“Fu in una terra di colline perfette e di frutteti. In un borgo tranquillo, dove tutti si salutavano guardandosi dritto negli occhi.
Fu tanto tempo fa: io ero ancora un bambino, e tutto mi sembrava irraggiungibilmente grande: il giardino di mio padre, il borgo, la scuola, il campo di calcio…”
In uno sfondo sereno e tranquillo si svolge la vicenda di questo romanzo breve dalla prosa lirica e curata, dolcemente evocativa, permeata da un senso di nostalgia struggente.
È la storia di un’amicizia tra due bambini, Oskar e Benjamin, e, in parallelo, tra i loro due padri, anche loro cresciuti insieme, amici da una vita.
Il tempo trascorre serenamente nel piccolo paese: il padre di Oskar lavora in banca, quello di Ben fa il droghiere e poi si occupa delle sue api e del suo giardino. Niente sembra turbare l’infanzia serena dei due bambini, che si sentono al sicuro, finché non inizia il “tempo delle parole sottovoce”, il tempo oscuro del nazismo. Allora gli adulti sussurrano, perché sanno che non è più possibile parlare liberamente, ma una Voce si leva più alta e più forte delle altre, sbraitando dalla radio.
La si sente dalle finestre, sulle piazze, nei caffè e perfino al cinema, salutata da folle oceaniche.
I bambini non capiscono bene quello che dice, vedono comparire le svastiche un po’ ovunque e poi si accorgono che, attorno a loro, l’atmosfera cambia, bandiere e parate si moltiplicano insieme a intolleranza e odio verso Oskar e tutto il suo popolo. Iniziano gli insulti, le discriminazioni, l’emarginazione. Oskar non può più frequentare la scuola, alla sua famiglia verrà ordinato di traslocare in un quartiere riservato, tutto in breve precipiterà verso il noto e terribile epilogo.
Ben non rivedrà mai più Oskar e la sua famiglia, travolti nella bufera come migliaia di altri.
Anche i rispettivi padri, legati da un’amicizia molto profonda, prenderanno le loro decisioni e andranno incontro ai rispettivi destini, in una gara di reciproco affetto e solidarietà.
Le vicende della Storia s’incrociano con quelle personali e vengono presentate dal punto di vista di Ben, che non ha pregiudizi e quindi non comprende perché essere ebrei comporti tante discriminazioni.
I personaggi di questo libro hanno lo sguardo limpido e sincero di chi crede nell’amicizia al di là di qualsiasi confine e di chi è disposto a sacrificare se stesso per un amico.
Lo stile è pervaso di grazia e tenerezza nell’affrontare un argomento così impegnativo e, purtroppo, sempre attuale, visto che pregiudizi razziali, discriminazioni e antisemitismo sono sempre in agguato nella Storia.
“Quel giorno, nel giardino di mio padre, capii che niente rischia più di sembrare diverso quando la frontiera tra il tempo passato e il tempo della barbarie viene chiusa. E che proprio per questo dobbiamo essere pronti a chiamare col loro nome ciò che riteniamo buono e ciò che non lo è.
Perché altrimenti, svagatamente affacciati alla finestra della nostra casa, potremmo non accorgerci di niente per troppo tempo. Tutt’al più ci accorgeremo che nella notte qualcuno avrà fracassato la vetrina di una bottega, e che di lì a poco il nome sull’insegna sarà un altro. Che importa: ci si abitua a tutto, no? E non per questo sarà cambiato il sapore del nostro caffellatte, no?…
Eppure, probabilmente, le parole avranno già cominciato il loro lavoro di sgorbia. E presto arriverà il giorno in cui il loro senso deforme separerà tutto in una volta: compagni di un tempo, amici di sempre, parenti di lunga data, vicini di casa, il droghiere e i suoi clienti, i quartieri o le città, interi popoli scagliati l’uno contro l’altro, nazioni piene d’ odio fino a scoppiare…”
Edizione esaminata e brevi note
Anne-Lise Grobéty, (Le Chaux-de-Fonds, Svizzera, Cantone Francese 1949- Neuchâtel 2010), scrittrice svizzera di lingua francese.
Anne-Lise Grobety, Il tempo delle parole sottovoce, Milano, Bompiani 2001. Traduzione di Sergio Claudio Perroni.
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