Da quello che abbiamo potuto leggere in rete, e non soltanto nella quarta di “Sepolta nel buio”, il nome dell’americana Lisa Unger risulta tra i più accreditati e stimati nel campo della letteratura di genere mistery. Quindi colpa nostra se fino ad ora ignoravamo la sua esistenza; complice però il fatto che, a quanto pare, soltanto la Giunti aveva avuto la buona idea di proporci in edizione italiana il suo “Devi tacere per sempre” (2012), opera che ha preceduto “Sepolta nel buio” (2013). Probabile che, con alle spalle la lettura di un solo romanzo, sia prematuro azzardare paragoni e fare di Lisa Unger la degna erede di più note macchine da bestseller.
Il primo assaggio – se si può definire così una lettura di oltre quattrocento pagine – però fa pensare per il meglio. Anzi, a fronte di tanti scrittori di genere, sopravvalutati e più abili con l’autopromozione che con le parole, c’è da pensare che la Giunti farà bene a puntare ancora su Lisa Unger. Intendiamoci: come spesso capita di scrivere riguardo romanzi costruiti con chiare velleità di intrattenimento e commerciali, il giudizio positivo non vuol dire assegnare all’opera il crisma del capolavoro. Senza voler sminuire il ruolo del genere mistery, significa semmai che si sono lette pagine scritte con professionalità, senza sciatteria, e con la capacità di portarti fino all’ultima pagina senza fatica, grazie ad una trama imbastita in maniera originale. E credo che da questo punto di vista col romanzo di Lisa Unger non avrete sorprese negative. Romanzo corale, privo di un protagonista assoluto tale da fare ombra a tutti gli altri, è ambientato in una tranquilla cittadina della provincia americana, The Hollows. E’ in questo luogo dove tutti conoscono tutti e tutto, o così pare, che l’ex detective, ora in congedo, Jones Cooper, affetto da pesanti fobie e dal terrore di morire, frutto di non si sa bene quale evento del passato, riceve la visita sgradita di Eloise Montgomery. La donna, strapazzata dalla vita, rappresenterebbe in qualche modo la medium del paese, anche se le sue visioni, iniziate dopo un tremendo incidente e un periodo di coma, non sempre appaiono nitide. Questa volta però le sembra proprio di aver visto Cooper alle prese con una ragazzina che rischia di annegare in un fiume.
Negli stessi giorni a The Hollows fa la sua comparsa anche Michael Holt, un quarantenne dall’aspetto inquietante e chiaramente legato alla defunta madre da un rapporto morboso, a quanto pare ben intenzionato a far luce sulla sua scomparsa. La signora Holt, sparita nel nulla quasi trent’anni prima, era molto ammirata per il suo aspetto fisico e in perenne contrasto col marito: tutti elementi che nel piccolo paese fecero pensare alla fuga con un altro uomo. Proprio quando Michael Holt, appare intento a scavare nel folto di un bosco, nei pressi di un’antica miniera e forse luogo dove ritrovare i resti di chi si pensava essere fuggita, vittima invece di un omicidio, ecco che viene sorpreso da Willow una ragazzina inquieta che si è trasferita da poco da Manhattan a The Hollows con sua madre, famosa scrittrice di bestseller. Le vicende di questi personaggi e di altri, come gli appartenenti alla famiglia del sociopatico Kevin Carr e probabili prossime vittime di una strage, si intrecciano dalla prima all’ultima pagina: è lo stesso Holt che ingaggia Eloise Montgomery e l’ex agente, Ray Muldune, per aiutarlo nelle ricerche del corpo della madre, convinto che la verità di quanto successo tra il padre Mack, defunto da pochi giorni, e la sua signora sia nascosta sottoterra. L’epilogo magari non ci apparirà proprio come un colpo di scena, che poi spesso in questi romanzi di genere risulta carente di credibilità, ma come un esito del tutto logico, frutto di un lento avvicinarsi alla verità: i monologhi interiori dei tanti personaggi disturbati,e le loro altrettante bugie, rappresentano tutti tasselli che di pagina in pagina porteranno il lettore a riconoscere il responsabile della scomparsa della signora Holt; senza appunto scomodare particolari sorprese dell’ultimo minuto.
Un racconto in terza persona, dove ricorrono quasi ossessivamente i temi della colpa, dell’apparenza, dell’inganno, ma soprattutto dove, intersecandosi le prospettive e i monologhi interiori dei tanti personaggi, l’effetto di disorientamento, funzionale al thriller, appare in tutta evidenza. Qui la terza persona non cede al rischio, spesso presente in questi romanzi, di proporre semplicemente un asettico succedersi di avvenimenti. Il racconto semmai puntando innanzitutto lo sguardo sulle psicologie ambigue e disturbate degli abitanti di The Hollows, ci potrebbe ricordare modelli letterari più nobili: meno James Patterson e forse più Stephen King, anche se qui l’elemento horror risulta sostanzialmente tutto interiore e, pur con la presenza di una medium incerta e poco convinta, senza mettere in mezzo autentici terrori sovrannaturali.
Edizione esaminata e brevi note
Lisa Unger (New Haven, Connecticut, 1970) è una scrittrice americana. Vive tra la Florida e New York. I suoi thriller sono tradotti in tutto il mondo. I suoi romanzi, Beautiful Lies (2006), Sliver of Truth (2007), Black Out (2008), Die For You (2009), Devi tacere per sempre (2010) hanno scalato le classifiche americane aggiudicandosi numerosi premi nell’ambito del mystery e del thriller.
Lisa Unger, “Sepolta nel buio”, Giunti Editore (collana M), Firenze 2013, pag. 434. Traduzione di Irene Annoni
Luca Menichetti. Lankelot, luglio 2013
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