Credo che molti di noi, specie da bambini, abbiano immaginato di trovare in un vecchio baule lasciato in soffitta un manoscritto con la vita di un proprio antenato: sarebbe stato divertente e istruttivo e avrebbe tolto dall’anonimato i nostri progenitori. Tutto questo accade all’autore del libro, o meglio l’espediente narrativo del manoscritto ritrovato – un vero classico letterario – nasce da pochi fogli risalenti alla prima metà del XVIII secolo ritrovati presso la Biblioteca Civica di Bassano del Grappa, nei quali l’abate Francesco Chiupani ripercorre rapidamente la vita del prozio Gasparo (1655-1730), dal cui padre discende anche l’autore. Le notizie così ritrovate e altri sporadici riferimenti a Gasparo presenti in altri manoscritti di Francesco sono confermate da un carteggio con Girolamo Frigimelica Roberti e alcune poesie latine. Uno storico, Giambattista Verci, basò su questi documenti e su altri ora perduti, verso la fine del Settecento, una breve biografia di Gasparo inserita nelle sue “Notizie intorno alla vita e alle opere degli scrittori della città di Bassano”(Venezia 1775).
Insomma, il nostro Gasparo, narratore e protagonista del romanzo è realmente esistito, ma il suo discendente Beppi ne ha fatto un personaggio letterario, ne ha immaginato lo spirito e l’ha contestualizzato storicamente in un’epoca, quella del passaggio dal barocco al rococò, densa di avvenimenti e di stimoli artistico-letterari.
È il momento in cui fioriscono musica (Scarlatti e alla fine Bach) e arti figurative, mentre l’espressione letteraria vive una fase di crisi, la borghesia si afferma e la nobiltà si trasforma, c’è la prima donna laureata Elena Lucrezia Piscopia Cornaro, si sviluppa la strategia bellica (guerra di Morea e altri conflitti) e gli stati italiani, apparentemente indipendenti, iniziano a sottomettersi all’impero asburgico (ad eccezione del Piemonte), anche la Repubblica di Venezia, nella quale Gasparo vive, è ormai in decadenza, nonostante la boria della sua nobiltà.
Gasparo nasce a Bassano del Grappa da una famiglia di mercanti, il padre Francesco ha già avuto due mogli, morte di parto, prima di Caterina, la madre di Gasparo. L’autore immagina il suo antenato che, già vecchio, decide di raccontare per iscritto la sua vita, rivolgendosi a un ipotetico lettore, cui rivolge una canonica captatio benevolentiae.
Veniamo così a conoscenza delle avventurose vicende di Gasparo, un uomo del suo tempo, un uomo barocco appunto. E barocco è anche lo stile del romanzo, fitto di descrizioni, di enumerazioni, di elucubrazioni e digressioni filosofico-esistenziali. Non frequenti i dialoghi, è Gasparo soprattutto a presentarci gli eventi e a filtrarli attraverso la sua sensibilità.
Seguiamo Gasparo fin dalla sua nascita, poi attraverso la formazione, determinante il rapporto col vecchio zio Nadalin, che rimarrà per sempre una sua figura di riferimento, poi le amicizie infantili e quelle, ben più importanti, della giovinezza, che dureranno per tutta la vita, segnando anche il suo destino. Amicizie forti, intense, virile sodalizio caratterizzato da quell’intensità che solo una certa fase della vita riesce a dare.
Dopo i primi anni bassanesi, Gasparo si trasferirà a Padova, città accademica, colta, all’epoca appartenente alla Serenissima Repubblica di Venezia che, bisogna dirlo, in questo libro non fa una bella figura: è in decadenza, mal amministrata, è una presenza ingombrante per Padova e i suoi cittadini sono boriosi e caratterizzati da un connaturato senso di superiorità.
Trattandosi di un enorme romanzo di 650 pagine, per non svelarne troppo la trama, procederei ora con osservazioni sparse, per suggestioni, evidenziando alcune parti che mi sono sembrate più interessanti.
I capitoli riguardanti la formazione di Gasparo, tra Bassano e Padova, sono decisamente tra i migliori, in particolare laddove racconta delle Anguane, le fate dell’acqua, che si diceva fossero dedite a riti particolari e avessero poteri straordinari, ad esempio facevano la polenta sulla carega (sedia) del Diavolo e poi chiamavano le altre a mangiarla. Possono prendere una persona addormentata e portarla in giro a vedere luoghi bellissimi e la mattina dopo questa si ritrova nel suo letto. Si tratta di credenze popolari contadine diffuse in tutto il Veneto e l’esperienza iniziatica di Gasparo in questo ambito, dopo che ha conosciuto alcuni bambini del popolo, è decisamente avvincente.
