Irene Némirovksy scrisse “Il ballo” nel 1928, esattamente un anno prima del catastrofico crollo di Wall Street e solo qualche tempo prima che l’Europa conoscesse gli orrori del nazismo di cui la stessa scrittrice, ebrea convertita al cattolicesimo, fu vittima.
“Il ballo” è un romanzo breve, intelligente e crudele. E’ scritto in maniera elegante ed accurata. Il mondo raccontato dall’autrice è del tutto simile a quello di cui lei stessa faceva parte. Un universo di persone divenute ricche grazie a rischiose speculazioni finanziarie, ambienti prestigiosi in cui abbondano divisioni sociali, convenzioni di pura facciata ed atteggiamenti ipocriti ed artefatti.
La protagonista de “Il ballo” si chiama Antoinette, una ragazzina di 14 anni figlia dei coniugi Kampf. Suo padre è un ebreo arricchito, uno speculatore che è riuscito a fare la sua fortuna attraverso azzardati giochi di borsa. Un uomo assente ed arrogante. Sua madre è una donna ambiziosa, fiera di essere diventata benestante e desiderosa di mostrare il suo prestigio economico ad ogni occasione, pur sapendo di avere alle spalle un passato da umile dattilografa. Antoinette è costretta a ricevere l’educazione che si conviene ad una ragazza di buona famiglia: istitutrice inglese, insegnante di pianoforte, lezioni di tedesco. Ma Antoinette soffre profondamente perché non si sente amata né rispettata, soprattutto da sua madre. La donna, infatti, non perde occasione per denigrarla, rimproverarla, offenderla, avvilirla. E l’odio della ragazzina nei confronti di sua madre e, più in generale, nei confronti degli adulti si fa ogni giorno più feroce: Sporchi egoisti! Sono io che voglio vivere, io, io… Sono giovane, io… Mi derubano, si prendono la mia parte di felicità sulla terra….
I Kampf decidono di organizzare un ballo a cui invitano gli esponenti più ricchi e prestigiosi dell’alta società parigina. Antoinette vorrebbe essere presente almeno per un quarto d’ora a quel magnifico evento, ma sua madre, inviperita, le vieta assolutamente di presentarsi tra gli ospiti. La delusione e la rabbia della giovane culminano in un atto di vendetta spietata e non premeditata: invece di imbucare gli inviti li distrugge. La sera del ballo nessun invitato si presenta a casa Kampf. La madre di Antoinette non riesce a spiegarsi un tale affronto, la donna litiga furiosamente con suo marito, i domestici ridacchiano alle sue spalle e l’unica invitata giunta al ballo se ne va esprimendo la sua falsa compassione nei confronti della signora. E la vicenda culmina con il vuoto, con il fallimento, con il precipitare dei dorati e vacui desideri di ostentazione della signora Kampf che piange disperata tra le braccia di una Antoinette sorridente e beffarda.
Uno degli elementi centrali de “Il ballo” è la descrizione del difficile rapporto tra una madre e una figlia. Anche in questo caso la Némirovsky ha introdotto elementi autobiografici poiché anche lei aveva avuto con sua madre un rapporto molto tormentato e complicato. Accanto a questa tematica si sviluppa il tema della vendetta. E fa ancora più impressione vedere che l’atto di rivalsa di Antoinette non è prestabilito. Avviene quasi per caso: Una specie di vertigine si impossessò di lei, un bisogno selvaggio di commettere una bravata, di fare del male. Serrando i denti, prese le buste, le accartocciò fra le mani, le lacerò e le butto tutte insieme nella Senna.
“Il ballo” celebra l’amarezza e la solitudine di una giovanissima. Parla dell’incomprensione che la circonda, le divergenze e gli affronti che subisce chiusa nel suo impotente ed inevitabile mutismo. Consapevole della sua giovinezza e disperatamente aggrappata a sogni fatti d’amore e felicità, sentimenti che nella vita reale le vengono negati perché soffocati dall’ipocrisia e dalla sterilità che la circondano.
Il libro della Némirovsky è una lettura gradevolissima e scorrevole. Forse uno dei testi più interessanti e rappresentativi dell’autrice.
Una curiosità: “Il ballo”, nel 1931, è divenuto anche un film per la regia di Wilhelm Thiele.
Edizione esaminata e brevi note
Irène Némirovsky è nata a Kiev nel 1903. Era figlia di un ricco commerciante ebreo che, dopo la Rivoluzione Bolscevica del 1917, decise di trasferirsi con tutta la famiglia a Parigi. La scrittrice si era dedicata alla scrittura fin da giovanissima. Il suo primo romanzo, “David Golden”, venne pubblicato nel 1929. Al tempo la Némirovsky era già moglie di Michel Epstein, giovane e promettente ingegnere. La scrittrice, a seguito dell’affermazione del nazismo e della persecuzioni antisemite, scelse, nel 1939, di convertirsi al cattolicesimo, insieme alle sue due bambine. Nonostante ciò i nazisti l’arrestarono perché discendente di un ebreo. Venne deportata ad Auschwitz il 17 luglio 1942 dove venne uccisa esattamente un mese più tardi.
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