In una recente intervista a “L’Indro” Claudio Vergnani ha negato che il suo ultimo romanzo sia un vero e proprio horror e ha preferito definirlo una sorta di thriller. Probabile non sia nemmeno il caso di addentrarci in definizioni che, come sappiamo, lasciano spesso il tempo che trovano, ma è anche vero che la parola distopia nel caso della “Sentinella” ci sta bene, salvo dover fare una precisazione: Vergnani ha immaginato un mondo futuro in piena decomposizione fisica e morale che però non si è ridotto in quelle condizioni per opera di una consapevole malvagità. Dopo una crisi devastante, che ha messo in forse la sua stessa esistenza, l’umanità si è affidata anima e corpo – nel vero senso della parola – a nuovi ideali che avrebbero dovuto incarnare pace, cultura, spiritualità, valori umani. Finalmente la condizione ideale per l’uomo, da sempre auspicata dalla Chiesa. Soltanto che poi gli effetti della sovrappopolazione, l’abbandono di interi territori, la scarsità di beni di prima necessità, un’idea di bene che si associava a mancanza di pragmatismo ed incuria, ha provocato nuovamente un disastro dietro l’altro: “tornarono il freddo, il buio e la paura delle tenebre […] l’aumento demografico e le precarie condizioni di vita, sommate ai disastri naturali, e a quelli provocati dalla negligenza e dall’incapacità, al consumo di alcol e alla droghe come rifugio contro le nuove paure, portarono ad un picco di mortalità mai conosciuto prima, nemmeno nei giorni più bui delle epidemie medievali. Una mareggiata senza precedenti di sangue e di morti – carestie, contagi, incuria, banditaggio, la ferocia di nuove specie di fauna mutante, forme isteriche e spontanee di intolleranza religiosa – travolse l’umanità […] La Chiesa radunò nuovamente il gregge e riprese, dopo secoli di blande rassicurazioni, a proteggerlo con la forza. Da se stesso in primo luogo” (pag. 70). Una protezione che vuol dire anche lotta al cannibalismo, ormai dilagante in un contesto di sincretismo religioso quanto mai inquietante: “dall’alto di un cenotafio di marmo bianco e rosso divinità pagane valutavano le anime fianco a fianco con santi cristiani, in un pantheon di creature che avevano più dell’animale e meno dell’uomo” (pag. 131). Ma soprattutto una protezione dalle conseguenze che inaspettatamente sono scaturite dal Bene e che “non avevano nulla da invidiare quelle del male” (pag. 88).
Si immagina che la Chiesa, a difesa di un’umanità abbandonata dalle istituzioni statali, minacciata dal dilagare del cannibalismo, dai divoratori di cadaveri, da antiche sette dedite al culto dei defunti, dalla demenza causata dalle droghe, da mutanti antropofaghi, abbia voluto dotarsi di Ordini scelti; tra i quali appunto l’Ordine delle Sentinelle. Il protagonista del romanzo di Vergnani, senza nome dall’inizio alla fine, difatti è un’aspirante “sentinella”; e poi, dopo aver affrontato una selezione disumana – metà del romanzo è tutta dedicata alle devastanti prove iniziatiche di uomini comuni alla ricerca di uno scopo e di una vita migliore – “sentinella” a tutti gli effetti. Difendere la Chiesa e l’umanità trasformandosi in spietati killer, e senza mai dimenticare messe e preghiere, effettivamente può apparire contraddittorio. Di questa stranezza appare consapevole innanzitutto il protagonista, perennemente immerso in un ambiente in putrefazione, ammorbato da sporcizia, odori nauseanti, rovine, dove gli uomini hanno scoperto che i cimiteri sono i luoghi più sicuri in cui vivere e si sono quindi ridotti ad abitare in grandi città – sepolcri. Mentre, al di fuori di questi precari cimiteri residenziali, i territori privi di fauna commestibile sono appannaggio di cannibali affamati e di creature mutanti: i