Partiamo subito da una constatazione: quando si tratta di parlare di Grillo e del MoVimento anche soltanto apparire equilibrati diventa complicato. Non potrebbe essere altrimenti a fronte di raffiche di vaffanculo, volutamente sparati senza alcun distinguo, e di argomenti tali da mettere a nudo il profondo declino morale dell’Italia. Possiamo metterci nei panni di un cronista politico che voglia fare il suo mestiere con coscienza: a far le pulci soltanto ai partiti tradizionali si rischia di passare per simpatizzante grillino e di voler minimizzare le sciocchezze dei pentastellati; se si vanno a sbugiardare i detti e contraddetti dei capi supremi del MoVimento “uno vale uno”, ecco che invece si rischia di venire tacciati come venduti alla feccia dell’inciucio e quindi di minimizzare le magagne dei partiti. Comunque vada, stante questa contrapposizione totale – e spesso cinicamente costruita – tra puri e non puri, tra “moderati” e “massimalisti”, è chiaro non ci potrà mai essere un apprezzamento unanime per aver fatto un buon lavoro giornalistico e di ricerca.
E’ probabile quindi che anche il “Gianroberto Casaleggio, sfide e fallimenti di un visionario” di Gioia Salvatori, malgrado Marco Revelli lo descriva giustamente come libro “agile e dettagliato”, potrà essere sospettato di chissà cosa: forse uno strumento di disinformazione al soldo dei partiti, forse un’operazione editoriale facile facile per speculare sulla leggenda nera di quello che viene chiamato il “guru di Grillo”. In realtà, ad avere la pazienza di leggerlo questo libro, ci potremo accorgere che la figura di Casaleggio, seppur raccontata nelle sue contraddizioni ed aspetti ancora non del tutto chiari, complice la sua proverbiale riservatezza, ha proprio poco di leggenda nera, quella che parla di rapporti occulti con la finanza occulta tipo Bilderberg ed anzi viene derubricato ad imprenditore, con suoi interessi molto concreti ed anche molto poco visionari, alla stregua (e qui la cosa effettivamente un po’ inquieta) di altri scesi in politica con tutto il seguito che sappiamo.
La storia di Casaleggio, titolare della Casaleggio Associati s.r.l., come sappiamo si confonde con quella del MoVimento e di conseguenza molte pagine dell’opera sono dedicate ad episodi magari già conosciuti grazie a libri come “Grillo vale uno” di Mauro Carbonaro, ma questa volta visti dal lato di un imprenditore abituato a comandare e quindi predisposto ad epurare senza troppi problemi, anche alla luce della sua vision aziendale. Dalla quale però scaturisce qualche concezione discutibile: ovvero l’importanza del “silenzio ed obbedienza a difesa del Movimento e del capo” (pag. 22) e il fatto che “la maggioranza sia sempre nel giusto e che la comunità degli iscritti M5S in rete valga più del corpo elettorale intero” (pag. 31). Gioia Salvatori peraltro non sembra aver voluto scrivere una vera e propria biografia di Casaleggio, che ancora rimane misterioso riguardo le sue passate posizioni politiche, in merito ad esempio alla candidatura in una lista di centrodestra. Il libro rappresenta semmai il racconto delle posizioni del MoVimento 5 Stelle alla luce dell’organizzazione aziendale della Casaleggio Associati, ed anche un’analisi del pensiero di Casaleggio riguardo le potenzialità della rete. Il nostro “guru” milanese, pur consapevole di un rischio orwelliano, viene messo a confronto sia con i cosiddetti cyber-utopisti sia con gli scettici alla Evgeny Morozov, uno studioso bielorusso “che aveva creduto nella rete e si era impegnato per la democrazia nel suo paese d’origine”, salvo poi comprendere come “internet potesse servire allo stesso modo sia agli oppressi che agli oppressori” (pag. 58). E difatti: “Screditare un blogger, poi, nei regimi totalitari, è facilissimo: basti pensare a Cuba, dove Yoani Sanchez è bollata come spia della Cia” (pag. 59). Un Casaleggio che quando parla ai colleghi imprenditori si rivela “molto lontano dalle invettive grillesche contro l’euro” e “d’altronde ha a che fare con la concretezza dei numeri” (pag. 110). E coerentemente non gli interessa “il dibattito sull’abolizione dell’Imu e il destino di questa tassa, a cui il Pdl lega l’esistenza del governo Letta: in via Morone considerano prioritario l’ossigeno per le pmi come quella che presiede. E che stenta nei conti” (pag. 147).
