Non sono in grado di affermare se l’ultima fatica letteraria di Karol Wojtyla “Memoria e Identità. Conversazioni a cavallo dei millenni” si possa in qualche modo considerare una sorta di testamento spirituale, espressione vaga che sa tanto di luogo comune.
Rimane il fatto, incontestabile, che il libro, al di là dell’evento editoriale proprio dello scritto di un Pontefice, vuoi per i grandi temi della Storia, filosofici, politici, vuoi per gli inevitabili spunti di riflessione, farà discutere ancora a lungo.
La forma letteraria scelta dai curatori è quella della conversazione, forse al fine di limitare il sentore di “accademia”, da cui pure in origine proviene: dopo più di dieci anni, necessari per far decantare certa stretta attualità e restituire al discorso un respiro più universale, sono stati trascritti i colloqui che Giovanni Paolo II ebbe in quel di Castel Gandolfo con i fondatori dell’Istituto di Scienze Umane di Vienna, ovvero Jozef Tischner, già allievo del prof. Wojtyla e suo successore alla cattedra di Etica a Lublino, e Krzystof Michalsky.
I due studiosi al tempo gli proposero di sviluppare un’analisi critica sia dal punto di vista storico che filosofico in merito ai due totalitarismi del XX secolo: il nazismo e il comunismo.
L’orizzonte della riflessione si è poi ampliato a temi cruciali quali l’uso della libertà e i suoi limiti, i concetti di Patria e di Nazione, le radici cristiane dell’Europa. Ad una prima lettura più superficiale si potrebbe avere la sensazione di un pistolotto trito e ritrito: in realtà se passiamo oltre qualche excursus storico istituzionale piuttosto scolastico (forse inevitabile visto il largo pubblico cui si rivolge l’opera papale), di scontato e di banale c’è molto poco, al di là del credo o dell’ateismo proprio di ogni lettore. L’aforisma agostiniano dell’amore “di sé fino al disprezzo di Dio”, assunto in base al quale l’uomo si erge giudice supremo del bene e del male, è uno dei temi conduttori: il Pontefice da qui parte per analizzare lo svolgersi della Storia Europea, fino all’epilogo tragico del XX secolo. Karol Wojtyla torna a parlare della sua esperienza di uomo nato in Polonia, nazione che ha subito la ferocia dell’occupazione nazista prima e la soffocante dittatura comunista poi, ma che nel contempo è stato uno degli artefici della loro sconfitta (“…succede infatti che in certe concrete situazioni dell’esistenza umana il male si riveli in qualche misura utile in quanto crea occasioni per il bene. Non ha forse Johann Wolfang von Goethe qualificato il Diavolo come una parte di quella forza che vuole sempre il male e opera sempre per il bene?”). Con i lager, i gulag, “l’Uomo era stato svuotato della sua soggettività”: l’esperienza storica, tanto più profonda e sentita da parte di chi era nato in una nazione prima nazistificata e poi rimasta 40 anni dietro la cortina di ferro, non può non aver strutturato in modo indelebile la personalità del futuro Papa. Da qui il richiamo all’Uomo moderno, che ha risuonato (invano?) per quasi 27 anni di pontificato: un monito ad impiegare la libertà, non solo dono ma anche compito, al fine di perseguire il bene comune e non farsi soggiogare da nuove forme, più subdole, di idolatria, ateismo, consumismo e materialismo. La tanto contestata tenacia in difesa della vita umana fin dal suo concepimento, motivo di pesanti invettive da parte del cosiddetto mondo laico, quella che Vattimo ha definito una sorta di “idolatria dell’embrione”, e più recentemente con Giovanni Sartori (“come si può sterminare quello che non esiste?”), trova perciò una sua spiegazione non soltanto dottrinale (ditemi voi quale pontefice potrebbe legittimare pratiche abortive), ma anche relativa alla storia personale del polacco Karol Wojtyla.
“Memoria e Identità” sfiora appena le tematiche che maggiormente sono state motivo di contestazione nei confronti del pontificato di Papa Giovanni Paolo II (morale sessuale e familiare, l’autoritarismo nei confronti dei teologi dissenzienti, la “fabbrica dei santi”, l’accentramento decisionale), caratterizzato da rigidità dottrinali accanto ad epocali aperture al “nuovo” (anche questa – ammetto – espressione molto generica ed abusata).
Non sono un esperto di teologia e non posso addentrarmi in meandri poco comprensibili ad un cattolico “evasivo”. Quello che semmai possiamo cogliere in “Memoria e Identità” è il Wojtyla uomo di cultura e filosofo, non certamente il “nonno Karol”, morto e, nell’orgia mediatica, improvvisamente santificato, quasi in opposizione alla bieca gerarchia cardinalizia, da chi fino a ieri magari ne diceva peste e corna (“Cristo si, la Chiesa no! protestano alcuni contemporanei. È un’apertura solo apparente. Cristo infatti se veramente accettato porta con sé la Chiesa che è il suo Corpo Mistico. Non c’è Cristo senza Chiesa” – pag. 142). Soprattutto troviamo spunti che rendono decisamente più problematiche e discutibili le affermazioni di uno Scalfari (tanto per fare un nome) riguardo un Wojtyla granitico antiilluminista e uomo del Medioevo tout court: “la consapevolezza illuministica suscitò anche la formazione dei postulati di giustizia sociale, giustizia che a sua volta aveva la radice ultima nel Vangelo. È motivo di riflessione constatare come questi processi di matrice illuministica abbiano portato spesso ad una riscoperta in profondità di verità contenute nel Vangelo” (pag. 136).
