Nel dire “paesaggio” pensiamo subito a qualcosa che rasenta lo spettacolo. Paesaggio è lo scenario naturale che si apre al nostro sguardo. Paesaggio è ciò che il pianeta e il suo Creatore ci pongono di fronte in numerosi momenti. È lo splendore di territori, spazi e vedute. “Paesaggio è natura che si rivela esteticamente a chi la osserva e la contempla con sentimento“, scrive il filosofo tedesco Joachim Ritter. Contaminato però significa infetto, inquinato, avvelenato, infestato, contagiato. Nel titolo di questo libro, dunque, si presenta un accostamento che ha lo stesso sapore di un ossimoro. Pollack non fa riferimento, come si potrebbe immaginare in prima istanza, ai pericoli ambientali ma a una contaminazione diversa. “Con ciò intendo i paesaggi che furono luoghi di uccisioni di massa, eseguite però di nascosto, al riparo dagli sguardi del mondo, spesso con la massima segretezza. E dopo il massacro i colpevoli compiono tutti gli sforzi immaginabili per cancellarne le tracce. I testimoni scomodi vengono eliminati, le cave in cui sono stati buttati i morti vengono riempite di terra, appianate, in molti casi ricoperte di vegetazione, dotate con cura di cespugli e alberi per far sparire le fosse comuni. Le fosse vengono nascoste, confuse con l’ambiente. Questa è un’arte che notoriamente si impara in guerra. Il soldato viene istruito a mimetizzare se stesso e il suo strumento di guerra, un pezzo d’artiglieria o un carro armato, in modo da essere quanto più invisibile per il nemico. Il nemico deve credere di avere davanti a sé solo paesaggio, solo bosco, solo cespugli, nient’altro“.
Martin Pollack compie un viaggio attraversando molte aree dell’Europa centrale e orientale e soffermandosi su luoghi oggi apparentemente normali, anzi persino visivamente affascinanti: vallate, boschi, radure, campi coltivati. Il paesaggio che riempie gli occhi e sfiora il cuore non è che una vista superficiale poiché, al di sotto di quelle vallate, tra le radici di quei boschi, nelle profondità delle radure o sotto i campi coltivati, negli anni, sono stati stipati, buttati o semplicemente lasciati marcire i cadaveri di tantissime vittime. Cadaveri ovunque, cadaveri senza nome, cadaveri di gente ammazzata e volutamente nascosta negli abissi della terra. Migliaia di fosse comuni che hanno inghiottito nel silenzio della Storia la vita e il corpo di masse umane rimaste senza volto, senza voce, senza memoria. “Per gli estranei devono essere invisibili, annullarsi nel paesaggio, diventare un tutt’uno. Nulla deve far pensare che vi furono sepolte delle persone“. Per mettere in pratica tali sistemi, i colpevoli hanno studiato il territorio, hanno saputo individuare superfici adatte ad accogliere i cadaveri delle loro vittime. Non c’è quasi mai improvvisazione in tali efferati programmi, gli assassini sanno dove è meglio scavare, sanno come camuffare le fosse, sanno persino quali alberi è meglio piantare così che crescano più in fretta e più in fretta nascondano i misfatti. “Imboschire si dice. Imboschire per mimetizzare“.
I luoghi degli eccidi sono molti così come molti sono gli eccidi che, nell’ultimo secolo, hanno funestato il Vecchio Continente. Nei territori dell’Europa centro-orientale le vittime più facili da trovare sono gli ebrei: ammazzati durante i pogrom, ammazzati durante le retate naziste, ammazzati durante le marce della morte. Fucilazioni di massa sono state spesso alla base di una mole di morti impressionante. Cadaveri da dover occultare e da dover rinnegare. In pochi ricordano, in pochi hanno visto, in pochi vogliono raccontare. Anzi. La volontà rimane sempre quella di cancellare ogni traccia, ogni minimo indizio di quanto avvenuto. Eppure, di quando in quando, qualcosa torna a galla. È per questo che capita di imbattersi in cimiteri, in monumenti, in lapidi commemorative. Sono segnali simbolici che i viventi hanno deciso di realizzare quando nascondere non è stato più possibile. Ma a Pollack interessano soprattutto i dimenticati, i rinnegati, le vittime assenti di regimi di ogni sorta. “Largamente sconosciuto all’Ovest è il nome Kurapaty, un bosco di circa 30 ettari alle porte della capitale bielorussa Minsk, dove tra il 1937 e il 1941 membri del Commissariato del popolo per gli Affari Interni sovietico spararono a decine di migliaia di civili nell’ambito di una repressione di massa rivolta contro intellettuali e patrioti bielorussi“.
