Proprio in epigrafe al nuovo libro di Paolo Zardi, “L’invenzione degli animali”, troviamo alcune parole di Julian Jaynes, l’autore di “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza”, che, insieme al Micheal Brooks di “Oltre il limite”, per ammissione dello stesso Zardi, hanno contribuito a determinare l’idea di fondo di questo romanzo: ovvero una vicenda dove i protagonisti vengono sopraffatti – il lettore poi forse scoprirà se a rischio della propria pelle e della propria anima – dai temi della coscienza e dell’ibridazione degli esseri umani, nonché dai “rischi legati alla perdita di un’idea etica del mondo”. Una citazione non priva di suggestioni e lirismo: “Mondi di visioni non vedute e di silenzi uditi è questa regione inconsistente della mente! […] Un teatro segreto fatto di monologhi senza parole e di consigli prevenienti, dimora invisibili di tutti gli umori, le meditazioni e i misteri, luogo infinito di delusioni e scoperte” (pp.5). D’altronde, a completamento di questa di Jaynes, potevano essere menzionate anche le parole di un altro celebre scienziato, Richard Feynman: “La natura, così come oggi siamo in grado di capirla, si comporta in modo tale che risulta fondamentalmente impossibile prevedere esattamente cosa succederà in un dato esperimento. È una cosa orribile. Infatti i filosofi avevano stabilito come uno dei requisiti fondamentali della scienza che nelle stesse condizioni debba verificarsi la stessa cosa. Questo è semplicemente falso: non si tratta di una condizione fondamentale della scienza”,
Paolo Zardi, letterato e ingegnere, in tutta evidenza ha ben presente cosa vogliono dire i fallimenti sperimentali – nel libro è presente un excursus storico sui tentativi di ibridazione uomo – animale, in particolare sullo scimpanzuomo di Ivanov – ed anche l’idea di fondo che ha animato l’epistemologia di Karl Popper: “Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l’uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verità”. Una ricerca critica che, nel mondo prossimo venturo, abitato dalla giovanissima scienziata Lucia Franti e dai suoi brillantissimi colleghi assunti dalla multinazionale Kikowy, è spaventosamente condizionata dal profitto di pochi eletti; personaggi spregiudicati, abili nel derubricare l’etica a strumento di affermazione sociale (“la morale è solo un altro modo di dire la parola economia”, pp. 161), e ad attuare una “strategia che consentiva di chiudere fuori mezzo mondo e continuare a sentirsi dalla parte del giusto” (pp.192).
Il lavoro di Lucia, a differenza di quello del suo uomo Patrick e dei suoi amici Marianne e Tibor, ormai tutti inquadrati in una struttura all’avanguardia che intende determinare gli aspetti rilevanti del futuro umano, consiste nel monitorare la vita e l’evoluzione di un gruppo di animali – indiscutibilmente dei “primati” – rinchiusi in un’ampia struttura artificiale da Truman Show e prima o poi destinati a diventare donatori di organi. I problemi però nascono come sempre dall’equivoco di una scienza che spaccia per conquiste umanitarie qualcosa che in realtà non intende conoscere limiti etici: l’enigmatico patron della Kikowy ha la moglie malata, si avvale quindi di personaggi spietati come l’oscuro e ricchissimo Govind Kapoor per realizzare il progetto “vita eterna” e presto sarà la stessa Lucia ad accorgersi cosa vuol dire aver spinto l’ibridazione genetica oltre i confini del lecito. A quel punto la protagonista, figura solo apparentemente fragile, attorniata da colleghi, amici, nonché dal suo fidanzato, molti dei quali apparentemente più cinici e determinati di lei, prende una decisione dalla quale non potrà tornare indietro. La scoperta di un’inaspettata “coscienza” – vedremo poi se soltanto degli animali geneticamente modificati, degli umani loro supervisori o di tutti loro – peraltro, come anticipato, avviene in un mondo che ha visto confermati gran parte dei timori contemporanei, nonché altre plausibili conquiste tecnologiche. Zardi alla fin fine si è limitato a disseminare il testo di vicende nemmeno troppo futuribili, non tanto da rendere il romanzo una vera e propria distopia, che oltretutto, volendo rimanere fedeli ad interpretazioni ortodosse dei generi letterari, implicherebbe un epilogo di ben altro tenore. Ma è una disseminazione che, pur presenza di un progresso scientifico che pare abbia dato dei frutti positivi, non implica certo il ridimensionamento dei disastri prossimi venturi: l’esclusione sociale diventata legge, il sovranismo che probabilmente ha trionfato (“aeroporto Le Pen”), Parigi circondata da un muro a difesa dei privilegiati, le permanenti emigrazioni dal sud del mondo, un’intempestiva e pericolosa colonizzazione di Marte, motivata innanzitutto da motivi economici, Amazon soppiantata da una multinazionale ancor più pericolosa.
