Dopo la trilogia vampirica di “Il 18° vampiro”, “Il 36° Giusto” e “L’ora più buia”, Claudio Vergnani, rimanendo nei confini dell’horror ed anzi rilanciando con un argomento se possibile ancor più tenebroso, è tornato a pubblicare sempre per la Gargoyle, la casa editrice romana che lo ha scoperto e fatto conoscere al grande pubblico. E’ la volta di “I Vivi, i Morti e gli Altri”, dove gli “altri” – facile intuirlo – sono gli zombi, ma, come scopriremo alla fine del romanzo, forse non soltanto loro. L’horror di Vergnani vive di atmosfere vicine a noi ed anche questa storia è ambientata in un’Italia dove l’ex militare Oprandi, uomo più vicino ai cinquanta che ai quaranta, semi-alcolizzato, pieno di dispiaceri, ha trovato un nuovo mestiere: rendere eterna la morte di coloro che fuggono dai loro sepolcri. Assoldato dai parenti dei morti, o meglio degli ex morti, sempre con indosso un consunto cappotto, anche in piena estate, proprio per proteggersi dai morsi dei suoi assistiti, famelici di carne umana, Oprandi si muove in un’Italia che ha scoperto da poco il fenomeno degli zombi e che di giorno in giorno appare sempre più devastante. In un pianeta dove sottoterra esistono miliardi di morti pronti al risveglio, con i vivi destinati a morire e quindi a risvegliarsi affamati di carne fresca, è un bel problema e di Oprandi ce ne vorrebbero milioni.
Vergnani non ci racconta come mai gli zombi siano comparsi, in linea del resto con quasi tutta la cinematografia di genere che soltanto poche volte ha descritto la genesi di questo spaventoso fenomeno e ha preferito mostrare da subito un mondo infettato da morti viventi e probabilmente destinati a sostituire gli esseri umani su questa terra. Così Vergnani, nell’economia del romanzo, ha avuto la buona idea di catalogare gli zombi, senza per questo cadere in uno schematismo un po’grottesco, ma funzionale al futuro svolgimento del racconto: “C’erano i cosiddetti Freschi, morti da poco e da poco quindi resuscitati, ancora integri e veloci; gli Erranti, incapaci di smettere di camminare, senza meta alcuna […]; i Piagnoni, che si piantavano gemendo e piagnucolando sulla soglia delle case che li avevano ospitati da vivi, solo apparentemente innocui […]; i Rabbiosi, esseri senza più nulla di umano, carne corrotta semovente le cui mandibole e i cui denti infetti non smettevano mai di maciullare con voracità assassina, e che in mancanza di cibo vivo potevano aggredire anche altri zombi; gli Straccioni, che rimanevano a marcire come fagotti di carne rancida a pochi passi dal luogo della resurrezione […] e infine i più temuti di tutti, gli Accaniti, che presa casualmente di mira una vittima qualsiasi, erano capaci di rimanere anche per giorni e giorni a battere contro la sua porta, e non avevano pace fino a che non l’avevano infine squartata e divorata, o erano stati distrutti nel tentativo. E in mezzo a tutto questo, imperversavano i germi, le infezioni, il puzzo orribile di morte, il susseguirsi di notizie ormai impossibili da tenere a bada […]” (pag. 33).
La prospettiva che presto tutto il territorio italiano diventi una landa abitata soltanto da morti viventi è più che un timore, semmai una prossima realtà, e Oprandi non si è rassegnato a vivere soltanto pochi mesi sparando ai crani degli zombi per renderli definitivamente morti, in attesa magari di venire morso e rischiare di diventare uno di loro. Quindi, pur senza eccessivi entusiasmi, l’ex militare accetta l’offerta della ricca signorina Ursini: recuperare le spoglie mortali del padre, zombi ben rinchiuso nella sua bara, portarlo dai suoi cari che lo faranno benedire, gli daranno una cristiana sepoltura e poi, con colpi ben assestati al cranio, lo rispediranno dal suo attuale limbo ad uno stato di morte autentica. In cambio Oprandi avrà la prospettiva di recarsi in una Svizzera ancora immune dal morbo, leggere i libri che vuole, spassarsela ancora qualche anno prima che tutto precipiti.