Pollack si reca a Kočevski rog, a sud di Lubiana, ma anche Katyn e Kuro-paty oltre che in numerosi piccoli centri ormai quasi scomparsi dalle carte geografiche. “Le foibe sotto Kren non sono le uniche fosse comuni nella regione di Kocevje. Oggi si possono trovare in Internet immagini di fosse comuni nascoste, una macabra serie di diapositive. Jama pod Macesnovo gorico, Jama v Rugarskih klancih: si vede una fessura che conduce in profondità, assicurata da un semplice recinto di tronchi tondi grezzi, come quelli che si usano per i pascoli per il bestiame. Izvirna Jama, le grotte nei pressi di Zaga Rog e a Dvojno brezno pri Cink krizu, solo per citare un paio di questi luoghi inquietanti“. I paesaggi contaminati sembrano non avere fine né confini. La terra o le foibe o le cavità in cui tanti morti sono stati nascosti divengono testimoni silenti di uno spazio che li accoglie senza protestare. Altra gente ora vive lì dove un tempo delle persone sono state massacrate e fatte sparire. A volte ignorando del tutto gli eventi, altre volte facendo finta che nulla sia mai accaduto. Il compito di chi vive, però, dovrebbe essere un altro: impegnarsi a restituire un briciolo di dignità ai morti dissolti nel nulla. Sarebbe utile, spiega Pollack, la redazione di una mappa, il più possibile attendibile e precisa, dei luoghi in cui il paesaggio è stato contaminato e ferito dalla Storia.
Il libro di Pollack è un documento ma, allo stesso tempo, anche un reportage. Non mancano riferimenti personali e familiari a un’origine che Pollack non ha mai rinnegato: figlio e nipote di nazisti, il giornalista e scrittore austriaco anche in “Paesaggi contaminati” rammenta piccoli episodi della propria infanzia creando una connessione con la materia storica e umana che in questo libro va descrivendo. La sua è la scrittura asciutta e attenta di un giornalista che racconta e documenta gli eventi. Uno stile che personalmente apprezzo e che mi spingerà, col tempo, a cercare e leggere altri suoi scritti.
Edizione esaminata e brevi note
Martin Pollack è nato nel 1944 a Bad Hall, figliastro di un comandante austriaco degli Einsatzgruppen di cui rifiuterà il cognome. Ha studiato slavistica e storia dell’Europa orientale. È stato corrispondente dall’estero per lo «Spiegel», a Vienna e Varsavia tra il 1987 e il 1998. In questo stesso periodo inizia anche a pubblicare saggi e traduzioni di testi letterari polacchi fino a divenire autore. Pollack è noto e apprezzato anche per aver tradotto dal polacco al tedesco molte opere del giornalista e scrittore Ryszard Kapuściński. Tra le sue opere pubblicare in Italia: “Assassinio del padre”, “Il morto nel bunker”, “Galizia” e “Paesaggi contaminati”. Martin Pollack vive nel Burgenland e a Vienna.
Martin Pollack, “Paesaggi contaminati“, Keller editore, Rovereto, 2016. Traduzione dal tedesco di Melissa Maggioni. Titolo originale: “Kontaminierte Landschaften”, (2014).
Pagine Internet su Martin Pollack: Wikipedia
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