Jonathan Safran Foer è nato nel 1977. “Ogni cosa è illuminata”, il suo romanzo d’esordio, è stato pubblicato nel 2002. Foer è nato a Washington e vive a New York. “Ogni cosa è illuminata” è ambientato in Ucraina. Jonathan Safran Foer appartiene ad una famiglia ebrea laica e, a vent’anni, ha deciso di intraprendere un viaggio verso l’Europa orientale alla ricerca delle proprie origini. “Ogni cosa è illuminata” ha preso spunto, evidentemente, da tale esperienza. Inutile girarci attorno: “Ogni cosa è illuminata” è un romanzo fuori da molti schemi. E’ spiazzante e spettacolare, dissacrante e torrenziale. Può apparire delicato ma anche pesantissimo, magico ma anche spudorato. Non mi sorprende il fatto che molti lo abbiano abbandonato poco dopo averlo iniziato. Serve molta indulgenza e molta lungimiranza per procedere nella lettura di “Ogni cosa è illuminata”: serve una visione plastica ed alternativa di quel che può diventare la letteratura. Serve governare a dovere le proprie aspettative e lasciarsi semplicemente stupire da quel che di incantevole e straordinario Foer è stato in grado di scrivere. Ci sono alcune paludi, è vero. Ci sono persino voragini e piccole pozzanghere in cui di tanto in tanto ci si può impantanare, ma “Ogni cosa è illuminata” è una buona lettura e, come per tutte le buone letture, occorrono occhi vivaci e mente aperta.
“Ogni cosa è illuminata” è un romanzo fatto di almeno tre romanzi. Insomma: tre storie in una. Sarà anche questa la difficoltà. Foer, l’eroe, è l’americano che giunge in Ucraina armato di molta curiosità, buona tenacia e una fotografia che ritrae suo nonno con Augustine. Una foto scattata negli anni ’40, poco prima che i nazisti cominciassero a massacrare e deportare gli ebrei ucraini. Jonathan vorrebbe incontrare Augustine, la donna che salvò suo nonno da morte certa, e vedere Trachimbrod, lo shtetl (villaggio) da dove proviene la sua famiglia. E’ il 1997 e il viaggio ucraino di Foer comincia in compagnia di Alex, un suo coetaneo di Odessa che farà a modo suo da interprete, e di Alex, il nonno del primo Alex, un falso cieco accompagnato da una cagnetta puzzolente che risponde al nome di Sammy Davis Junior Junior. La strana combriccola formata da tre individui e una cagnolina inizia la propria ricerca a bordo di una vettura d’altri tempi e per conto dell’agenzia “Viaggi e Tradizione”.
I tre romanzi si dipanano così pagina dopo pagina. C’è il romanzo di Alexander Perchov, il giovane ucraino che detesta suo padre, che millanta le proprie avventure carnali, che sogna di andare in America e che, con il suo inglese strampalato, ci racconta il percorso compiuto per giungere fino alle radici della storia degli abitanti di Trachimbrod. C’è poi il romanzo scritto da Foer nel quale si racconta la storia, iniziata il 18 marzo 1791, di un carro finito chissà come in un fiume e di come le giovani gemelle del Riverito Rabbino trovarono, tra le tante cose venute a galla, una neonata a cui venne dato lo stesso nome del fiume, Brod, la quale, dopo infinite discussioni e interminabili conciliaboli, fu affidata all’usuraio infamato Yankel D che fu per lei padre e madre insieme. Il terzo romanzo è composto dalle lettere che il giovane Alex invia a Foer nelle quali discute e critica e rivede il testo dell’amico americano sottolineandone sbavature o esaltandone certe qualità.
Le vicende da tenere a bada, come è facile intuire, sono parecchie. Così come parecchi sono i personaggi, i luoghi e gli eventi. La bravura di Jonathan Safran Foer sta proprio nell’essere riuscito, nonostante tutto, a mantenere un buon equilibrio tra una quantità decisamente imponente di elementi narrativi. Come scritto sopra, un lettore “pigro” farà fatica a mantenere le fila di tutto ma un lettore “pigro” non è il più indicato per avvicinarsi a questo e a molti altri libri. L’esordiente Foer sa combinare ogni porzione delle storie narrate offrendo a chi legge la possibilità di muoversi nel tempo e di scoprire pagine sognanti e fuori dall’ordinario che hanno tutto il sapore di una leggenda antica. Atmosfere quasi incantate a cui fanno da contrappeso momenti grotteschi e particolarmente buffi che coinvolgono Alexander, suo nonno e la stramba Sammy Davis Junior Junior, e momenti dolorosi legati alla scoperta di ricordi sepolti dal tempo ma non per questo meno vivi o meno luminosi. La farsa si mescola alla favola che si mescola al dramma che si mescola alla commedia che torna a sfiorare la tragedia. Ribaltamenti continui di suggestioni e percezioni. Un girovagare costante tra sensazioni disparate ma tutte, inevitabilmente, coinvolgenti. “Ogni cosa è illuminata” è un romanzo insolito, non c’è alcun dubbio. Sarà anche per questo che ne ho terminato la lettura col sorriso sulle labbra, dispiaciuta che fosse finito.
Edizione esaminata e brevi note
Jonathan Safran Foer, “Ogni cosa è illuminata”, Guanda, Parma, 2005. Traduzione di Massimo Bocchiola. Titolo originale Everything is illuminated.
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