Vargas Llosa Alvaro

Il mito Che Guevara e il futuro della libertà

Pubblicato il: 11 Novembre 2012

Il titolo “Il mito di Che Guevara e il futuro della libertà” non deve trarre in inganno. Alvaro Vargas Llosa ha voluto dire la sua sul rivoluzionario argentino, regalandoci un necessario pamphlet, chiaramente senza pretese di completezza storica, ma prendendo spunto dall’analisi di certi miti fasulli per poi ampliare le sue riflessioni sulla sorte dei principi di libertà politica ed economica presenti nell’America latina

Sono tre i saggi presenti nel libro, dai titoli molto eloquenti: “La macchina assassina. Che Guevara: da campione del comunismo a gadget del capitalismo”; “Il liberalismo dell’America latina: un miraggio?”; “Il retaggio dell’individualismo in America latina”. Sappiamo bene che l’operazione di assimilare il Che ad un assassino o ad un fanatico privo di scrupoli è qualcosa che ancora provoca indignazione: il mito resiste alla grande e tutte quelle opere di ricerca storica che hanno indagato sulla reale personalità del sodale di Castro sono poco note o spesso  sbrigativamente archiviate come spazzatura revisionista. Rimangono però fatti mai smentiti, semmai furbescamente omessi o dimenticati dai celebratori della rivoluzione cubana, che possiamo leggere nelle opere citate da Vargas Llosa e che mostrano un volto tutt’altro che rassicurante del Che. Quella figura di “libertador” amata anche a destra non ne esce affatto bene, assimilata per diversi aspetti ad altri caudillos latino-americani tipo Castro, Pinochet, Cárdenas, Fujimori: un uomo violento, spietato non solo con gli avversari politici ma con tutti coloro che, non perfettamente allineati all’ortodossia comunista e rivoluzionaria, apparivano eretici; per di più neppure troppo capace come combattente e, in tempo di pace, terribilmente ignorante nelle vesti di amministratore ed economista. Vargas Llosa riporta testimonianze di personaggi ben poco sospettabili di intelligenza col nemico occidentale e capitalista ed ancora la figura del Che ne esce molto male tra propensione al fanatismo ideologico, esecuzioni sommarie ed intenti “educativi” che fanno pensare all’Urss delle purghe staliniane. Per non parlare del periodo nel quale l’uomo-mito era a capo della “Comision Depuratora” e dettava legge (e torture) a La Cabana, il carcere militare dove centinaia di prigionieri furono passati per le armi. Spunti di straordinario cinismo che, grazie alla breve carrellata di orrori descritta da Vargas Llosa, meriteranno ben altri approfondimenti; con buona pace di un Gianni Minà, peraltro citato nel libro come uno dei “rivoluzionari” che di fatto hanno ridotto il Che ad un prodotto di consumo.

Molto efficaci alcuni passaggi presenti nell’introduzione al libro: “La conclusione che ho raggiunto continua a colpirmi: vi sono innumerevoli forme di oppressione, alcune più sottili di altre, talvolta abbellite dal richiamo alla giustizia sociale, talaltra mascherate dalla scusa della sicurezza. Per questo, riconoscere e denunciare il subdolo meccanismo psicologico per mezzo del quale i nemici della libertà cercano di indurci ad accettare una servitù volontaria è uno dei compiti più urgenti del nostro tempo […] Se si sceglie di osservare il mondo sulla base della dicotomia tra libertà ed oppressione, piuttosto che nell’ottica dell’opposizione tra socialismo e conservatorismo, tra destra e sinistra, o tra devozione ed empietà, si rimane colpiti da una grande ironia: Che Guevara aveva molto più tratti in comune con gli uomini e i sistemi che ha combattuto di quanto non possa sembrare a prima vista” (pag. 7-8).Il Che, o meglio tutta la costruzione fasulla imbastita sulla sua figura, però, come anticipato, rappresenta il pretesto per affrontare negli altri due saggi il problema più generale, nella storia dell’America latina, del rapporto della società con i principi di libertà, economica e non. Una storia caratterizzata da instabilità  a tutti i livelli che ha quindi permesso l’esistenza di numerose democrazie deboli o di regimi autoritari – socialisti o militaristi, populisti, nazionalisti o filocapitalisti – con l’effetto poi di depotenziare tutti gli elementi che permettono uno stabile sviluppo socioeconomico: le libertà individuali, la legalità, l’iniziativa economica. Una spirale di sfruttamento e di mistificazione che perdura da secoli nonostante la cultura iberica abbia anticipato, con la Scuola di Salamanca e il giusnaturalismo tomista, idee che furono sviluppate dai teorici liberali e liberisti del XX secolo.

In America latina, a fronte di un retaggio corporativista, mercantilista ed autoritario, sopravvive semmai un individualismo virtuoso, quello dei piccolissimi imprenditori dell’economia sommersa, che ha saputo ovviare alle barriere messe in piedi da sistemi statalisti e corrotti.In questo senso l’analisi delle magagne dell’America latina ricorda qualcosa di molto vicino a noi, di molto italiano. Leggiamo questi passaggi: “Anziché distribuire tra gli abitanti del paese la proprietà delle imprese pubbliche, com’è stato fatto ad esempio in Gran Bretagna e in alcuni paesi dell’Europa centrale, in America latina la privatizzazione è servita a restringere ulteriormente il circolo della ricchezza […] Il risultato del groviglio di privilegi esistente nel continente sudamericano è stato il concentramento della ricchezza in relativamente poche mani, che spiega almeno in parte, perché i notevoli tassi di crescita economica registrati nel corso degli anni passati non abbiano ridotto la povertà” (pag. 55-57).

Una rappresentazione impietosa di un continente che, preda di autoritarismi di ogni colore e di un cronico caudillismo, complici anche analisi e proposte contraddittorie, spesso ciniche e malamente imbastiste dagli stessi economisti di scuola liberista, fatica ad uscire dall’arretratezza.

Edizione esaminata e brevi note

Alvaro Vargas Llosa, nato in Perù nel 1966 e figlio di Mario Vargas Llosa, è direttore del Center on Global Prosperity dell’Independent Institute. Collabora al «Wall Street Journal», al «New York Times», a «El País» e alla rivista «Time», oltre che con la BBC, la ABC e altri network. Tra le sue opere ricordiamo La fauna política latinoamericana. Neopopulistas reyes pasmados e insoportables (2004) e Liberty for Latin America. How to Undo 500 Years of State Oppression (2005).

Alvaro Vargas Llosa, “Il mito Che Guevara e il futuro della libertà”, Edizioni Lindau, Torino 2007, pag. 112

Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2012