisce col confondersi, diventa liquido, e il confine tra vita e morte, tra morte e vita, non appare più come qualcosa di insuperabile, definito e definitivo. E tu che leggi ti trovi immerso in questi mondi, a raccogliere la testimonianza di D’Arco su ciò che è accaduto. Il morto si rivolge direttamente a chi legge in più occasioni, spiegando ciò che l’ha spinto a raccontare e i modi in cui lo fa.

Questa narrazione fantastica, che ti immerge in un ambiente cittadino mutevole sempre in espansione mi ha ricordato, d’acchito, Dark city, un film di fantascienza diretto da Alex Proyas (quello de Il corvo) alla fine degli anni ’90, ambientato in una città che cambia continuamente e in cui il protagonista è alle prese con un mistero e dei delitti. Tornando al romanzo di Moresco, sembra quasi una riscrittura dell’indagine di Edipo, anche per come D’Arco, cercando risposte all’esterno, trovi infine sé stesso, e lo faccia senza fermarsi di fronte agli indizi che sempre più fanno prevedere dove porterà il suo percorso. Dev’essere sicuro, lo sbirro morto, perché ogni passo svela qualcosa di un disegno finale inquietante, così va avanti, e d’altronde questo è uno dei motivi per cui Lazlo gli affida l’incarico “<<Perché lei è uno che non si ferma di fronte a niente>> ha ripreso a dire quella specie di sbirro che non riuscivo neanche a vedere, <<perché lei continua a combattere anche quando la battaglia è senza speranza. E questa è una battaglia senza speranza.>>” (pag. 16). Il combattimento si farà arduo, quasi insostenibile, fino ad arrivare all’Uomo di luce (Lucifero?) e a un ritorno nella città dei morti che spingono ancora più in là le riflessioni sul tempo, lo spazio, la propria identità, il male. Nel primo breve capitolo Lazlo offre a D’Arco risposte a un tempo evasive e precise su ciò che lo aspetta, instillando domande sulla successione delle città “<<Perché la città dei morti viene prima, perché la morte viene prima>>” (pag. 16), sul male che incontrerà “<<Perché non si espia solo il male che si è inflitto, si espia anche il male che si è subito. E l’espiazione del male subito è la più terribile, la più lunga, la più dolorosa…>>” (pag. 15) e sulla ricompensa che riceverà “<<Lei stesso>> mi ha risposto mentre era già sulla porta, senza voltarsi.” (pag.17)

Romanzo degli estremi, che cerca una visione che comprenda tutto, lanciandosi da una parte verso la spiritualità e dall’altra verso la materia, i corpi; romanzo che non si accontenta di essere un romanzo-mondo, se mai un romanzo-mondi, abbracciando il post-morte, o forse pre-vita; romanzo che, infine, sembra distruggere l’io, l’identità singola, per portarla verso la moltitudine, o forse l’umanità. Ne L’addio non c’è parola che non rimandi al suo opposto e lo comprenda, né rovesciamento di tòpoi letterari che non porti corrispondenza con altri (il viaggio negli inferi diventa viaggio dagli inferi, ma cos’è un ritorno tra i vivi se non una resurrezione, e se la resurrezione è per salvare, sconfiggere il male, qui…?); è una sorta di atomo letterario, che in quanto tale non sarà divisibile, ma in forma di libro è sfogliabile e, soprattutto, da leggere.

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Moresco, nato a Mantova nel 1947, è uno dei più importanti e originali scrittori italiani. Della sua vasta opera romanzesca, saggistica e teatrale, ricordiamo almeno la trilogia de L’increato, di cui fanno parte i romanzi Gli esordi (Feltrinelli 1998, poi Mondadori), Canti del caos, Gli increati, pubblicati per Mondadori.

Antonio Moresco, L’addio, Giunti, 2016. euro 15

Con questo romanzo Moresco segna l’ingresso in Giunti, dopo essere stato anni in Mondadori, facendo lo stesso percorso dell’editor Franchini. L’addio è stato presentato al Premio Strega ed è entrato fra i 12 semifinalisti.

Intervista su Repubblica di Leonetta Bentivoglio a Antonio Moresco.

Intervista su Il corriere fiorentino di Vanni Santoni a Antonio Franchini.

Una recensione su Qlibri.

ab, aprile 2016