Se magari potremmo considerare “L’invenzione degli animali” un riuscito “techno-thriller”, vuoi per la presenza di alcuni inquietanti “flashforward”, vuoi per dei colpi di scena che cambiano le carte in tavola della vicenda, di sicuro il mistero irrisolto dell’essere umano, della sua essenza biologica e morale, la nascita di una coscienza superiore (paradigmatica la ricostruzione storica che parte dalla vita nel protovillaggio di Enyan, 9000 a.C., alle nuove ed inaspettate scintille di umanità), diventano in questo caso il fulcro di un’analisi in gran parte incentrata sulle caratteristiche psicologiche, contraddittorie, non sempre ben visibili, di coloro che vivono in un mondo dove il confine tra uomo e bestia – letteralmente – sembra diventato molto labile. Da questo punto di vista possiamo affermare che Paolo Zardi, riconosciuto innanzitutto come abilissimo scrittore di racconti, quindi cesellatore e osservatore partecipe di tanta varia umanità, dotato di una sorta di sguardo scientifico, anche nella forma più ampia del romanzo, in particolare in questa sorta di techno-thriller, non ha affatto smentito la sua idea di letteratura.
Edizione esaminata e brevi note
Paolo Zardi nato a Padova nel 1970, ingegnere, ha esordito nel 2008 con un racconto nell’antologia “Giovani cosmetici” (Sartorio). Successivamente ha pubblicato le raccolte di racconti “Antropometria” (Neo Edizioni, 2010), “Il giorno che diventammo umani” (Neo Edizioni, 2013) “La gente non esiste” (Neo Edizioni, 2019), spingendo molti a definirlo il miglior scrittore italiano di racconti vivente. Ha pubblicato tre romanzi brevi: “Il signor Bovary” (Intermezzi 2014), “Il principe piccolo” (Feltrinelli Zoom 2015) e “La nuova bellezza” (Feltrinelli Zoom 2016); e quattro romanzi: “La felicità non esiste” (Alet 2012), “XXI secolo” (Neo 2015), tra i dodici finalisti del Premio Strega 2015, “La Passione secondo Matteo” (Neo 2017) e “Tutto male finché dura” (Feltrinelli 2018). Ha partecipato a diverse raccolte di racconti (Caratteri Mobili, Piano B, Ratio et Revelatio, Hacca, Psiconline, Galaad, Neo Edizioni) e suoi racconti sono stati pubblicati su Primo Amore, Rivista Inutile e nella rivista Nuovi Argomenti. È il primo autore italiano ad essere stato tradotto e pubblicato dalla rivista Lunch Ticket dell’Università di Antioch (Los Angeles) con il racconto “Sei minuti” in “Antropometria”, con la traduzione di Matilde Colarossi. Cura il blog grafemi.wordpress.com.
Paolo Zardi, “L’invenzione degli animali”, Chiarelettere (collana “Narrazioni”), Milano 2019, pp. 256.
Libri di Zardi in Lankenauta.
Luca Menichetti. Lankenauta, settembre 2019
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