Una volta spiegati i vezzi da cyber-utopista, quelli in fondo hanno contribuito a far credere il contestatissimo video sulla Terra del 2054 più serio di quanto volesse essere (“il nuovo ordine mondiale si chiamerà Gaia e tutti saranno uguali, cittadini del web, dopo venti anni di terza guerra mondiale. Niente Stati, niente confini, niente religioni”), e minimizzate le leggende dell’imprenditore massone e burattinaio intrallazzato con i cosiddetti poteri forti, rimane il racconto di un particolarissimo spin doctor. Un manager che ha organizzato il M5S come internet, ovvero in teoria una rete policentrica senza capi, ma dove poi l’adagio “uno vale uno” è smentito dai fatti e da altri criteri organizzativi dello stesso Casaleggio: “tutti i partiti si avvalgono dei servizi di spin doctor professionisti che istruiscono gli attivisti e i dirigenti. La peculiarità del M5S è che questa figura corrisponde a quella del cofondatore del MoVimento e che la stessa persona sia in conflitto di interessi come presidente della società che gestisce il motore politico della macchina: il blog (commerciale) di Beppe Grillo. Una serie di coinvolgimenti convergenti che non sono la migliore premessa per lo sviluppo democratico del non partito dove uno vale uno e che infatti si becca, dagli ex, critiche velenose alla voce democrazia interna” (pag. 150). Un mix non del tutto intelligibile di concretezza imprenditoriale e utopismo che vuole dei militanti puri e votati integralmente alla causa, di sicuro qualcosa di molto distante dai diritti sociali e civili come li abbiamo conosciuti fino ad ora. Ecco una sintesi efficace del pensiero di Casaleggio, neanche troppo astiosa: “Gianroberto parla come se la differenza tra M5S e gli altri partiti fosse prima di organizzazione e poi di contenuti. Questo non deve sorprendere perché la forma in questo caso è sostanza: il M5S è la cosa nuova, l’emblema della democrazia diretta e dunque prima di tutto viene la condanna per ogni organo interno che possa farlo somigliare ad un vecchio partito […] L’abbattimento di ogni posizione organizzativa nel MoVimento così come di ogni corpo intermedio nello Stato moderno sono per il M5S lo scopo ultimo ideale […] prima di tutto i partiti non devono più esistere, poi neanche i sindacati […] Lo Stato è forte se decide senza sindacati. L’assenza di mediazione è una forza; la pluralità di organismo di rappresentanza e mediazione tipica della democrazie occidentali, al contrario, è dispersività, inganno, casta, inutile perdita di tempo e soldi” (pag. 157).
Alla luce di queste concezioni eterodosse viene da chiedersi – ma questo lo aggiungo io – come mai allora le barricate da parte dei “cittadini” 5 Stelle a difesa della Costituzione? Per quanto sia è una Carta che stabilisce inequivocabilmente l’esistenza di una Repubblica parlamentare e che contiene un art. 2 dove si parla di formazioni sociali (corpi intermedi), e poi ancora l’art. 49 (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”) e l’art. 67 (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”). Senza dover per forza essere mandati affanculo possiamo allora azzardare e dire che forse qualcuno ha le idee un po’ confuse? Per concludere e per dare conto dei “fallimenti di un visionario”, non fosse altro che non abbiamo necessità di mostrarci particolarmente distaccati ed equilibrati, il “siete tutti morti, cambieremo tutto, spazzeremo via tutto” (pag. 173), una delle frasi ricorrenti in bocca a Grillo, probabilmente ispirate dal suo amico imprenditore e dal suo presunto desiderio di purezza, ci ha subito ricordato la replica di Pippo Civati, personaggio dialogante e quindi, nell’ottica Casaleggio, pericolosissimo e indecente: “[Grillo, n.d.a.] Parla di scouting e di altre sciocchezze, quando sa benissimo che mi sono rivolto a lui mille volte per chiedere quale poteva essere il premier del governo del cambiamento, visto che Bersani non lo (li) convinceva. E ovviamente non diede alcuna risposta, come non la diede su altre cose. Il suo disegno era prendere il 100% la prossima volta. Auguri. E che non mi sono mai rivolto a una parte del M5S, ma al suo insieme, e non da oggi. Con scarsi risultati, dice Grillo, certo. Infatti al governo c’è Berlusconi. Complimenti”.
Edizione esaminata e brevi note
Gioia Salvatori (Roma, 1977), laureata in filosofia, è giornalista professionista con formazione multimediale, specializzata alla scuola della Fondazione Lelio Basso. In carta stampata si è occupata di cronaca, politica ed economia per testate locali e nazionali (l’Unità, Specchio economico, Tiburno); predilige i generi del reportage e dell’inchiesta. Attualmente è redattrice e conduttrice radiofonica a Radio Città Futura e collaboratrice dell’Unità.
Gioia Salvatori,“Gianroberto Casaleggio, sfide e fallimenti di un visionario”, prefazione di Marco Revelli, Fuorionda (collana Interferenze), Arezzo 2013, pag. 220
Luca Menichetti. Lankelot, settembre 2013
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