La forma letteraria del microracconto, ammesso si possa realmente definire cos’è racconto e quando è “micro”, fino a pochi anni fa veniva esaminata dalla critica più accorta tirando in ballo una storia ormai centenaria; e quindi Rubén Darío, Max Aub ed altri autori noti anche per opere di ben altra ampiezza e, come si suol dire, di ben altro respiro. In una società ormai in tutto e per tutto digitale è probabile che questa prospettiva possa essere in parte ridimensionata; ed infatti – possiamo citare la ricercatrice Valeria Giordano – il microracconto, tanto più se il web viene scelto come canale di diffusione privilegiato, potrà apparire come “forma narrativa ideale per la nostra epoca”, supportata da Twitter e dai suoi “brevi flash comunicativi” fatti di “condensazione e intensità espressiva”.
Narrazioni fatte di personaggi nemmeno descritti, semmai meteore che suggeriscono e stimolano l’immaginazione del lettore. Così tenere conto della relazione col web probabilmente delinea l’approccio più corretto di fronte alle fatiche letterarie (o microletterarie) di Carlo Sperduti, autore romano che si era fatto conoscere con “Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi” (2013) e, insieme a Davide Pedrosin, con “Lo Sturangoscia” (2015), editi ambedue dalla Gorilla Sapiens.
Non a caso Alessandro Sesto, ad introduzione della penultima raccolta di racconti e microracconti del nostro, scriveva come i surreali personaggi presenti in “Casella Postale Inospitale”, i “Club del travestimento zoomorfo” non fossero riconducibili ad “ascendenti o consanguinei letterari identificabili”. Un programma “microletterario” peraltro del tutto esplicito: “Un racconto al giorno per sei mesi, due semplici regole: scrivere in prima persona, non superare le 1000 battute. Nascono così queste 150 microfinzioni, in cui io e realtà si moltiplicano vertiginosamente. Confermando il suo gusto per il gioco letterario, Sperduti ci propone una collezione di racconti-lampo in cui tutto è possibile”. Senza dimenticare, in rapporto al web come strumento di diffusione e metro di rappresentazione, che, in appendice, “Le Cose da dire in società” (“il bullo deve ancora arrivare”, “Saverio ma giusto”) nascono proprio su facebook e fino ad ora, nelle vesti di refusi ad hoc, lì sono rimaste.
In tutta evidenza l’autore, con “Volevo fermarmi a tre righe ben scritte”, titolo anche di una delle 150 microfinzioni, ha inteso confermare questa sua attitudine al gioco verbale abbinato all’assurdo quotidiano. Esempi indiscutibili con lo stupore gender di “Due pesi e due misure”: Ed è lo stupore a stupirmi, poiché tutti al contrario ammettono senza un problema logico, come d’altronde è giusto che sia, l’esistenza dell’uoma e del donno” (pp.112). Oppure un assaggio di simil-Hannibal facile facile ma ben evocato: “Con l’esercizio giunsi a masticare solo ciò che odiavo. Il conseguente cannibalismo, di cui spesso mi si accusa, è solamente un aspetto incidentale della faccenda, un effetto tra gli altri. I muri in cui mi hanno rinchiuso, per dirne una, hanno un saporaccio” (pp.129).
Dalla lettura di questo nuovo zibaldone surreale e fatto non soltanto di paradossi, almeno avendo presenti le precedenti opere in versione “micro” comunque perennemente immerse in un magma visionario, emerge che Sperduti è autore ormai senza troppa voglia di proporre a tutti i costi un effetto comico, forse di primo acchito più facile, più in sintonia con un “Lercio” versione impegnata e intellettuale.
Alcuni dei microaffreschi presenti in “Volevo fermarmi” probabilmente potranno risultare piuttosto enigmatici, scritti con l’ambizione di partecipare ad un surrealismo senza remore e sfornati senza il retropensiero di proporre sempre e comunque qualcosa di simpatico e ridanciano. Da questo punto di vista si coglie in pieno la “sfida” di un racconto al giorno per sei mesi e di non più di 1000 battute. Al netto di una raccolta di scritti molto variegata, oscillante dal comico all’umoristico alle cupezze di personaggi annichiliti dalle loro ossessioni, il leitmotiv, e quindi il pregio principale dello scrittore Sperduti, è rappresentato dalla capacità di raffigurarsi il nonsense praticamente in ogni cosa. E per ottenere questo risultato, magari anche poco letterario, occorre sicuramente una grandissima fantasia ed appunto approccio alla letteratura estremamente disinibito, nonché la capacità di non farsi ingabbiare dalla razionalità.
Edizione esaminata e brevi note
Carlo Sperduti, è nato a Roma nel 1984. Si occupa di eventi e laboratori letterari. Suoi racconti sono apparsi in antologie edite da CaratteriMobili, Zero91, Gorilla Sapiens Edizioni. Ha pubblicato tre libri per Intermezzi Editore: Caterina fu gettata (2011), Valentina controvento (2013), Ti mettono in una scatola (2014). Per Gorilla Sapiens Edizioni ha pubblicato Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi (2013), a quattro mani con Davide Predosin, Lo Sturangoscia (2015) e Sottrazione (2016).
Carlo Sperduti, “Volevo fermarmi a tre righe ben scritte”, Gorilla Sapiens, Roma 2019, pp. 208. Copertina di Lucamaleonte.
Libri di Carlo Sperduti in Lankenauta.
Luca Menichetti. Lankenauta, gennaio 2020
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