Il nome di Pierre Rigoulot in copertina non c’aveva ben disposto, bisogna ammetterlo: lo storico e giornalista francese, come tanti comunisti pentiti, è passato alla sponda opposta e, come spesso succede, il rischio è poi di assistere ad uno speculare radicalismo, questa volta dal lato anticomunista. Rigoulot, leggiamo dalle biografie, è adesso ascritto alla corrente dei neoconservatori e probabilmente degli atlantisti senza se e senza ma. Posizione che potrebbe suscitare diffidenze in molti lettori riguardo analisi geopolitiche che comunque toccano temi ideologici. In realtà, se si fa bene il proprio mestiere di storico, ovvero proporre analisi dei fatti per quelli che sono senza confonderli con le proprie opinioni politiche, molte contestazioni dovrebbero venire meno. Fatta questa premessa dobbiamo concordare con Emma Bonino quando in prefazione scrive: “Rigoulot è riuscito a descrivere in questo libro, in maniera agile ed estremamente leggibile, ma allo stesso tempo esaustiva e documentata, uno degli esempi più lampanti del fallimento della buona coscienza, che troppo spesso animano la politica estera europea ed occidentale” (pag.12).
Difatti se molte pagine del libro sono dedicate ai ricatti del regime nordcoreano nei confronti dei paesi occidentali, altrettante ricordano le posizioni di estrema disponibilità e quasi di benevolenza riservate al regime di Kim Jong Il anche da parte di chi a rigore non aveva niente a che vedere con la sinistra e il comunismo. L’opera di Rigoulot, pubblicata in Italia per la prima volta nel 2004, è una lettura sotto molti aspetti non più aggiornata, non fosse altro che adesso leader della Corea del Nord è Kim Jong-un, come volevasi dimostrare figlio di Kim Jong Il; ma i concetti base non mi sembrano affatto cambiati, anche in relazione al “fallimento della buona coscienza” occidentale.
E’ di pochi giorni fa la visita a Pyongyang dell’ex ministro forzista Romani e di uno dei nostri statisti più stimati e culturalmente più preparati: il pdl ex idv Antonio Razzi “e per dieci giorni mi inculavano” che, con molto ottimismo, volendo “portare la pace” nell’area, ha dichiarato: “Non è vero quello che dicono, che hanno la bomba atomica, che la stanno costruendo, assolutamente: io non l’ho vista l’atomica […] E’ un paese di persone socievoli e per bene: se perdi un portafoglio con 100 euro, lo ritrovi e ce ne sono 200. Ma vedrete, vi racconterò al ritorno”. Ecco, in attesa che Razzi ci racconti come non abbia visto i suoi simili, i razzi, e come quindi il regime di Kim Jong-un non sia poi tanto male (che ne penserà il suo padrone Silvio anticomunista, pur sempre attratto e in amicizia con i dittatori di tutto il mondo?) abbiamo letto il saggio di Rigoulot con grande spirito di solidarietà nei confronti di quei poveri disgraziati di nordcoreani, costretti a vivere in un regime che per crudeltà ed isolamento dal mondo civile, ad una prima impressione, sembra ricordare l’Albania di Enver Hoxha. In realtà la Corea del Nord, di pagina in pagina, svela qualcosa di diverso, giusto con qualche somiglianza alla Cuba di Castro, ovvero, stravolgendo il marxismo in satrapia asiatica, una sorta di regime comunista dinastico, con un culto della personalità del “Caro Leader” tale da far impallidire il ricordo di Ceauşescu. Anomalia che, come abbiamo detto, pare non aver turbato i sonni di molti “conservatori” occidentali e tanto più di molti neo-comunisti nostrani: sappiamo come il Pdci di Diliberto e i Comunisti-Sinistra popolare di Marco Rizzo in più occasioni abbiano omaggiato il presidente nordcoreano quale baluardo dell’anticapitalismo. Se in questo momento il mio pensiero va a questi italiani così rispettosi dei diritti umani e così poco ortodossi, Rigoulot, in quanto francese, ricorda le affermazioni di alcuni suoi connazionali in merito al regime di Pyongyang; ed effettivamente, tra Sartre e lo stesso Mitterand, soprattutto col senno di poi, non è che ci facciano una gran figura.
Un libro che ovviamente non è soltanto un pamphlet polemico nei confronti di nostri connazionali, magari pure in buona fede e semplicemente disinformati, non soltanto accecati ideologicamente. “Corea del Nord. Fame e atomica”, come possiamo cogliere dal titolo, è innanzitutto un’opera divulgativa che racconta la vita politica e sociale di un “regno eremita”, i meccanismi di una dittatura ereditaria, pur mistificata come regime comunista, l’oppressione che in pochi decenni ha devastato la società civile della Corea e l’ha condannata ad un nuovo Medio Evo tra gulag ed esecuzioni sommarie, di come tutte le risorse, alla faccia dei nostri distratti pacifisti, siano state investite nell’industria pesante e nella produzione bellica, mentre la fame e le carestie hanno prodotto un numero imprecisato di vittime. E, sempre sulla scia del “fallimento della buona coscienza”, di come il regime sia sopravvissuto proprio grazie ad aiuti economici provenienti dall’estero, ottenuti spesso grazie a ricatti e traffici illeciti. Un campionario di orrori impressionante, una tragedia umanitaria che gli applausi degli uni e l’indulgenza degli altri hanno perpetuato fino ai giorni nostri.
Edizione esaminata e brevi note
Pierre Rigoulot (Parigi, 1944), storico francese, è esperto del movimento comunista e della realtà politica e sociale del Sud-Est asiatico. Redattore capo dei Cahiers d’Histoire sociale, ha pubblicato, tra gli altri, “Il secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio: 1900-2000”, “L’ultimo gulag. La tragedia di un sopravvissuto all’inferno della Corea del Nord”.
Pierre Rigoulot, “Corea del Nord. Fame e atomica”, Guerini e Associati (collana Sguardi sul mondo attuale), Milano 2004, pag.136. Traduzione di Laura Dapelli.
Luca Menichetti. Lankelot, agosto 2013
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