Vinci Anna

Il signore del sorriso

Pubblicato il: 18 Marzo 2012

Credo che ormai in molte librerie esista uno scaffale dedicato esclusivamente ad un personaggio: Silvio Berlusconi. Libri che raccontano per lo più l’anomalia italiana di un imprenditore, ex premier tutt’altro che in disarmo, sceso in campo “per salvarci”, delle sue leggi ad personam, delle oscure origini della sua fortuna e soprattutto di quella particolare ammirazione nata in un elettorato che conferma in pieno una famosa frase di Prezzolini: “L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno”. Un’abbondanza di saggi, testi che non sono poi tanto in contraddizione con quanto si dice dell’informazione italiana. Se secondo Freedom House (2009) il nostro è un paese semi-libero, con una libertà di stampa paragonabile a quella presente nel Benin e a Tonga, è altrettanto vero che da noi si legge poco, l’opinione pubblica si forma sulla televisione, i grandi media propongono una sbobba distorta e fasulla. Quindi non deve meravigliare la presenza di tanti libri di argomento berlusconiano, al 99% feroci atti d’accusa nei confronti di un sistema di potere che ha svuotato la nostra democrazia e l’ha resa un guscio vuoto in mano a poteri intenti innanzitutto ad ottenere la propria impunità: è quella presenza, fatta appunto di libri letti da una minoranza di elettori, che sposta lo status di “non libero” a quello di “semi-libero”.

Fatta questa premessa veniamo al nostro “Signore del sorriso”. Se non fosse per la copertina, dove si scorge una bambina con un volto piuttosto mostruoso, e per l’introduzione di Simona Argentieri, dove il nome di S.B. ricorre più volte, un lettore poco attento, magari proprio uno di quelli abituati a stordirsi con Rai e Mediaset, forse non coglierebbe nemmeno l’identità di questo “Signore”. Ed invece di indizi ce ne sono eccome, a cominciare dal passaggio nel quale si ricorda come egli “scoprì i cavalli per merito di un giovane immigrato, un siciliano tanto furbo e lesto di mano da farsi perdonare l’accento marcato e la durezza delle sillabe”. Anna Vinci ha voluto scrivere una fiaba, che peraltro ha già avuto una riduzione teatrale, su di un signore bravissimo a sorridere e a raccontare fiabe. Praticamente una fiaba su un autore di fiabe, scritta con una certa eleganza e che proprio per il suo voluto intento ironico non risulta poi tanto superflua. Di quel signore del sorriso, come già detto, sono stati spesi fiumi di inchiostro, abbiamo letto di approcci psicanalitici, analisi sull’uso del suo corpo a fini promozionali, sull’identificazione tra eletto ed elettori, sul disastro del “chissenefrega se fa i suoi interessi l’importante è che faccia anche i miei” e via dicendo. Ma di satira vera o qualcosa che abbia fuso in maniera virtuosa denuncia sociale e ironia, almeno sulla carta stampata, ne abbiamo letta pochina davvero.

“Il signore del sorriso” in qualche modo ha sopperito a questa mancanza nel trattare l’argomento S.B.; anche se, al di là della formale leggerezza fiabesca, i contenuti sono tutt’altro che lievi. E non poteva essere altrimenti. Non può esserci lievità se si allude a Mangano oppure al regresso culturale dell’elettorato e della politica, all’indulgenza per le pratiche corruttive e via e via. Anzi forse proprio l’ironia, così poco praticata nel mettere a nudo il grottesco di questi anni di corruzione ed impunità, può risultare strumento di denuncia più efficace rispetto tanti saggi, colti finché si vuole, ma forse poco incisivi agli occhi di un elettorato disincantato nella migliore delle ipotesi e miope nella peggiore. Anna Vinci col suo “Signore del sorriso”, divertissement con un che di onirico, ha soprattutto messo in evidenza gli elementi più comici e nel contempo più ignobili di un certo tipo di manipolatore delle coscienze. Le prime righe del libro sono in fondo il racconto di quello che ci è rimasto in eredità: “Attraversare l’immondezzaio non è semplice, si rischia di perdersi tra rifiuti e plastica. Eppure, il nostro, avanzò con cuore spavaldo e, imponderabilità della mente umana, stabilì con la plastica una certa sintonia e, si potrebbe azzardare, simpatia”.

Edizione esaminata e brevi note

Anna Vinci, è nata a Roma dove vive e lavora. Scrittrice, regista e conduttrice, ha lavorato alla radio in programmi di informazione e in televisione per trasmissione come I migliori anni della nostra vita e Facondo. Tra le sue opere: L’usuraia (1996), Marta dei vocabolari (2003), La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi (2011)

Anna Vinci, Il signore del sorriso, Iacobelli, Pavona di Albano Laziale 2012, pp. 120

Luca Menichetti, per Lankelot, marzo 2012