luoghi ideali per addestrare le aspiranti sentinelle, sotto la guida di religiosi tanto spietati quanto carenti della terza virtù teologale. Al termine di una folle corsa ad ostacoli nel mezzo di raccapriccianti prove di sopravvivenza, ecco finalmente l’investitura da “sentinella”. Il protagonista senza nome, pur sopravvivendo alla selezione, non ha però pace: ha avuto prova che un suo nuovo collega, anziano ma anche atletico ed estremamente robusto, si è macchiato di un omicidio e ha pasteggiato con le carni della sua vittima. Ancora incerto se denunciare l’accaduto e minacciato da questo oscuro personaggio si ritroverà a sventare un attentato ai danni di Carlos, ovvero Papa Giovanni XXV, e, inseguito da personaggi infiltrati nell’Ordine delle sentinelle, a portarlo in salvo percorrendo terre ostili e popolate da una fauna letale. La conclusione della vicenda non è rappresentata da un classico lieto fine – del resto impossibile in un mondo anarchico nel quale il confine del bene e del male è diventato impalpabile – ma nello stesso tempo le follie dei pazzi scatenati che hanno voluto vendicarsi alla loro maniera di coloro che ritenevano colpevoli di ignavia e di aver abbandonato l’umanità ad un destino feroce, potrebbero aver sortito qualche cambiamento positivo, qualche seme di speranza da coltivare. Un cambiamento che, nell’immaginario di Vergnani, potrà avvenire innanzitutto in virtù di una Chiesa finalmente aliena da atteggiamenti omissivi e non più distratta di fronte agli abusi e alla disumanità dei suoi Ordini scelti. Tutte considerazioni che però non devono essere sopravvalutate. Anzi, forse uno degli elementi più discutibili di un romanzo altrimenti apprezzabile è rappresentato proprio dai dialoghi che intercorrono tra il protagonista senza nome e il vecchio colosso Jaromir, fin troppo lunghi e articolati in merito al rapporto male – bene.
Vergnani, correttamente definito come una delle voci più originali della letteratura italiana di genere, difatti ci ha proposto un romanzo che mostra alcuni personaggi, secondo noi, poco stereotipati e spesso tratteggiati con una buona dose di sarcasmo. Si pensi al Papa Giovanni XXV, un simpatico sudamericano dal cicchetto facile, ottimo pretesto per qualche tirata irriverente: “per questo avrei offerto loro cristianamente l’altra guancia, prima di prenderli tutti a calci nel culo” (pag. 418). C’è da pensare che la visione di film come quelli di Quentin Tarantino abbia sortito qualche effetto anche sullo scrittore Vergnani. Quando fu pubblicato “I vivi, i morti e gli altri” abbiamo scritto infatti di un’ironia confinata ai dialoghi ma non tale da alleggerire l’atmosfera cupa dell’horror. Nel caso de “La sentinella” forse non dovremmo parlare tecnicamente di horror ma c’è da scommettere che gli appassionati del genere apprezzeranno la rappresentazione di un mondo in pieno disfacimento, pericoloso, sporco e puzzolente: descrizioni al limite dello splatter, ripetute lungo tutto il corso del romanzo, che probabilmente non appariranno noiose proprio perché inserite in un racconto dinamico, dove su tutto prevale la fuga per la sopravvivenza
Edizione esaminata e brevi note
Claudio Vergnani, (Modena, 1961) è scrittore e giornalista. Collabora con diverse riviste e magazine di settore. Con Gargoyle ha pubblicato la trilogia “Il 18° vampiro”, “Il 36° Giusto” e “L’ora più buia” . Altre sue opere: “I Vivi, i Morti e gli Altri” (Gargoyle, 2013), “Per ironia della morte” (Nero Press 2013) e “Lovecraft’s Innsmouth”(Dumwich 2015, versione ebook e in classifica horror Amazon).
Claudio Vergnani, “La sentinella”, Gargoyle, Roma 2015, pag. 464.
Luca Menichetti. Lankelot, aprile 2015
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