Renzo Paris, nella sua prefazione a “Decollati”, scrive di “una vera narrazione”; citando alcune delle vicende criminali che – questo lo leggiamo sulla bandella del libro – “condussero, nella Sicilia dell’Ottocento, nell’arco di un cinquantennio, a ventiquattro esecuzioni capitali”. Storie quindi di ghigliottina e di ghigliottinati per quello che risulta essere il primo studio organico sull’uso di questo strumento di morte nel territorio siciliano (le prime quarantotto pagine sui “Delitti e castighi nella Sicilia dell’Ottocento” e poi le vere proprie “Storie”). Da ricordare che necessario complemento a “Decollati” è il libro gemello, sempre a firma di Salvatore Mugno, “Sentenze di ghigliottinati in Sicilia”, raccolta di atti giudiziari che l’autore ha scovato, dopo anni e anni di ricerche, presso gli Archivi di Stato. Letture che peraltro evidenziano come nelle aule di giustizia del tempo, e presso le autorità inquirenti, venissero usati barocchismi e latinismi in quantità. Ne consegue che l’impegno di Mugno non si è limitato al reperimento di materiale giudiziario: le storie presenti in “Decollati” in tutta evidenza hanno richiesto una vera e propria parafrasi e opera di decodificazione. Il risultato è sotto gli occhi del lettore: racconti di vita – e di morte – in cui ad un italiano sicuramente ben scritto si accompagnano citazioni e interpolazioni caratterizzate da un linguaggio al limite del grottesco, a volte comico nel mischiare un italiano tanto incerto quanto barocco e smisuratamente burocratico. Così il primo ritratto di un personaggio “stregato da una lupa”, prossimo a massacrare la moglie “donna onestissima”: che “stava in adultero contatto con la vedova Elisabetta Graziano, del che, gelosa la moglie, pubblici lamenti ne menava, come del pari continue brighe ne aveva, si col marito, che con la druda” (pp.133).
Vicende che non appaiono incentrate esclusivamente sulle procedure investigative e giudiziarie: la narrazione sulla genesi e sul compimento di questi delitti – eseguiti, se vogliamo dar retta ai verbali del tempo, spesso con un dilettantismo e una cialtroneria che non comportavano nemmeno uno straccio di vera e propria indagine – non è estranea ad una valutazione sulla vita quotidiana esistente nel Regno delle Due Sicilie e nei primi decenni del Regno d’Italia. I “decollati” siculi infatti sono stati per lo più villici, uomini del cosiddetto popolino, rovinati da gelosie, indole violenta, brama di denaro, perversioni – non ci siamo fatti mancare neppure il pedofilo – più raramente briganti veri e propri, oppure uomini motivati dall’odio politico come i carbonari. Soltanto nel 1867, a soli sei anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, in base alle ricerche di Mugno, ritroviamo qualcosa di molto simile alla nascente mafia: la parabola criminale, con conseguente decapitazione, di un certo Pietro Marino Cozzo, “perversissimo” capo di una cosca mafiosa marsalese, e che, “ a dire di un qualificato testimone, impersonava la malvagità”.
Un gruppo maggioritario di decollati, poveracci malvissuti in un contesto agro-pastorale violento, che rafforza l’idea di una giustizia che, come sempre accade, non conosce la simmetria tra i bracci della bilancia. Le condanne capitali non sono mai disgiunte da componenti come l’arbitrio e la casualità – ricordiamo quando Ferdinando II, a “seguito della gravidanza della propria consorte, aveva deciso una generale commutazione della pene capitali in ergastolo” (pp.126) – ed a volte questa approssimazione si è manifestata come una vera e propria beffa: ad esempio con un certo Vito Incerto Ingoglia, che “ebbe la sventura di essere uno dei pochi a non beneficiare di quel provvedimento di clemenza”.
In tutte le esecuzioni, o meglio in tutte le vicende giudiziarie raccontate da Mugno, l’elemento burocratico appare preponderante (alla fine di ogni capitolo è riportata la sintesi del verbale del tempo, che dà conto di testimoni, accertamento della morte, sepoltura). La stessa ghigliottina, oggi presente nel Museo Pepoli di Trapani e tecnicamente descritta nel volume “Sentenze di ghigliottinati” da Pietro Barbera, con le sue pretese di esecuzione “civile”, probabilmente ha contribuito a rendere tutto l’iter di morte molto più veloce e burocratico. A parte qualche inevitabile accenno alla struttura del “meccanismo semplice”, tipo “il catino in legno per raccoglierne il sangue” (pp.11), possiamo confermare che le pagine di Mugno sono incentrate soprattutto sulle storie personali e sull’ambiente sociale del tempo. Quasi del tutto assente il racconto dell’esecuzione in quanto tale che appunto aveva l’ambizione di essere veloce e “civile”; salvo considerare l’imperizia accertata di boia principianti oppure – torniamo alla pagina presente nel libro “gemello” – che nel caso della ghigliottina del Museo Pepoli la “breve corsa della lama [ndr: impatto alla velocità di 15 km/h] fa ipotizzare che, talvolta, potesse non funzionare perfettamente”. Sarebbe stato molto più difficile evitare descrizioni truculente in presenza di esecuzioni rituali tipiche ad esempio dei “civilissimi” britannici, che con la loro “Hanged, drawn and quartered”, ancora vigente nel 1870, mettevano in scena una vera e propria macellazione del condannato.
Con la ghigliottina un taglio netto, almeno la maggior parte delle volte, e tutto si riduceva ad un breve verbalino standardizzato. Una burocrazia di morte che talvolta mostrava un certo compiacimento per questa pretesa di efficienza e che ritroviamo negli atteggiamenti di chi aveva ereditato il famigerato strumento. Così nelle pagine di Bernard Berenson di “Viaggio in Sicilia”, citato ad apertura del volume: “Il conte Agostino Pepoli […] io lo rivedo benissimo, mentre ce ne spiegava con pedantesca soddisfazione, il semplice meccanismo e l’implacabile rapidità di taglio netto” (pp.9).
Edizione esaminata e brevi note
Salvatore Mugno, (Trapani, 1962), si è occupato di letteratura siciliana e di importanti scrittori tunisini, curandone e traducendone alcune opere: Mario Scalesi, Moncef Ghachem e Abū’l Qāsim ash-Shābbi. Ha pubblicato romanzi e saggi su Mauro Rostagno, Nick La Rocca, Mameli Barbara, Giovanni Falcone, Giuseppe Lo Presti e la maschera di Peppe Nappa.
Salvatore Mugno, “Decollati. Storie di ghigliottinati in Sicilia”, Navarra editore (collana “Officine”), Palermo 2019, pp. 218. Prefazione di Renzo Paris.
Luca Menichetti. Lankenauta, luglio 2019
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