“Wild Decembers” è un libro del 1999 tradotto e pubblicato in Italia, da Einaudi, solo nel 2018. Un periodo inspiegabilmente troppo lungo perché Edna O’Brien, come ha affermato Philip Roth, è “la più talentuosa tra le donne che scrivono in inglese in questo momento“. Edna O’Brien è nata nel 1930 ed è senza dubbio uno dei più grandi talenti letterari che l’Irlanda abbia prodotto. La stessa Irlanda che ha trasferito al centro di “Un feroce dicembre”, romanzo d’impatto, concettualmente semplice ma dalla portata simbolica imponente. È l’Irlanda degli irlandesi più chiusi, rigidi, convenzionali. L’Irlanda in cui il possesso della terra ha più valore di tante vite, l’Irlanda in cui i pascoli o le torbiere passano in eredità da padre in figlio nel corso dei secoli, l’Irlanda delle reazioni violente e delle aspre vendette. Questa è l’Irlanda che la O’Brien ci racconta in “Un feroce dicembre”.
Una montagna è una montagna. Ma per Joseph Brennan la sua montagna è la vita. È il lavoro nei campi, le bestie al pascolo, è odore, radici e materia su cui affondare fatiche e respiri. Joseph vive insieme a sua sorella Breege in una casa che è insieme fattoria e dimora. Breege sembra essere l’unica creatura in grado di capirlo fino in fondo, l’unico essere di cui Joseph si fida ciecamente. Un equilibrio che sembra destinato a rimanere immutato per sempre. D’altro canto Joseph pare aver rinunciato a farsi una famiglia e Breege appare ancora troppo ingenua e troppo fragile per diventare moglie o madre. I due si sorreggono a vicenda nel micro mondo di azioni quotidiane identiche a quelle degli avi e di altri avi prima ancora. Perché la terra si tramanda per essere accudita e mantenuta per chi verrà dopo.
“Era il primo trattore sulla montagna e il suo arrivo sarebbe rimasto nel ricordo e negli annali; la data, l’ora sul far della sera e le circonvoluzioni dei corvi su in alto, che annerivano il cielo sfrangiati, silenziosi, benaugurali. […] In cima alla collina rallentò, poi sterzò dentro un’aia fermandosi a un soffio dall’acciottolato su un pendio erboso sotto un albero di biancospino. Bugler, alla guida, accomodato dentro l’abitacolo di vetro, fece ciao a Breege, la giovane donna che, colta alla sprovvista, sollevò il barattolo di latta che teneva in mano abbozzando un saluto impacciato“. Eccolo: l’estraneo, il nuovo, l’alieno. Mick Bugler. Cosa ha a che fare quel Bugler con la montagna? Come ha osato portare un trattore su campi che mai sono stati sfiorati da un mezzo a motore? Bugler. Ma non era andato a vivere all’estero? Sì: Bugler è tornato dall’Australia. Lì ha allevato, tosato, curato e ucciso pecore. Migliaia di pecore. Poi il richiamo della terra originaria, quella dei padri e dei nonni, l’Irlanda. Tornare per riprendersi quello che è suo: una casa, la montagna, le paludi, la torbiera. Sistemare tutto affinché sia pronto all’arrivo della fidanzata australiana.
Un trattore fa notizia a Cloontha e tutti sono affascinati da un mezzo che sbuffa e stride in mezzo ai campi. Alcuni vanno a vederlo come fosse un’attrazione da circo. Joseph Brennan è sorpreso e un po’ inquieto. All’inizio riesce persino a parlare civilmente con Bugler: cacciano beccacce come amici di vecchia data. Ma gli attriti si presentano piuttosto in fretta. D’altro canto Bugler sembra non voler rispettare confini segnati da decenni e pretende di possedere pezzi di montagna che Joseph considera da sempre suoi. Le carte degli avvocati si muovono a ripetizione da una parte all’altra. Bugler non sa rispettare la terra, l’aggredisce coi suoi mezzi meccanici per farla fruttare a suo piacimento. E poi c’è Breege che pare avere un debole per l’affascinante Bugler col quale, ogni tanto, si scambia occhiate, sorrisi e tenere parole.
Un romanzo di ripicche, sospetti, minacce e follia. Le ragioni di Joseph si tramutano presto in una vera ossessione. Una collera che giunge, inevitabilmente, alla tragedia. Edna O’Brien deve conoscere in maniera profonda i “mali” ancestrali della sua gente. Ne percepisce tutta la portata, tutta la sconvolgente potenza e “Wild Decembers” ne è la prova. Una storia di insanabili rancori e di irrefrenabili istinti, una storia che ripercorre gesta sempre identiche, replicate nei decenni o nei secoli. Perché il tempo può scorrere placidamente verso l’eterno lasciando comunque immutati gli impulsi e le passioni di certi uomini. A rendere il romanzo ancora più prezioso c’è la scrittura irrefrenabile della O’Brien, il suo stile scabro che mostra di non avere alcuna premura né morbidezza. Lei è irruenta e ruvida, proprio come molte delle atmosfere che costruisce e descrive. Ciò non toglie nulla all’acutezza e alla profondità del suo narrare. Le basta davvero poco per tratteggiare un personaggio, per renderlo pulsante e carnale, per dargli carattere e pensiero, per fornirlo di una vita e, se serve, persino di una spietatissima morte.
Edizione esaminata e brevi note
Edna O’Brien è nata nel 1930 a Tuamgraney ed è una delle più importanti scrittrici irlandesi. Ha ricevuto un’educazione rigidamente cattolica. Il suo primo romanzo “Ragazze di campagna” viene pubblicato nel 1960 e fa parte di una trilogia di successo che include “The Lonely Girl” (1962) e “Girls in Their Married Bliss” (1964). Il romanzo d’esordio viene proibito in Irlanda per via dei riferimenti espliciti alla vita sessuale dei personaggi. Al centro dei romanzi della O’Brien ci sono spesso le donne e le problematiche a loro collegate. Ha scritto anche per il teatro.
Edna O’Brien, “Un feroce dicembre“, Einaudi, Torino, 2018. Traduzione di Giovanna Granato. Titolo originale “Wild Decembers” (1999).
Pagine internet su Edna O’Brien: Wikipedia / Biografie online
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