Come ha scritto qualche tempo fa un noto critico, non è affatto facile per un autore di noir – ammesso e non concesso che “Zodiaco street food” si possa definire tale in tutto e per tutto – raccontare con efficacia una storia ambientata nella provincia veneta fatta di violenza, drammi umani, sarcasmo a fiumi, proponendo un’opera divertente, dove si ride sul serio, a rigore senza troppe implicazioni, ma nel contempo lasciare aperto uno spazio per far emergere l’autentica personalità del protagonista, più complessa del previsto. Elemento questa volta proprio in linea con l’autentica natura del noir, meno legato alla rigida applicazione di schemi definiti e predisposta semmai a commistioni e ibridazioni.
Il protagonista assoluto del romanzo, Romeo Marconato, ci appare di primo acchito come un tipo decisamente negativo con tutta la sua disonestà, superficialità e arroganza: ex affiliato alla Mala del Brenta, adesso, arricchitosi come si può arricchire uno come lui, è alle prese con una moglie che si fa detestare senza problemi, con un figlio che si è letteralmente bruciato i neuroni durante un’adolescenza disgraziata; ma soprattutto il tempo del nostro piccolo gangster è dedicato alla gestione dello Zodiaco, un franchising di dodici furgoni imbastiti per offrire ad avventori di bocca buona una sorta di street food alla veneta, ovvero un business truffaldino a base di paninazzi unti fatti con cibo di dubbia qualità. Fin qui la vita di Marconato scorre tranquilla come può scorrere tranquilla per un personaggio che ogni volta torna a casa litiga furiosamente con la moglie e conduce la sua attività sempre un passo oltre il limite della legalità, pur senza combinare niente di particolarmente eclatante. La cosiddetta tranquillità viene meno però da quando si trova ad avere a che fare con una serie di personaggi neanche troppo improbabili. Prima con Larisa Morozova, una bella donna russa trasferitasi in Italia da anni, ma soprattutto un ex capitano del KBG che fin da giovanissima ha imparato molto bene a sbarazzarsi del prossimo. Poi sopraggiungono gli autori di una Tv svizzera che, per risollevare le sorti del programma televisivo The Simple Cook, dove lo chef Ruggero Vitiello, celebre per i suoi piatti semplici, sta perdendo colpi, prospettano al nostro Romeo di sfidarlo con i suoi paninazzi unti. Paninazzi su cui Marconato ha riflettuto fin dall’inizio: “Realizzò che grazie a qualche migliaio di coglioni che nel tempo si erano fatti riempire lo stomaco di merda, si era fatto la villa, il SUV, una barca da pesca a Chioggia e disponeva di un considerevole conto corrente” (pp.15). Ma le cose prendono una svolta davvero pesante quando, dopo aver incontrato il suo vecchio boss gli si prospetta l’occasione di recuperare quarantotto chili di oro, frutto di una rapina che, per evitare il gabbio a diversi esponenti della Mala del Brenta, gli erano costati diciotto mesi di galera. A quel punto la vicenda relativa al recupero dell’oro e soprattutto del riciclaggio, coinvolge sia i suoi scagnozzi infedeli, Sabbia e Carletto, sia la moglie altrettanto infedele, il cuoco Vitiello ed infine la Morozova e i suoi contatti moscoviti, ovvero ex KGB diventati tutti imprenditori e banchieri mafiosi in doppio petto. Insomma, potremmo dire un salto di qualità rispetto alle più recenti contraffazioni alimentari (tipo olio di semi colorato con clorofilla e concentrato di pomodoro cinese tagliato con acqua veneta), pur sempre giustificate alla sua maniera: “La gente è talmente abituata a mangiare merda, che a dargli il caviale gli farebbe schifo” (pp.13). Adesso che le cose si fanno più serie non è più tempo soltanto di prepotenze e sbruffonerie, ma, con l’apporto di una Larisa Morozova che sembra non aver dimenticato nulla della sua formazione di killer, le teste, una dietro l’altra, iniziano a cadere. Per poi giungere ad un finale in cui, nel bene e nel male, risulta vittoriosa la scaltrezza dell’ignorantone veneto rispetto la spietatezza di personaggi apparentemente più assennati di lui; e probabilmente anche grazie a quel pizzico di umanità e generosità che, agli occhi del lettore, lo ha reso a volte quasi simpatico. La figura di Romeo Marconato rappresenta infatti un classico caso di “ma non troppo”: ovvero delinquente ma non troppo, “rustego” ma non troppo, superficiale ma non troppo, e così via.
Protagonista che di per sé coinvolge il lettore in una vicenda magistralmente costruita da Heman Zed, tra colpi di scena, ritmo serrato che non lascia spazio a particolari descrizioni o divagazioni, in un susseguirsi continuo di battute sarcastiche che ben si accompagnano alle situazioni più violente. L’umorismo, o forse sarcasmo che, peraltro, nasce anche dalla parlata di Romeo Marconato, come una sorta di onomatopea in versione veneta, con tutti i suoi casso, gnente, smartfón.
Per farla breve: lettura che merita per un romanzo difficilmente incasellabile in un genere definito – magari potremmo parlare di noir irregolare – proprio per l’abile sintesi di comicità, magari con un po’ di critica indiretta al consumismo della società contemporanea, nonché per il crescendo di violenza, almeno da parte del bulletto Romeo, mai troppo pianificata.
Edizione esaminata e brevi note
Heman Zed, è nato Padova nel 1967. Ha esordito per Il Maestrale nel 2007 con il romanzo “La cortina di marzapane”. Hanno fatto seguito “La Zolfa” (Il Maestrale, 2009), “Dreams ‘n’ Drums” (Il Maestrale, 2010) e, con Gianluca Morozzi, “Lo scrittore deve morire” (Guanda, 2012).
È presente nel “Dizionario affettivo della lingua italiana” (a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta, Fandango, 2008) con il lemma «Sfiato», nelle antologie “L’occasione” (2012) con il racconto “Ultima chance”; “Sogni senza frontiere” (2013) con il racconto “Kanun”; “Père Lachaise. Racconti dalle tombe di Parigi” (2014) con il racconto “L’anniversario” e “Vynil, storie di dischi che cambiano la vita” (2017) con il racconto “4-pieces drum kit”. Ha collaborato a diversi progetti multimediali inseriti nell’area del Fondo Sociale Europeo ed è docente di scrittura creativa.
Heman Zed, “Zodiaco street food”, Neo edizioni (collana “Dry”), Castel di Sangro 2020, pp. 232.
Luca Menichetti. Lankenauta, ottobre 2020
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