Rossotto Riccardo

Il patto scellerato

Pubblicato il: 15 Agosto 2015

L’inciso a pagina 42 del “Patto scellerato” (“nostro studio pubblicato su questa rivista nel 2003”) fa pensare davvero che l’opera di Rossotto altro non sia che la riproposizione di un articolo di “Storia militare”. Non ci sarebbe da meravigliarsi viste le dimensioni ridotte del libro, quasi una sorta di plaquette. Comunque sia, visti i fatti controversi e in qualche modo misteriosi, bisogna dare atto all’autore di aver affrontato l’argomento con approccio piuttosto prudente (oltre che con stile quasi colloquiale), evitando di millantare quelle certezze che fanno la gioia dei complottisti. Non quindi un libro a tesi, piuttosto il ricordo di quanto abbia fatto discutere, soprattutto nei primi vent’anni della Repubblica italiana, la teoria del “patto scellerato” tra il generale Vittorio Ambrosio, capo di stato maggiore, e il federmaresciallo Albert Kesserling. Teoria che, fino ad oggi, è stata sempre contestata – Rossotto ne dà subito atto citando il prof. Raimondo Luraghi – sicuramente sfornita di prove alla stregua di “una pistola fumante”, ma che negli anni si è sorretta grazie ad un gran numero di indizi e coincidenze. L’idea che quanto accaduto dopo l’8 settembre 1943 sia stato frutto innanzitutto di confusione, inefficienza e vigliaccheria, evidentemente lascia ancora molto perplessi. Stesso discorso per quanto riguarda la mancata difesa di Roma e la fuga ignominiosa del Re e dei vertici militari e civili del Regno. Da qui la ricerca di Rossotto che ci ha proposto brani tratti da documenti ufficiali, testimonianze dirette, la storia di coloro che hanno messo in discussione le verità ufficiali. Tra tante incertezze almeno rimane la certezza del dubbio: è davvero plausibile che nelle ore intercorse tra la proclamazione dell’armistizio (ore 19.45 dell’8/9) e la decisione di lasciare Roma per Pescara (alle ore 4.30 circa del mattino del 9/9) non ci sia stato un abboccamento dei vertici del regno con il comando tedesco di Frascati per concludere un accordo o, più semplicemente, per dare esecuzione ad un piano precedentemente discusso?

Il teorema del patto segreto, peraltro contestato violentemente da personaggi come Piero Buscaroli, ci racconta Rossotto, fu rilanciato, non senza ambiguità, sia dal generale Giacomo Carboni (al tempo diventato una sorta di capro espiatorio della mancata difesa di Roma), da Ruggero Zangrandi e poi dal giornalista Peter Tompkins. Mentre l’ex comandante del Corpo d’Armata Motorizzato viene citato come “generale bizzarro con le smanie di autodifesa” e Zangrandi come “scrittore comunista con il vezzo di fare il novello Sherlock Holmes”, una maggiore attenzione viene riservata alle ricerche dell’americano, uno dei “soggetti sicuramente meno coinvolti nella polemica politica o giudiziaria dell’epoca” (pp.14). Lo scrittore, tra l’altro, nel 1966 pubblicò un libro, “Italy Betrayed”, che Rossotto dice di aver rintracciato negli Stati Uniti poiché non è mai stato tradotto e importato. Tompkins quindi ha ricostruito la vicenda prospettando la veridicità dell’accordo Ambrosio-Kesserling, basandosi in parte sulla ricostruzione di Zangrandi sia in virtù di ulteriori indizi. Ad esempio la constatazione, tra i tanti episodi sorprendenti, che i fuggiaschi (il Re e la sua scorta), “pur fermati in almeno cinque posti di blocco tedeschi e/o fascisti, furono sempre fatti proseguire; per ben tre volte furono poi sorvolati da aerei militari tedeschi che evitarono accuratamente di far fuoco sulla comitiva” (pp.46). Ed inoltre se “i carabinieri di stanza a Campo Imperatore avevano avuto l’ordine preciso di uccidere Mussolini piuttosto che lasciarlo nelle mani dei tedeschi”, poi “questo ordine, la mattina del 10 settembre, fu revocato da una telefonata di uno stretto collaboratore del ministro Sorice, il Capo della polizia Carmine Sinise”(pp.46). Tesi che – ripetiamolo – si è basata su innumerevoli indizi ma che, appunto per questo motivo, non ha mai superato il muro posto dall’ufficialità e dall’indignazione dei diretti interessati (tra i quali Badoglio, Roatta, Acquarone, lo stesso Ambrosio). Così il professor Luraghi: “No, non ci ho mai creduto. Un’intesa di quel genere avrebbe coinvolto decine e decine di uomini […] Prima o poi si sarebbe venuto a sapere. Invece nulla! L’ipotesi è suggestiva e tanti sono gli indizi coincidenti, ma rimango della mia opinione” (pp.9). Preso atto della doverosa prudenza degli storici, il senso ultimo dell’articolo di Rossotto, oltre a voler rievocare antiche polemiche, risiede nel fatto che l’adagio “tanti indizi fanno una prova”, pur inadeguato, quanto meno può diventare pretesto per tornare ad indagare vicende sicuramente controverse: “il tema, a nostro avviso, non deve essere ancora chiuso e archiviato definitivamente: chissà che non si riesca davvero a fare chiarezza per scoprire cosa accadde realmente a Roma, quella notte” (pp.67).

Edizione esaminata e brevi note

Riccardo Rossotto, avvocato, Senior Partner dello studio R&P Legal, da anni studia la storia contemporanea. Collabora con la rivista Storia Militare e ha già pubblicato dei testi sulla Guerra Civile Americana, sulla disfatta di Caporetto e sull’estate del ’43. Ha in corso di pubblicazione la storia delle origini e della gestione del Referendum del 1946.

Riccardo Rossotto, “Il patto scellerato. I Savoia e il mistero dell’ignobile fuga”, Mattioli 1885 (collana Capoverso), Fidenza 2015, pag. 78.

Luca Menichetti. Lankelot, agosto 2015