Nel mese di novembre ho recensito “Il treno dei bambini” di Viola Ardone, pubblicato per Einaudi. Dopo qualche giorno ho ricevuto una e-mail da Giovanni Rinaldi il quale mi invitava a leggere un suo libro, uscito nel 2009, in cui, molto prima che la Ardone scrivesse il suo romanzo, lui aveva raccolto le storie vere e le dirette testimonianze dei bambini del Meridione condotti, dopo la Seconda Guerra Mondiale, con quelli che successivamente vennero chiamati i “treni della felicità”, verso l’Emilia-Romagna, le Marche e altre regioni del centro e del nord Italia. In effetti, leggendo il saggio di Rinaldi ho rintracciato alcuni elementi che si ritrovano, ovviamente descritti attraverso un impianto letterario vero e proprio, nel romanzo di Viola Ardone. Ci sono dettagli, nomi e vicende che, evidentemente, la Ardone deve aver conosciuto e letto altrove per poi trasformarli nella materia narrativa presente ne “Il treno dei bambini”.
Da parte sua, Giovanni Rinaldi, che da anni conduce studi di natura storica e antropologica, ha dato vita, assieme al regista Alessandro Piva, a un progetto di ricerca di storia orale per la realizzazione di un cortometraggio intitolato “Pasta Nera“. Tutto ciò accadeva nei primi anni 2000 ed è confluito poi in un reportage scritto rappresentato, per l’appunto, da “I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie”, pubblicato da Ediesse nel 2009. Il percorso di indagine storica di Rinaldi e Piva prende vita dallo studio dei movimenti meridionali di lotta degli anni fra il 1948 e il 1950. Movimenti che a San Severo, in Puglia, condussero a una rivolta finita tragicamente con l’arresto di centinaia di braccianti: “Ma cosa successe davvero in quel 23 marzo del 1950? Accadde che uno sciopero non autorizzato si trasformò in tragedia, e tra «insurrezione» e «risposta alla provocazione» i braccianti si lanciarono senza timore contro le forze di polizia al grido di «Pane e lavoro!». Era ancora viva l’eco degli eccidi di lavoratori a Melissa, Montescaglioso, Modena, Lentella e, in Puglia, San Ferdinando, Torremaggiore, anticipati anni prima dalla strage di Portella della Ginestra. Così, al termine di una giornata convulsa e drammatica, che conterà numerosi feriti e una vittima – Michele Di Nunzio, 33 anni –, a sedare la rivolta arrivò perfino l’esercito con i carri armati, e occupò la città. Nei giorni immediatamente successivi furono tratte in arresto 180 persone con un pesantissimo capo d’accusa: «Insurrezione armata contro i poteri dello Stato». Gli stessi furono sottoposti a un lungo e combattuto processo, e soltanto due anni dopo, il 5 aprile 1952, vennero assolti e finalmente scarcerati“.
Cosa c’entrano i moti di protesta del tempo col treno dei bambini? È semplice: molti degli arrestati a San Severo avevano figli a casa, bambini che, in seguito ai tristi eventi, rimasero soli. Ad aiutarli arrivò la solidarietà e il sostegno di una rete d’aiuto messa a punto, fin dal 1947, dalla neonata UDI e dal PCI. I bambini pugliesi in difficoltà, ma anche molti altri bambini del sud d’Italia, area che nel dopoguerra fece grande fatica a ripristinare condizioni di vita dignitose, vennero portati in città e paesi del centro-nord del Paese affinché potessero trovare nutrimento, accoglienza, cure e alfabetizzazione. Molti piccoli lasciarono le loro terre d’origine e le loro famiglie numerose e povere per trovare altre famiglie, soprattutto emiliane e marchigiane, pronte a prendersi cura di loro per mesi, per anni e, in alcuni casi, anche più a lungo.
Il viaggio di Rinaldi e Piva li condurrà a incontrare diversi di quei bambini, oramai divenuti anziani, disposti a recuperare la memoria di un tempo lontano. Si raccolgono così, attraverso interviste dirette sfumate persino nel dialetto, i tanti ricordi di chi, nonostante i timori e nonostante la paura di “essere mangiato dai comunisti”, tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50, venne fatto salire su un treno e condotto verso nord. Tutti i testimoni ricordano la paura e il disagio iniziale ma tutti ricordano anche il grande amore e il grande calore trovato nelle famiglie ospitanti. Cibo, vestiti, scuola, amici. I bambini del sud, pugliesi, campani, laziali si adattano velocemente ai suoni di un dialetto che inizialmente pensano sia russo ma anche a sapori di alimenti che non hanno mai visto e ad attenzioni che non conoscono. Anche per questo tra di loro c’è anche chi, come Americo (uno di quei nomi e di quelle storie che si ritrova anche nel romanzo della Ardone), sceglie di rimanere nella nuova famiglia e di non tornare più dai veri genitori.
Il testo di Giovanni Rinaldi è scritto in presa diretta. L’autore ha raccontato la sua esperienza di ricerca accanto al regista di “Panenero” raccogliendo in questo suo vivace reportage ogni situazione, ogni incontro, ogni parola. E così facendo ci racconta anche la storia di un Paese che, negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, è tragicamente spaccato in due. Da una parte territori e famiglie che riescono a mangiare, a lavorare, a essere pagate decentemente, a progredire, a credere in certi principi e a offrire ospitalità gratuitamente e dall’altra parte regioni d’Italia piegate dalla miseria, dalla fame, dalla scarsa igiene, da un lavoro saltuario e mal retribuito. Due Italie, per l’appunto, quelle che Rinaldi ci fa scorgere bene attraverso questo suo scritto, due Italie che, a ben vedere, sotto certi punti di vista e a profondità diverse, esistono purtroppo anche oggi.
Edizione esaminata e brevi note
Giovanni Rinaldi è nato a Cerignola (Foggia) nel 1954 e ha studiato al DAMS di Bologna con il Gruppo di Drammaturgia 2 guidato da Giuliano Scabia. Ha condotto numerose ricerche antropologiche utilizzando mezzi audiovisivi e fotografici. Tra le sue pubblicazioni: (con altri) Il gorilla quadrumàno. Il teatro come ricerca delle nostre radici profonde (Feltrinelli, 1974), (con R. Cipriani e P. Sobrero) Il simbolo conteso. Simbolismo politico e religioso nelle culture di base meridionali (Ianua, 1979), (con P. Sobrero) La memoria che resta. Vita quotidiana, mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia (Aramirè, 2004 – I ed. 1981). Autore di progetti culturali, tra i quali sono da ricordare il lavoro teatrale multimediale Braccianti. La memoria che resta e la rassegna letteraria e musicale “Leggere la fatica di leggere”. Ideatore del progetto “Casa Di Vittorio”, attualmente è direttore dell’omonima Associazione.
Giovanni Rinaldi, “I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie“, Ediesse, Roma, 2009. Prefazione di Miriam Mafai.
Pagine Internet su Giovanni Rinaldi: Wikipedia
Documentario “Gli occhi più azzurri” di Simona Cappiello (2011).
Il racconto di un’ eroica pagina della storia d’Italia: il viaggio dimenticato di 70.000 bambini dal Sud al Nord durante il secondo dopoguerra. Tra il 1946 e il 1952 più di 70.000 bambini del Sud furono salvati dalla fame, dall’analfabetismo e dalle malattie, grazie allo sforzo e alla solidarietà di donne e uomini che iniziarono a sognare una nuova Italia. Questa è la loro storia.
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