Ponticello Maurizio

La vera storia di Martia Basile

Pubblicato il: 27 Agosto 2020

Martia Basile ha avuto una vita breve eppure la sua piccola ed efferata storia è riuscita a divenire materia sufficiente per il primo romanzo storico di Maurizio Ponticello, giornalista e scrittore partenopeo che, nel corso della sua carriera, ha dedicato numerosi scritti ai misteri e alle storie nascoste di Napoli. “La vera storia di Martia Basile” è un romanzo che raccoglie le minute tracce del passaggio di Martia in questo mondo e le rielabora, le arricchisce, le rianima fino a tramutarle in un testo che abbonda di riferimenti storici, di richiami all’epoca del Viceregno spagnolo di Napoli, tra la fine del ‘500 e i primi del ‘600. Atmosfere vagamente addomesticate agli usi contemporanei, soprattutto per quanto riguarda l’uso di una lingua che qui è stata avvicinata in maniera evidente alle esigenze dei lettori.

La memoria di ciò che fu e di ciò che capitò a Martia Basile è stata affidata, per un alcuni di secoli, a un poemetto popolare del poeta napoletano Giovanni della Carretòla, probabile contemporaneo di Martia. La fine della giovane e bella fanciulla napoletana è cantata in versi da Giovanni della Carretòla, ma poco altro si sa in merito alla sua vita. “Ai primissimi del Seicento, fu un caso che commosse la capitale del Viceregno spagnolo e non solo; gli opuscoli del poeta, poi, furono stampati ininterrottamente su tutto il territorio nazionale per circa quattro secoli“, scrive Ponticello nella nota finale del suo romanzo. Peccato però che autori e intellettuali a noi più vicini, come Charles Dickens in Inghilterra e Benedetto Croce in Italia, stroncarono in maniera netta l’opera seicentesca di Giovanni e con la loro disapprovazione la storia di Martia Basile venne ricondotta nell’ombra per diverso tempo fino a quando gli studiosi Giovanni Romeo prima e Giancarlo Baronti poi, in tempi più recenti, hanno rintracciato la vicenda della giovane napoletana restituendole dignità e rilevanza.

Martia ha solo 12 anni quando suo padre la “cede” (ovviamente dietro compenso) a don Muzio Guarnieri, un vedovo di circa cinquant’anni che mercanteggia da sempre con i potenti della città. In questo modo Martia può “elevare” la sua condizione sociale ma a un prezzo piuttosto caro. È il 1594 e Martia Basile è solo una bambina. Si ritroverà al cospetto di Dio per sposare un uomo adulto che non conosce: “una pancia bitorzoluta che pareva una botticella di castagno presa a calci, un paio di baffi impomatati con cera finissima girati maldestramente allinsù e il collo lungo che gli usciva dalla gorgiera a girandola come un grosso fungo dalla terra“. Muzio viene descritto fin da subito come un individuo spregevole: brutto fuori e brutto dentro. Martia, invece, ha fattezze angeliche ed è destinata a divenire una delle donne più belle e sensuali della città. La violenza diventa la sola lingua che Muzio sa parlare con la moglie-bambina. Lo stupro è la pena che attende Martia ogni giorno ed è così che, nel corso dei primi anni di nozze, tra la furia e la frustrazione di un marito che vuole a tutti costi un erede maschio, la giovane e bella sposa mette al mondo due bambine, Vittoria, detta Tolla, e Beatrice.

La ricostruzione delle vicissitudini storiche, politiche, ambientali, monarchiche e anche morali della Napoli del tempo accompagna e, forse, in qualche caso sovrasta la storia della protagonista. Martia, in più di una circostanza, viene messa da parte e momentaneamente dimenticata per lasciare spazio a descrizioni piuttosto particolareggiate di ambienti, tradizioni, intrighi, dicerie e altro. Rappresentazioni spesso molto carnali e vivide da cui sembra generarsi l’odore pungente dei corpi: sangue, sudore ed escrementi. Tutto appare riproposto fedelmente, al pari di una cronaca dei tempi, e si individua subito e in maniera nitida il maschilismo così ben radicato nella società, un maschilismo spesso becero e manesco di cui la bella Martia, così come la maggioranza delle donne, è vittima più e più volte.

Sembra che l’unica salvezza per le donne, al tempo, potesse essere una sorta di mutua assistenza. Martia è spesso assistita da un gruppetto di donne disposte a farla sgravare ma anche a curare i lividi e le ferite procuratele dal marito, cure apportate grazie all’uso di erbe, unguenti, tisane, pomate, fumi e mille consigli. Donne solidali che, guarda caso, saranno chiamate facilmente streghe. La storia di Martia ha un epilogo che, in realtà, ci viene anticipato fin dalla presentazione del libro. Martia sarà accusata di omicidio e condotta al patibolo: la sua testa sarà mozzata con un colpo d’ascia e un trancio di coltello. Eppure viene da chiedersi se l’aver assassinato un marito tanto brutale, tanto volgare e tanto violento, dopo aver subito molteplici stupri e la vergogna di un tradimento infame, non potesse essere, almeno in parte, condonato. Evidentemente no. Non in un sistema che non prevede attenuanti, soprattutto di fronte a un delitto compiuto da una donna in odore di stregoneria.

Edizione esaminata e brevi note

Maurizio Ponticello, giornalista e scrittore, è stato corrispondente di testate radiofoniche e televisive, redattore di vari quotidiani e cronista de “Il Mattino”. È autore di diversi libri, tra i quali: “La nona ora” (Bietti, 2013) e “I Pilastri dell’anno. Il significato occulto del Calendario” (Edizioni Mediterranee, 2013). Per la Newton Compton ha pubblicato: “Misteri, segreti e storie insolite di Napoli” (con Agnese Palumbo, 2012), “Forse non tutti sanno che a Napoli…” (2015), “Un giorno a Napoli con san Gennaro. Misteri, segreti, storie insolite e tesori” (2016) – dal quale è stato tratto un documentario – e “Napoli velata e sconosciuta” (2018). Ha avuto vari riconoscimenti tra cui il premio Domenico Rea. È presidente della storica associazione di giallisti Napolinoir. “La vera storia di Martia Basile” è il suo primo romanzo storico.

Maurizio Ponticello, “La vera storia di Martia Basile“, Mondadori, Milano, 2020.

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