Scrivere di un romanzo che ha tutti gli elementi del giallo implica, per spirito che definirei deontologico, il non rivelare molto della sua trama e, soprattutto, non rendere manifesti gli incastri logici, causali e dialettici che l’autore ha architettato per rendere la sua opera avvincente ed intrigante. L’intento è quello di non rovinare la lettura di chi non ha ancora avuto il piacere di scoprire il libro.
Paolo Maurensig ne “La variante di Lüneburg”, sua opera prima, ha costruito un impianto narrativo senza difetti. Il suo stile è piacevole e limpido, la linea della storia si intrica e si districa, naturalmente, solo alla fine. “La variante di Lüneburg” è un ottimo libro, un eccellente esempio di narrativa mitteleuropea, come scrive giustamente Franchi nella sua recensione a questo stesso testo.
Posso permettermi di affascinare un futuro lettore dicendo che l’epilogo della storia lo si conosce fin dall’inizio: un ricco imprenditore tedesco viene trovato morto. Un proiettile gli ha trapassato il palato ed è fuoriuscito dalla zona occipitale. A pochi passi da lui è stata rinvenuta la sua pistola d’ordinanza poiché Dieter Frisch, questo il nome della vittima, aveva prestato servizio nell’esercito. Il cadavere si trova al centro di un labirinto geometrico tracciato in mezzo a pareti concentriche di tuia alte tre metri che sboccava in uno spiazzo a forma di scacchiera. L’immagine del labirinto, realizzato nel parco della villa, non poteva non farmi pensare al famoso dedalo di “Shining”, film di Stanley Kubrick.
La morte di Frisch è inspiegabile agli occhi di molti. L’uomo non ha lasciato messaggi: sul suo tavolo da lavoro non si è trovato nulla se non una scacchiera con una posizione di gioco già sviluppata in un complicato centro di partita. Una strana scacchiera, in verità, cucita assieme con pezze chiare e scure di stoffa grezza; e con le pedine formate da bottoni di varie dimensioni che portavano, malamente incise su una faccia – si sarebbe detto con la punta di un chiodo -, le figure del gioco.
La spiegazione di quella morte è legata agli scacchi. Lo sa la voce narrante e lo sappiamo noi. Dieter, è evidente, deve aver perso una partita essenziale. Infatti ci viene anticipato che due giorni prima, sul rapido Monaco-Vienna, era stata pronunciata una sentenza capitale.
Gli scacchi, evidentemente, sono una delle grandi passioni di Maurensig. In un’intervista spiega: Ho cominciato a giocare seriamente a scacchi piuttosto tardi, quando avevo quasi trent’anni. Ho partecipato solo a due tornei, qualificandomi in prima categoria nazionale, che è un punto intermedio tra chi apprende le prime nozioni del gioco e il grande maestro.
Ne “La variante di Lüneburg” gli scacchi si fanno metafora ed insegnamento, comprensione e follia, crescita e fascinazione. L’antico gioco diventa veicolo di lezioni di vita e di pensiero, addomestica e avvince, fino quasi a cancellare la volontà di chi si lascia sedurre. Ogni partita prevede sempre una posta. Ogni mossa può diventare qualcosa di più di un semplice movimento di pezzi da una casa all’altra della scacchiera, tanto che un errore potrebbe costare carissimo. Ogni scelta di gioco, o anche solo un pensiero, prevede un atto di responsabilità capace di cambiare il destino di un altro essere umano o dell’umanità tutta.
Meravigliosa la descrizione della scoperta di una dimensione di puro presente, una parentesi di attimi perfetti, quelli che intercorrono dal momento in cui si decide la mossa al momento in cui essa viene eseguita materialmente sulla scacchiera: la folgorazione.
La magia del gioco degli scacchi non può prescindere dalla realtà: i due personaggi principali di questa vicenda si sono fronteggiati davanti ad una scacchiera ma anche al cospetto della Storia. Squilibri di potere, dominio e forza. Ma l’attesa mossa finale, rimandata per decenni, si sublima attraverso meccanismi esemplari che affondano le proprie radici in una volontà che non si può chiamare vendetta né giustizia ma, come confessa Tabori, compensazione naturale.
Edizione esaminata e brevi note
Paolo Maurensig è nato a Gorizia nel 1943. Ha lavorato molti anni come agente di commercio. Il suo esordio come romanziere, infatti, avviene solo nel 1993 proprio grazie a “La variante di Lüneburg”, pubblicato da Adelphi, che ha ottenuto immediato successo. Nel 1996 arriva “Canone inverso”, libro dal quale Ricky Tognazzi ha tratto l’omonimo film. Sono poi seguiti: “L’ombra e la meridiana” Mondadori (1997), “Venere lesa” Mondadori (1998), “Gianni Borta. Gesto, natura, azione“ Maioli (1998), “L’uomo scarlatto” Mondadori (2001), “Polietica. Una promessa“ Marsilio Editore (2003), “Il guardiano dei sogni” Mondadori (2003), “Vukovlad – Il signore dei lupi” Mondadori (2006).
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