È a Padova che Gasparo costruisce , come dicevamo, le amicizie di una vita: il giovane è deciso a riuscire, vuole inserirsi nel “bel mondo”, ama la gloria, le apparenze e si sente chiamato a grandi cose, la città costituisce per lui un luogo di promozione sociale e di iniziazione. Diventa un uomo del suo tempo, discute con gli amici di arte e letteratura e cerca di crearsi una rete di conoscenze. Uomo del Seicento però non lontano da numerosi parametri moderni da questo punto di vista.
Bello è il sodalizio amicale di Gasparo, le loro iniziazioni (anche sessuali), il viaggio a Venezia per Carnevale. La città è in decadenza, ma è pur sempre affascinante, è ancora viva, popolosa, brulicante di genti diverse, di artigiani, di marinai, di prostitute, piena di imbarcazioni di ogni tipo. “…ma una volta sbucati dal canale che separa la Giudecca dall’isola di San Giorgio ci trovammo circondati da una linea di palazzi lunga tutto l’orizzonte e che pareva ondeggiare sull’acqua dove invece ondeggiavamo noi. Non potevo contare le navi – gondole, peote, grandi mercantili armati, e almeno cinque galere con decine di lunghi remi – mentre grida lontane mi raggiungevano soffocate dallo sciaguattìo e facce ci guardavano dalle gondole che incrociavano la nostra rotta come rondini lentissime che si infilino per finestre appena dischiuse”.
La chiesa della Salute è ancora in costruzione e l’aria ha un “effluvio dolceamaro di alghe, sale e muffa, oltre a canti di barcaioli e grida di facchini”. Non è il luna-park attuale, è ancora una città al cui fascino non è possibile sottrarsi, per quanto Gasparo abbia le sue critiche da fare al Serenissimo Governo.
Tra Terraferma e Dominante c’è un rapporto di amore/odio, da una lato Venezia è una potenza che controlla e opprime, dall’altro è grandiosa e festosa, ha dodici secoli di vita, è uno stato in parte monarchico e in parte democratico.
A Venezia Gasparo e i suoi amici vedono un mondo diverso, cosmopolita, provano anche il caffè, l’ultima novità del momento. Tornati a Padova, assistono all’esame di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata.
La vita di Gasparo avrà però una svolta traumatica e lo porterà ben lontano da quel mondo frivolo e fatuo cui ambiva, conoscerà bene il vescovo di Padova Gregorio Barbarigo, veneziano, che diverrà poi santo, famoso per il suo rigore e la sua austerità. Straordinaria a questo punto la descrizione della villa dei Barbarigo a Valsanzibio col suo esoterico parco (tuttora visitabile e decisamente affascinante).
Infine Gasparo conoscerà la vita militare e la dura esperienza della guerra di Morea , spesso condotta da comandanti poco assennati. Trascorrerà parecchi anni al servizio della Serenissima e maturerà così una sua filosofia di vita, fino alla finale consapevolezza di voler scrivere.
Biografia e, per certi versi, romanzo storico, Gasparo pare voler racchiudere nelle sue pagine un’intera epoca: eventi storici, modi di pensare e di parlare, arti, il collezionismo, la passione per giardini e ville, il gusto della linea curva, dell’arzigogolo, la ridondanza, la musica, straordinariamente ricca, il teatro, i modi di pensare e di confrontarsi, il senso della morte. Devo ammettere che talvolta il libro stordisce il lettore, specie nelle descrizioni della guerra di Morea e delle strategie militari, non è esente da ridondanze stilistiche e riporta quel gusto dell’accumulo che era tipico dell’epoca e cui non siamo più abituati. Ho apprezzato di più alcuni personaggi, anche storici, come il godereccio e dissoluto Duca di Mantova o il terribile vescovo Barbarigo, figure forti, espressioni dei tanti aspetti di un secolo complesso.
Stilisticamente “Gasparo” ricrea lo stile barocco, (personalmente ho ricordato certe descrizioni minuziose di Daniello Bartoli), impresa non indifferente.
Il testo indugia con lentezza, descrive, riflette, brillano a tratti inserzioni dialettali venete, che riportano alla realtà di una lingua che non era ancora la stessa per tutti.
Infine il nostro Gasparo, così lontano nel tempo, ha qualcosa da dirci per l’oggi: quanta importanza ha ancora l’apparire sull’essere? Non siamo ancora barocchi, amanti del prestigio e delle apparenze?
Edizione esaminata e brevi note
Beppi Chiuppani, (Bassano del Grappa 1980) è vissuto in Italia, Gran Bretagna, Francia, Egitto, Siria, Giappone, Portogallo e Stati Uniti. Dopo essersi dedicato alle tradizioni letterarie europee e del Medio Oriente, si è occupato di narrativa contemporanea ricevendo un dottorato in Letteratura Comparata. Coltiva da anni la filosofia theravada. Narratore e saggista, Gasparo è il suo terzo romanzo.
Beppi Chiuppani, Gasparo, il romanzo di una vita barocca, Fagnano Alto, Il Sirente, 2019.
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