Eric è solo un bambino e nutre un’antipatia viscerale per quella sorta di seccatore che, volente o nolente, vive nella sua casa. “Io lo odiavo. I suoi brontolii, la sua aria lugubre, il suo portamento austero e la sua espressione ingrugnata mi disgustavano. La notte, a letto, mi ritrovavo spesso a pregare che se ne andasse“. La presenza, ingombrante e fastidiosa, sembra caratterizzare l’infanzia di Eric e l’avversione cresce insieme a lui. “Bruno, tarchiato, obeso, coperto di macchie e con i denti ingialliti, passava dal mutismo sornione al fracasso più molesto“. Un fracasso che incombe ogni giorno, verso mezzogiorno, quando la sorella maggiore di Eric decide di svegliarlo e di avere a che fare con lui. “L’intruso si chiamava Schiedmayer ed era un pianoforte verticale, o meglio un parassita che la nostra famiglia si rifilava da tre generazioni“.
Il rapporto di Eric col detestabile strumento non sembra trovare rimedio. Qualcosa, però, muta improvvisamente il giorno in cui Eric compie nove anni. Per il suo compleanno, infatti, giunge a casa la zia Aimée, “una donna bionda, femminile, serica, incipriata, che profumava di iris e mughetto“, la zia preferita di Eric, quella con cui ha sempre avuto un rapporto speciale e che tutti, in famiglia, sembrano sempre giudicare male per il suo modo di vivere, si vestire, di comportarsi. Ebbene, la zia Aimée, senza timore alcuno, decide di avvicinarsi al terribile Schiedmayer. “La zia accennò un arpeggio. Ricettivo, lo zotico si mise a fare le fusa. Cedeva, si stava facendo addomesticare. Soddisfatta, zia Aimée si fermò, squadrò la tigre che aveva trasformato in micetto, prese posto sullo sgabello e, sicura sia di sé che della bestia, cominciò a suonare“.
In quel preciso istante avviene un piccolo miracolo nel cuore di Eric. La zia aveva suonato Chopin e il piccolo Eric, la sera stessa, dice ai suoi genitori di voler prendere lezioni di pianoforte. “Verso i sedici anni chiesi di affrontare Chopin. Non avevo forse scelto di studiare il piano per penetrare il suo enigma? La maestra scelse un valzer, un preludio e un notturno, e io cominciai a fremere all’idea di ottenere l’investitura suprema“. In realtà i primi contatti con Chopin, Eric li avrà solo a Parigi, da ventenne, quando troverà un’insegnante piuttosto stravagante che risponde al nome di Madame Pylinska, “una polacca emigrata a Parigi che godeva di un’eccellente reputazione e insegnava nel XIII arrondissement“. Madame Pylinska ha metodi di insegnamento piuttosto bizzarri ma venera Chopin oltre ogni limite. Gli esercizi che impone al suo nuovo allievo sono alquanto originali ma Eric, nonostante qualche perplessità, sceglie di eseguirli: si sdraia schiena a terra sotto il pianoforte per sentire la musica con la pelle, raccoglie fili d’erba senza far cadere la rugiada con pazienza, impara ad ascoltare il silenzio e a osservare le chiome degli alberi mosse dal vento.
“Voglio che le sue dita diventino devote, sottili, civili, caritatevoli. D’ora in poi pretendo da lei delicatezza sia fisica che spirituale“, esige Madame. Gli insegnamenti, prima che tecnici o musicali, diventano emotivi, sensoriali, mentali. Gli spartiti arriveranno a tempo debito. Madame Pylinska sta plasmando una creatura sensibile, sta crescendo un ragazzo che pensa di poter suonare in maniera sublime il più sublime dei compositori. I modi spicci, irruenti e del tutto imprevedibili di Madame destabilizzano Eric che pensa persino di abbandonare tutto per poi pentirsene e tornare a lei chiedendo scusa. Le “lezioni” di Madame Pylinska vanno ben oltre le lezioni di piano e diventano per Eric la rivelazione di quel che può percepire, provare, scavare e immaginare. Sono lezioni umane, filosofiche, sentimentali. Una crescita inimmaginabile che probabilmente ha condotto Eric-Emmanuel Schmitt a essere lo scrittore che è. Un romanzo brevissimo che è sì autobiografico ma anche di formazione. Scritto con leggerezza e senso dell’umorismo, che può commuovere e divertire allo stesso tempo.
Edizione esaminata e brevi note
Eric-Emmanuel Schmitt, membro dell’Académie Goncourt, è nato a Sainte-Foy-lès-Lyon nel 1960. Come autore teatrale ha scritto numerose opere rappresentate in tutto il mondo. I suoi romanzi sono tradotti in molte lingue. Le Edizioni E/O hanno pubblicato Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Odette Toulemonde e Piccoli crimini coniugali, da cui sono stati tratti dei film, Milarepa, La parte dell’altro, La mia storia con Mozart, Quando ero un’opera d’arte, La rivale. Un racconto su Maria Callas, La sognatrice di Ostenda, Il visitatore, Il lottatore di sumo che non diventava grosso, Ulisse da Baghdad, La scuola degli egoisti, Concerto in memoria di un angelo, per il quale ha ricevuto il prestigioso premio Goncourt per il racconto, Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono…, La donna allo specchio, I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto, L’amore invisibile, La giostra del piacere, Elisir d’amore, Veleno d’amore, La notte di fuoco e La vendetta del perdono.
Eric-Emmanuel Schmitt, “Madame Pylinska e il segreto di Chopin“, Edizioni E/O, Roma, 2020. Traduzione Alberto Bracci Testasecca. Titolo originale: “Madame Pylinska et le secret de Chopin” (2018).
Pagine Internet su Eric-Emmanuel Schmitt: Sito ufficiale / Wikipedia / Treccani
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