“La città senza ebrei” è stato pubblicato, per la prima volta, nel 1922. Circa un secolo fa, per intenderci. Un secolo che somiglia a un giorno, più o meno. Perché se questo romanzo, con i dovuti adattamenti etnici, venisse pubblicato domani o “dopodomani”, come dice il sottotitolo voluto da Bettauer, nessuno noterebbe la differenza. “La città senza ebrei”, che l’autore austriaco racconta qui con sferzante arguzia, è Vienna. In molti definiscono profetico questo romanzo poiché Hugo Bettaeur, prima che la Storia arrivasse realmente a realizzarlo, aveva immaginato un tempo in cui tutti gli ebrei venivano cacciati da Vienna. Nel breve saggio introduttivo, a firma di Marino Freschi, lo studioso recupera le tracce storiche di quello spirito antisemita, ben noto all’ebreo convertito Hugo Bettaeur, che fin dai primi del ‘900 si ravvisava in numerosi proclami o scritti o intenzioni popolari. A metà dell’800 le famiglie ebraiche presenti a Vienna erano circa duecento. Nel 1867 venne abolita la contingentazione e molti ebrei dell’est arrivarono a stabilirsi nella capitale austriaca tanto che, nei primi anni Venti del Novecento, avevano raggiunto la cifra di duecentomila. Più della metà di essi erano professionisti affermati che occupavano posizioni di prestigio. Un’ascesa rapida e trionfale che, come si può immaginare, da molti non venne tollerata.
È in questo clima di astio, invidia, rancore e intolleranza nei riguardi degli ebrei che nasce il “Romanzo di dopodomani” di Hugo Bettaeur. La neonata Repubblica austriaca teneva alla sua sopravvivenza e furono diversi i rappresentanti politici e religiosi che, negli anni dieci e venti del Novecento, presero posizione contro i giudei. Un esempio riportato da Freschi: “… il 29 aprile 1920 all’Assemblea costituente, Kunschak tenne un lungo discorso sulla questione giudaica in Austria, proponendo una soluzione che oggi suona agghiacciante: Richiediamo perciò che gli ebrei – nella misura in cui non possano essere espulsi e non se ne vadano volontariamente – siano immediatamente internati in campi di concentramento“.
Bettauer si ispira al clima che lo circonda e immagina eventi che, senza che lui potrà mai saperlo (verrà ucciso da un giovane nazista nel 1925), si verificheranno realmente e in maniera ancora più devastante e feroce di quanto la sua distopia fosse stata capace di congetturare. Bettauer costruisce così una Vienna senza ebrei: un giorno il Parlamento austriaco promulga un provvedimento col quale si decide di cacciare gli ebrei dal Paese, in maniera del tutto legittima. Sconcertanti le parole pronunciate dal leader dei cristianosociali creato da Bettauer, Karl Schwertfeger, il quale riesce a convincere e a ottenere il consenso della maggioranza. Ovviamente, come ogni buon politico adulatore, mellifluo e insinuante, Schwertfeger si dichiara amico degli ebrei che dice di stimare per le loro naturali attitudini, la loro intelligenza, i loro formidabili talenti. Eppure, proprio per questo, spiega il leader, gli austriaci autentici non possono più vivere accanto agli ebrei: “La cosa è semplice: noi ariani austriaci non siamo all’altezza degli ebrei, siamo dominati, oppressi, violentati da una piccola minoranza, proprio perché questa minoranza possiede delle qualità che ci mancano“. E ancora “ … non li possiamo assimilare, per noi rimangono corpi estranei, che invadono il nostro corpo e ci schiavizzano“. Se non fossero stati e fossero ancora concetti tanto pericolosamente diffusi, ci sarebbe da morire dal ridere.
Gli ebrei sono il nemico, sono corpi estranei, sono divenuti più potenti e ricchi degli austriaci considerati autentici. Fino a proclamare “O noi o gli ebrei!“. Che è praticamente come dire “Prima gli austriaci ariani”. Che somiglia in maniera imbarazzante al nostro contemporaneo “Prima gli italiani”. Ed è qui che la predizione di Bettauer sconfina nel tempo e nello spazio fino a riproporsi, attualissima e sconcertante, fino ai nostri giorni. Il potere immaginifico di uno scrittore, ucciso per la sua sfrontatezza, per la irriverenza, per il suo stile acuminato, si ritrova coraggiosamente tra le pagine de “La città senza ebrei”. Il popolo austriaco plaude e acclama, esaltato dalle parole di Schwertfeger. La macchina antisemita si mette in moto e nell’arco di un anno e mezzo tutti gli ebrei sono fuori dal Paese. L’Austria ha cacciato famiglie, artigiani, bottegai ma anche medici, industriali, banchieri, avvocati, giornalisti, musicisti, scrittori. Bettaeur si diverte e ci diverte nel mostrarci, attraverso sequenze disparate e vivaci, gli effetti che la cacciata dei giudei genera. Il suo è un umorismo arguto e sottile che nasconde però tragedie immani.
L’esaltazione e il giubilo degli austriaci durano qualche tempo, poi la situazione si degrada irrimediabilmente. L’inflazione dissolve il potere d’acquisto e la città di Vienna, senza la presenza degli ebrei più facoltosi, sembra ripiegarsi miseramente su se stessa. Anche le audaci fanciulle che sapevano farsi corteggiare dai ricchi ebrei, rimpiangono la generosità dei loro amanti. I caffè si svuotano, i teatri chiudono, i negozi perdono clienti e guadagni. La nostalgia degli ebrei si fa sempre più intensa spingendo molti viennesi a domandarsi a cosa sia mai servito cacciarli dal Paese visto che la loro assenza ha generato la rovina. “La città senza ebrei”, libro scritto circa un secolo fa, come già specificato, lascia un senso di vaga inquietudine perché continua a rimanere grottescamente attuale ricordandoci di ricordare, oggi come ieri, che i teorici del razzismo continuano a proclamare le loro velenose soluzioni, che i vecchi e i novelli patrioti sono per lo più incapaci di andare oltre il proprio naso, che adesso come un secolo fa le pulizie etniche sono un’indegna offesa al genere umano. La lezione di Hugo Bettaeur continua.
Edizione esaminata e brevi note
Hugo Bettauer è nato a Baden nel 1872 da una famiglia di origini ebraiche. È noto come scrittore, giornalista e sceneggiatore. La sua fu una vita piuttosto rocambolesca ed esuberante. Si convertì alla religione evangelica. Ebbe due mogli molto giovani e fece della scrittura un’arma di provocazione e di scandalo. Fu uno dei pionieri della divulgazione sessuale e alcune delle sue inchieste giornalistiche generarono clamori mai visti prima. Venne presto estradato dal Reich nazista e introdotto nelle liste di proscrizione. Contro di lui si scatenò ferocemente la propaganda del regime che mal tollerava la sua irriverenza. L’odio generato attorno a Bettauer culminò con il suo assassinio. Il giornalista e scrittore venne ucciso nel 1925 da un giovane nazista che non venne mai condannato per il suo crimine. Hugo Bettauer morì il 26 marzo nella redazione della sua rivista, aveva 52 anni.
Hugo Bettauer, “La città senza ebrei”, Chiarelettere, Milano, 2019. A cura di Marino Freschi. Traduzione di Matilde De Pasquale. Titolo originale “Die Stadt ohne Juden” (1922).
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