Dicevo degli “spunti di riflessione”. A riguardo è eloquente l’indice: Il limite imposto al male (1. Mysterium iniquitatis: la coesistenza del bene e del male, 2. ideologie del male, 3. Il limite imposto al male nella storia dell’Europa, 4. La Redenzione come limite divino imposto al male, 5. Il mistero della Redenzione, 6. La Redenzione vittoria data come compito all’uomo), Libertà e Responsabilità (7. Per un giusto uso della libertà, 8. La libertà e l’amore, 9. L’insegnamento della storia recente, 10. Il mistero della misericordia), Pensando Patria (11. Sul concetto di patria, 12. Il patriottismo, 13. Il concetto di nazione, 14. La storia, 15. Nazione e cultura), Pensando Europa (16. La patria europea, 17. L’evangelizzazione dell’Europa centro-orientale, 18. Frutti di bene sul terreno dell’illuminismo, 19. La missione della Chiesa, 20. Il rapporto della Chiesa con lo Stato, 21. L’Europa nel contesto degli altri continenti), Democrazia: possibilità e rischi (22. La democrazia contemporanea, 23. Ritorno all’Europa?, 24. la materna memoria della Chiesa, 25. La dimensione verticale della storia dell’Europa), Epilogo (26. “Qualcuno aveva guidato quel proiettile…..”).
227 pagine ove Giovanni Paolo II torna a parlare dei due “mali assoluti” del XX secolo, ovvero il nazismo, un totalitarismo pagano, radicalmente anticristiano e il comunismo, una sorta di totalitarismo eretico, che faceva propri alcuni elementi della Chiesa (argomento questo che maggiormente ha fatto parlare i commentatori e i recensori); nello stesso tempo, nella sua veste di instancabile Pastore, lancia una sfida serrata al laicismo ateo proprio della società contemporanea (“l’esperienza della mia Patria mi ha facilitato grandemente nell’incontro con gli uomini e con le nazioni di tutti i continenti”) tornando al limite imposto dalla “legge naturale” inscritta in ogni uomo, anche nel più lontano da Dio. Argomentazioni proprie non soltanto della Chiesa cattolica.
Un pensiero complesso, articolato quello di Karol Wojtyla, molto difficile da sintetizzare: nonostante le anticipazioni giornalistiche non si parli esplicitamente di “comunismo come male necessario” o di “aborto come Olocausto”, è inevitabile che le riflessioni del Papa abbiano provocato qualche colorita tracimazione di bile. Non mi riferisco tanto ai mal di pancia del “Manifesto”, dei settori più ideologizzati della destra e sinistra politica, o comunque di coloro che fanno dell’ateismo una professione di Fede. Non è dato sapere quale libro abbiano letto i redattori del “Bolscevico” l’organo ufficiale del Partito Marxista Leninista Italiano; la reazione è stata comunque significativa: “Nel suo libello il papa nero attacca il comunismo equiparandolo al nazismo e al male. Esultano o fascisti e i falsi comunisti. Una tesi che il papa più anticomunista della storia ricordi, snocciola, avvalendosi delle classiche elucubrazioni da sempre cavallo di battaglia della borghesia e della reazione, pregna di falsità storiche. Un’analisi ignobile e falsa… Non sarà certo un papa, pur nero che sia, a cancellare dalla storia dell’umanità l’ideale del comunismo, quello autentico di Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao”.
Proprio questa sparata degli amici di Scuderi mi consente di presentare l’epilogo di “Memoria e Identità”: “Qualcuno aveva guidato quel proiettile…..”.
Il suo ruolo anticomunista “operativo” viene in qualche modo minimizzato da Wojtyla stesso, ma non si può negare l’influenza che questo papa ha avuto nell’accelerare la dissoluzione del sistema sovietico. Ruolo che ancora suscita le citate tracimazioni, e che nel 1981 pare abbia portato a qualcosa di ben più concreto.
L’attentato del 13 maggio 1981 compiuto da Ali Agca, scrive il Papa per la prima volta, fu “commissionato” e fu opera di “una della ideologie della prepotenza scatenatesi nel XX secolo”.
In riferimento al colloquio avuto in carcere col suo attentatore, Wojtyla scrive: “Agca è un assassino professionista. Questo vuol dire che non fu iniziativa sua”.
E sul viaggio verso il Gemelli: “avevo la sensazione che ce l’avrei fatta, stavo soffrendo, nutrivo però una strana fiducia”. “Memoria e Identità”: l’ultima opera editoriale ed ennesimo messaggio di pace e di speranza da parte di Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, con noi per 27 lunghi anni.
Edizione esaminata e brevi note
Karol Josef Wojtyla (Wadowice, Cracovia, 1920 – Roma, 2005), teologo polacco. Ordinato sacerdote nel 1946, fu pontefice tra 1978 e 2005.
Karol Wojtyla, “Memoria e identità”, Rizzoli, Milano 2005.
Recensione già pubblicata nell’aprile 2005 su ciao.it
Luca Menichetti. Lankelot, gennaio 2009
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