L’oblio arriva quando si sceglie di non ricordare, ma arriva anche quando ci si ammala e non si può più ricordare. L’oblio può diventare una scelta consapevole oppure una condizione del tutto involontaria. Con “Idda” Michela Marzano ci racconta una storia con una morale semplice e, al tempo stesso, fondamentale: l’amore sopravvive all’oblio. E in tale affermazione non c’è nulla di scontato né di lezioso. La volontà di dimenticare è per Alessandra, protagonista e voce narrante di “Idda”, una scelta legata al dolore lacerante per la perdita della madre. È ancora giovane quando ciò accade e poco dopo l’incidente che le ha tolto ogni appiglio, Alessandra lascia la terra in cui è nata, la Puglia, e si rifugia a Parigi. “Punto e da capo“, proprio come le suggeriva sua madre da bambina. Un nuovo inizio, per rinascere diversa, per ricrearsi daccapo, per staccarsi da tutto quello che le ha procurato dolore e delusione, per trovare il controllo e la stabilità di una vita ferma e possibilmente inalterabile.
Alessandra ha quarant’anni, una massa di capelli rossi e delle lentiggini che detesta. In Francia ha trovato una nuova lingua, un lavoro come docente universitaria e Pierre, l’uomo che ama e che la ama incondizionatamente. Quello che è stato prima lo ha messo via e basta. La sua esistenza non contempla più alcun legame familiare, nessun affetto se non quello che ha per Pierre. “La verità è che non volevo piú riaprire il capitolo «genitori». Il mio l’avevo chiuso definitivamente quando vivevo ancora in Italia“. Una storia accantonata ormai destinata a perdersi e svanire. Alessandra si muove con fiducia nella disciplina che conosce e che insegna. Ama le piante, le ha sempre amate. La biologia le insegna lezioni fondamentali: “Le piante non hanno bisogno di nessuno. Niente legami, niente relazioni, niente di niente“. Alessandra pretende l’ordine, il metodo. Per questo ha scelto di specializzarsi in Tassonomia e sistematica vegetale. “Ero affascinata dall’ordine: classificare, nominare e raggruppare le 321.212 piante esistenti“. Il mondo delle specie vegetali diventa lo specchio della sua urgenza di regolare ogni cosa. “I due unici principî cui attenersi sono il rigore e la parsimonia […] Ogni cosa ha un suo posto, ogni posto una collocazione, ogni collocazione un motivo“.
Rigore e parsimonia. Motivo e collocazione. È così che Alessandra governa la sua vita. Pierre, invece, è esattamente l’opposto. Non c’è alcun ordine nella sua esistenza, non c’è alcuna organizzazione. Pierre procrastina ogni atto, preferisce non prendersi carico di responsabilità che lo atterriscono. Rimanda o delega. Lo ha sempre fatto e Alessandra si fa carico di dare una logica e un sistema al caos di Pierre. In fondo hanno conquistato un equilibrio.
Annie è la madre di Pierre. Una donna ormai anziana la cui memoria va degenerando senza rimedio. Non ci sono cure per la sua malattia, non ci sono medicine capaci di fissare un limite alla dispersione di quel che si è stati. Annie confonde facce, luoghi, tempi. L’oblio in cui sta sprofondando è ineluttabile e senza fine. Alessandra e Pierre vanno a trovarla tutte le settimane nella struttura che la ospita. Annie continua ad adorare la cioccolata ma del suo passato non restano che frammenti sparsi che la donna sovrappone, sfuma e confonde. Ad Alessandra e Pierre spetta il compito di starle accanto ma anche quello di risolvere questioni pratiche. La casa di Annie, i suoi vestiti, i suoi oggetti. Alessandra recupera tracce della vita di Annie, rintraccia parole scritte, qualche foto, piccoli segni di un passato che la donna non è più in grado di raccontare.
Il passato di Annie si va smaterializzando, quello di Alessandra è stato consapevolmente archiviato. Il contatto tra queste due opposte dimensioni dell’oblio conduce a profonde prese di coscienza che portano Alessandra a frugare tra le macerie del suo passato, a rianimare un dolore solo apparentemente sopito, all’impulso di tornare lì dove tutto ha avuto inizio per recuperare quello che ha tentato forzatamente di seppellire. Annie diventa per Alessandra un viaggio dentro la propria coscienza. I “residui di sé” che Annie conserva nonostante il morbo le divora i ricordi sono gli stessi che serba Alessandra la quale, seppur in piena salute, ha deciso di lasciar sprofondare nell’oblio un passato che, a conti fatti, non sa passare affatto. La memoria si perde in tanti modi, evidentemente, ma le persone riescono, nei loro antri più intimi, a percepire una forza, che in molti chiamano semplicemente amore, in grado di pulsare e vibrare e risuonare anche quando tutto il resto è oramai perduto.
Edizione esaminata e brevi note
Michela Marzano è nata a Roma il 20 agosto 1970. Si è laureata in filosofia e ha conseguito un dottorato di ricerca sempre in filosofia, entrambi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Si trasferisce a Parigi nel 1998 dove vive tuttora. In Francia vince un concorso come ricercatrice al CNRS e diventa professoressa ordinaria di filosofia morale all’Université Paris Descartes (SHS – Sorbonne). Ha iniziato a scrivere libri prima in lingua francese e, solo più tardi, ha deciso di tornare ad affidarsi all’italiano. Collabora con La Repubbica e Vanity Fair ed è autrice di numerosi romanzi e saggi. Tra i libri in italiano ricordiamo: “Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne” (Mondadori, 2010); “La filosofia del corpo” (Il Melangolo, 2010); “Volevo essere una farfalla” (Mondadori, 2011); “Gli assassini del pensiero. Manipolazioni fasciste di ieri e di oggi” (Edizioni Erickson, 2012); “L’amore è tutto. È tutto ciò che so dell’amore” (UTET, 2013); “Il diritto di essere io” (Laterza, 2014); “Papà, mamma e gender” (UTET, 2015); “L’amore che mi resta” (Einaudi, 2017); “Idda” (Einaudi, 2019).
Michela Marzano, “Idda“, Einaudi, Torino, 2019.
Pagine Internet su Michela Marzano: Sito ufficiale / Wikipedia / Twitter / Facebook
Follow Us