Nell’impresa di recuperare il corpo del vecchio Ursini si farà aiutare da due giovani, il livornese Remo e da Jasmine, una ragazza molto più giovane di lui ma verso la quale nascerà un sentimento inaspettato in un uomo così disincantato e provato da tanti dolori. I suoi due compagni faranno una brutta fine, assaliti da alcuni vivi poi presto tramutati in morti viventi, ma Oprandi, ostinato fino all’ultimo nel condurre in porto il suo compito, farà molti altri incontri e non soltanto con orde di affamati “Erranti” e “Rabbiosi”. Il romanzo è popolato anche di essere umani, di vivi, di “sacche di resistenza”, che per lo più appaiono talmente allo sbando da far emergere il peggio di loro stessi. I pericoli per Oprandi coloro che gli saranno vicini dopo Remo e Jasmine, ovvero una bambina senza genitori, l’adolescente Marta e Lillo, uno strano personaggio con conoscenze di riti vodooo in grado di placare la fame assassina degli zombi, non verranno dunque soltanto dai morti viventi ma, come leggiamo nella quarta di copertina “anche e soprattutto da quegli individui che non hanno perso la vita, ma di sicuro l’umanità”. Personaggi di primo acchito pure solidali con Oprandi e i suoi, ma in realtà pericolosissimi. Leggiamo: “E forse gli zombi avevano solo offerto loro un pretesto per ricreare una società – sia pure microscopica – come piaceva loro, dove il senso di appartenenza era tutto e la democrazia solo una parola proveniente dal passato. Un’organizzazione del genere poteva funzionare solo con il pugno di ferro, e non avevo dubbi che Elena lo possedesse” (pag. 233). L’ horror di Vergnani almeno per quattrocentocinquanta pagine si caratterizza per una vicenda, ovviamente cupa, macabra, ma che, salvo certi momenti come l’incontro di Oprandi con la comunità rurale di sopravvissuti, non si perde più di tanto metafore o disquisizioni che vadano oltre il piacere del macabro. Ricordiamo infatti che la critica, almeno riguardo gli zombi cinematografici, si è spesa per proporne letture più sofisticate tipo il decadimento culturale della moderna società di massa, le metafore della guerra nel Vietnam, della guerra fredda e via dicendo.
E’ alla fine del lungo racconto che semmai scopriamo meglio cosa si può intendere per “gli altri”, quanto meno per motivare la scelta estrema di Oprandi, fino ad allora in lotta con zombi ed esseri umani senza umanità. La parte più efficace dell’opera di Vergnani, al netto delle questioni sociali e di qualcosa che già conosciamo grazie alla cinematografia e alla letteratura horror, sta nel ritmo del racconto e in una prosa vivace che non mi pare cada in quel piattume spesso presente nei romanzi di genere. Non ultima la presenza abbondante di splatter che in una storia di zombi appare inevitabile e coerente con una vicenda che vuol dire perenne assedio da parte di morti viventi e che non conosce mai autentiche soste: dovessi fare un paragone cinematografico eviterei di citare un film di Romero e dei suoi imitatori, e direi un serial; in particolare “24” il fanta-thriller con Kiefer Sutherland. Anche l’ironia, che viene citata pure in copertina, sicuramente è presente. Vergnani sa giocare con i suoi morti e con i suoi vivi fuori testa, ma rimane pur sempre un’ironia confinata ai dialoghi, che ti può strappare la risata, ma non tale da alleggerire l’atmosfera macabra e cupa che si è creata in questo mondo svegliatosi in preda ad orde di zombi affamati. Un finale quello di “I Vivi, i Morti e gli Altri” che lascia aperti tanti interrogativi su Oprandi, su alcuni morti fin troppo vivi, e sull’umanità tutta. Al termine del romanzo l’idea che, visto il precedente di una trilogia vampirica tutta italiana, possa seguire una trilogia zombi non appare poi del tutto campata in aria.
Edizione esaminata e brevi note
Claudio Vergnani (Modena, 1961) è scrittore e giornalista. Collabora con diverse riviste e magazine di settore. Con Gargoyle ha pubblicato la trilogia “Il 18° vampiro”, “Il 36° Giusto” e “L’ora più buia” .
Claudio Vergnani, “I Vivi, i Morti e gli Altri”, Gargoyle, Roma 2013, pag. 480.
Recensione già pubblicata dal sottoscritto il 4 aprile 2013 su ciao.it e qui parzialmente modificata.
Luca Menichetti. Lankelot, aprile 2013.
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