Se avete frequentato un qualsiasi tipo di liceo che tra le materie prevedeva filosofia, la città di Königsberg non vi sarà nuova. Un nome nascosto negli estremi meandri della vostra memoria, coperto di polvere e quasi illeggibile, ma non cancellato. Come mai? Semplicemente in quest’angolo di nord Europa, sulle sponde del freddo Mar Baltico, è nato e vissuto Immanuel Kant. Il grande filosofo che insieme al collega Hegel e a Manzoni con “I Promessi Sposi” occupa le prime posizioni nella classifica di autori che la scuola riesce a farci odiare maggiormente.
Oggi la città ha ufficialmente cambiato nome in Kaliningrad, così come la regione circostante, la quale nel frattempo da territorio tedesco, è diventata è un’exclave russa. Per i meno ferrati in geopolitica, un’exclave è una porzione di territorio appartenente ad uno stato, che però confina interamente con un altro stato. In questo caso, quando l’Unione Sovietica collassò, la Federazione Russa che ne prese idealmente il posto, decise strategicamente di mantenere il controllo su questa regione per avere un accesso al Mar Baltico, con tramite un porto che tra l’altro ha il pregio di non ghiacciare mai durante l’inverno. Negli anni successivi i paesi confinanti entrarono nella NATO e poi anche nell’Unione Europea, creando una situazione abbastanza paradossale, fortunatamente mai sfociata in violenza.
A guidarci lungo la complicata storia di questa piccola regione, l’autrice, Valentina Parisi, studiosa di letterature slave con tanto di dottorato di ricerca e quindi decisamente qualificata per il compito. Ulteriormente adatta anche per motivi familiari, il nonno infatti venne qui imprigionato dai sovietici in un campo di lavoro fino al 1945, insieme a molti altri soldati italiani. Il nonno riuscì a tornare a casa dopo mille peripezie e così la sua storia è arrivata a noi.
Il libro è una sorta di diario di viaggio dell’autrice, con destinazione appunto il campo di lavoro di Stablack e sulle tracce del nonno. Si alternano capitoli narrativi ad excursus storici, il tutto molto ben bilanciato e decisamente piacevole. Ben equilibrato è anche il processo di avvicinamento alla meta, una sorta di obiettivo fotografico che parte da un grandangolo e lentamente restringe il campo, portandoci alla fine nel luogo esatto dove una volta era collocato questa sorta di lager e dove adesso giace una lapide commemorativa.
Il libro affronta una serie di argomenti molto interessanti e delicati come quello degli abitanti tedeschi di Königsberg esplusi dai sovietici, o quello degli IMI, ossia Internati Militari Italiani: tutti quei soldati catturati e deportati in seguito all’armistizio del 1943. A proposito di quest’ultimi, è molto interessante un passaggio del libro che ben descrive la situazione in cui si trovarono quei soldati: “Mentre né il governo Badoglio, né i vertici dell’esercito avevano fornito direttive univoche sull’atteggiamento da tenere nei confronti degli ex alleati tedeschi (a parte ordini assurdi del tipo: “Resistere, ma non sparare!”), questi ultimi avevano le idee ben chiare su che cosa fare di quegli uomini in divisa sostanzialmente abbandonati a loro stessi.” E quell’idea era proprio la prigionia.
Tra i vari capitoli c’è anche spazio per fatti curiosi più leggeri, come la storia dell’ippopotamo Hans: uno dei tanti ospiti del giardino zoologico di Königsberg. A quanto pare uno dei più grandi parchi della Germania prima della guerra. Caso volle che Hans fu uno dei pochi animali che sopravvisse ai bombardamenti della guerra, venne infatti trovato ferito e denutrito dai soldati sovietici ma ancora vivo. Un infermiere dell’esercito lo rimise in sesto a suon di clisteri d’acqua distillata e vodka per farlo mangiare, i passaggi del suo diario che vengono riportati nel libro sono veramente divertenti.
La storia di questa piccola regione è decisamente complicata e ci sono diverse angolazioni con cui poter interpretarla, ma grazie al filtro di questo libro riusciamo ad averne una panoramica tutto sommato accurata e semplificata. Di grande aiuto sono anche le numerose foto presenti tra un capitolo e l’altro.
In conclusione, ho trovato questo libro molto piacevole: un giusto compromesso tra storia e narrativa, due anime intrecciate alla perfezione che dimostrano sia talento letterario che una grande conoscenza della materia da parte dell’autrice. Lo consiglio vivamente a tutti gli appassionati della seconda guerra mondiale ma soprattutto a coloro che guardando una mappa del Baltico si sono chiesti cosa ci facesse quel pezzo di Russia staccato da tutto il resto.
Edizione esaminata e brevi note
Valentina Parisi è nata nel 1976 a Milano, dove abita. Dopo il dottorato di ricerca in letterature slave, ha vissuto all’estero con varie borse di studio, in Germania e a Budapest.
Attualmente assegnista di ricerca in letteratura russa presso l’Università degli Studi di Pavia.
Valentina Parisi, “Una Mappa Per Kaliningrad”, prefazione di Francesco M. Cataluccio, Exòrma Edizioni, Roma, 2019.
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