Non importa quale sia il continente in cui certe donne vivano. Non importa nemmeno quale sia il loro mestiere. Non conta la lingua che parlano o quanto guadagnino. Il coraggio di certe donne rimane identico a prescindere da tutto. E pure la loro caparbietà nel cercare una qualche forma di salvezza per sé, per i propri figli, per la propria famiglia, per la propria coscienza. Certe donne conoscono i miracoli e sanno come ottenerli, costi quel che costi. Ed è un po’ questo il senso de “La treccia”, romanzo d’esordio della regista e attrice francese Laetitia Colombani. Tre storie che si in-trecciano in un gioco di rimandi e di eventi molto umani che connettono tra loro tre figure femminili distanti l’una dall’altra per ragioni geografiche, culturali, esistenziali. Tre donne, tre continenti, tre vite, tre immensi ostacoli da affrontare. Ognuna delle tre protagoniste troverà il coraggio di andare avanti e di andare oltre.
Smita in India, Giulia in Sicilia, Sarah in Canada. Ogni capitolo porta, alternativamente, il nome delle tre donne e ogni capitolo segue separatamente tre storie diverse, come tre brevi romanzi che si muovono in parallelo. Tre universi apparentemente distanti. Smita è una dalit, un’intoccabile, l’ultima degli ultimi: “Fuori casta, fuori dal sistema, esclusi da tutto. Una razza a parte, giudicata troppo impura per mescolarsi agli altri, un rifiuto spregevole che va scartato, come si separa il grano dal loglio“. Smita fa il mestiere più umile e mortificante tra tutti: pulisce le latrine dei jat, dei ricchi. Ogni mattina prende la cesta e va a liberare a mani nude le latrine di chi ha la fortuna di avere un posto dove fare i bisogni visto che nel villaggio di Badlapur, in Uttar Prades, la maggior parte della gente un bagno non ce l’ha neppure. Smita ha ereditato questo mestiere. “È il suo dharma, il suo dovere, il suo posto nel mondo. Un mestiere che si tramanda di madre in figlia, da generazioni” ma ha deciso che per sua figlia Lalita dovrà esserci un altro destino. Smita vuole che sua figlia impari a leggere e a scrivere perché non vuole affidarle una cesta per raccogliere escrementi umani come sua madre ha fatto con lei quando aveva sei anni.
Giulia è giovanissima ma, accanto a suo padre, segue l’antica attività di famiglia. La ditta Lanfredi porta avanti un lavoro che, come tanti, rischia di perdersi. I Lanfredi realizzano parrucche riutilizzando la “cascatura”, “la tradizione siciliana di conservare i capelli tagliati o caduti spontaneamente per ricavarne parrucche e toupet. Fondato nel 1926 dal bisnonno di Giulia, quello della famiglia Lanfredi è l’ultimo laboratorio di questo genere ancora in attività a Palermo. Dà lavoro a una decina di operaie specializzate che districano, lavano e trattano le ciocche di capelli che, una volta assemblate, vengono spedite in Italia e in Europa“. Giulia conosce tutte le operaie, vive in quel laboratorio tra capelli da districare, ciocche da lavare, decolorare e poi tingere, da quando è piccola e ha un legame speciale con suo padre Pietro. E quando, a causa di un incidente, Pietro si ritrova senza coscienza in un letto d’ospedale, Giulia scopre per caso che l’azienda sta rischiando il fallimento: debiti sopra debiti di cui non immaginava l’esistenza. Sua madre e le sue sorelle vorrebbero che tutto venisse dismesso e svenduto ma Giulia vuole trovare un’altra strada, ma le serve il coraggio per compiere un grande, temerario salto.
Sarah è una perfetta donna in carriera, avvocato di fama che spende la sua vita tra le aule di tribunale e colleghi d’alto rango. Sarah ha tre figli e due ex mariti ma è abituata a separare in maniera nettissima la sua sfera privata da quella professionale. Attenta a misurare ogni parola e ogni gesto, Sarah ha conquistato una posizione lavorativa di prestigio e non può permettersi sbavature, né assenze, né rallentamenti, né debolezze di alcun genere. Insomma Sarah è una macchina perfetta. Tutto sembra procedere secondo i suoi piani fino a quando ha un malore mentre è in corso un’udienza importante. Sarah cerca di minimizzare e dissimulare ma ben presto si troverà a fare i conti con qualcosa di molto più forte della sua volontà: un cancro al seno. Da lì il declino, inevitabile. Vengono a mancarle le sicurezze che sperava di salvaguardare, i colleghi non mostrano alcuna pietà e la fanno fuori senza troppi scrupoli. Sarah dovrà trovare il coraggio di ripensarsi, di ricostruirsi, di rimodulare la sua vita intera, senza menzogne e senza cinismo.
Tre donne, tre destini, tre prove di forza. La treccia non è solo metafora dell’intersecarsi di sorti distanti ma simili, ma anche l’oggetto fisico rappresentato da ciocche di capelli femminili intrecciate tra loro. La treccia, fatta di capelli scuri e bellissimi, è quella che volerà da un angolo all’altro del mondo per sfiorare le dita e la vita di tre donne diverse. Simbolo di rinascita e di rinnovamento, ma anche elemento di decoro e di bellezza, emblema di femminilità e di sensualità, i capelli da sempre sono parte integrante del mondo femminile o della sua negazione. Penso ai capelli rasati come forma di punizione, ai capelli coperti per questione di fede, ai capelli tagliati come forma di protesta e voglia di emancipazione. Attraverso i capelli, il mondo delle donne ha parlato e si è evoluto e la Colombani ha saputo scegliere senza dubbio un ottimo simbolo, la treccia, per evocare e celebrare il coraggio e la forza delle donne. Lo ha fatto con una scrittura immediata e fluida, di quelle che inducono a non voler smettere di leggere. E per un’esordiente non è poco.
Edizione esaminata e brevi note
Laetitia Colombani è nata a Bordeaux nel 1976. Ha studiato cinema all’École Louis-Lumière e ha diretto il suo primo film a soli venticinque anni. In breve tempo, si è imposta come regista e sceneggiatrice, lavorando con attrici del calibro di Audrey Tautou, Emmanuelle Béart e Catherine Deneuve. “La treccia” è il suo romanzo d’esordio ed è subito diventato un caso editoriale: venduto in 26 Paesi ancora prima della pubblicazione, è rimasto per un anno ai vertici delle classifiche francesi, conquistando sia il pubblico sia la critica e aggiudicandosi il prestigioso Prix Relay.
Laetitia Colombani, “La treccia“, Editrice Nord, Milano, 2018. Traduzione di Claudine Turla. Titolo originale “La tresse”, Éditions Grasset & Fasquelle, 2017.
Pagine Internet su Laetitia Colombani: Rai Scuola / MyMovies / Twitter
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