“Stava scrivendo un romanzo ambientato in un mondo con due lune, in cui esistevano i Little People e le crisalidi d’aria. Quel mondo lo aveva tratto dal romanzo di Fukaeri, La crisalide d’aria, ma ormai era diventato completamente suo. Mentre era piegato sui fogli a quadretti, la sua coscienza viveva lì. Anche quando posava la penna e si allontanava dalla scrivania, con la mente restava in quel mondo. Allora provava una sensazione particolare, come se il corpo e la mente si dividessero, e non riusciva più a distinguere il confine tra la realtà e l’immaginazione. Forse anche il protagonista del Paese dei gatti aveva provato una sensazione simile. Senza che se ne accorgesse, il centro di gravità del mondo si era spostato altrove. E lui (forse) non sarebbe mai più riuscito a prendere il treno per tornare a casa”. (p.37)
Con Libro 3 si chiude il cerchio. Murakami definisce i confini di una vicenda circolare, principalmente una storia d’amore tra due anime sole, quelle di Tengo e Aomame. Ma 1Q84, nelle sue oltre mille pagine divise in due volumi è certamente di più di una semplice storia d’amore: è l’incontro e la fusione tra due universi paralleli in cui la luna (le lune) è spettatrice partecipe di un incontro che il destino sembra non volere avvenga. Fuori dalla definizione possibile di un genere, 1Q84 è un libro in cui il letterato giapponese sembra mettere tutto se stesso, scegliendo ancora una volta di alterare la normale consecutio lineare e il realismo a volte cinico della vita quotidiana per immaginare una storia che prosegue in questo Libro 3 il suo viaggio nei meandri più oscuri e profondi dell’anima umana.
Avevamo lasciato Aomame sola e chiusa in una stanza, braccata dai membri del Sakigake, mentre ritroviamo Tengo al capezzale del padre morente. Aomame e Tengo vivono ormai da mesi in una realtà che non è la loro, nel mondo in cui brillano le due lune (la mother e la daughter), braccati e in pericolo di vita. Sulle loro tracce adesso vi è anche Ushikawa, investigatore incaricato dalla setta di ritrovare Aomame. Ushikawa è dunque il terzo punto di vista di questo secondo volume (nel primo vi erano infatti solo quelli di Tengo e Aomame), che accompagna il lettore – insieme ai due protagonisti – fino alla fine del racconto.
Sgombriamo subito il campo da possibili dubbi: quanto meno a parere di chi vi parla, 1Q84, per quanto coinvolgente e a tratti incalzante, non è il miglior romanzo di Murakami, come tanta stampa che conta sembra aver sentenziato, ma è forse la sua opera più intima e personale. Questo Libro 3, peraltro, come accennato si limita a chiudere il cerchio, recuperando molte informazioni del libro precedente quasi per paura che, a un annetto di distanza, il lettore si sia dimenticato del Libro 1 e 2. Chi aveva letto l’opera precedente è sicuramente lieto di ritrovare perfettamente il filo del discorso, ma non trova l’ampio respiro che le prime 700 pagine gli avevano lasciato. Ciò non è necessariamente un male in sé ma la differenza si avverte, come si avverte la necessità di volgere verso un epilogo necessariamente lieto, questa volta anche privo di troppi enigmi lasciati sul campo, al contrario delle opere più intriganti dell’autore (L’uccello che girava le viti del mondo, Kafka sulla spiaggia). Certo alcuni interrogativi restano sul campo, ancorché non del tutto rilevanti (ma chi era il molesto esattore della NHK?), e resta il mistero sulla vera essenza dei Little People, mai chiarita esaurientemente dal Nostro, ma Murakami riesce sempre, come un bravo prestigiatore, a mescolare realtà e apparenza, immaginazione e sogno, vita quotidiana e rappresentazione. Privo di qualsiasi forma di humour o leggerezza, lo scrittore giapponese procede dritto per la sua strada, seminando indizi curiosità e illusioni senza mai perdere il filo della narrazione e stimolando con maestria il senso d’attesa del lettore, che non viene mai meno nemmeno nelle volute ripetizioni né nei momenti più prolissi. La trovata della terza voce narrante – il rendere protagonista un personaggio dall’aspetto (e dell’animo) ripugnante come Ushikawa -, è una scelta azzeccata, che aggiunge verve a un libro il quale, al contrario del primo volume, soltanto a due voci sarebbe risultato sicuramente troppo piatto.
L’epilogo è indubbiamente prevedibile in questo Libro 3, e ciò non rende forse il giusto tributo al lettore, ancor più se affezionato ai precedenti romanzi di Murakami, quel senso di spasmodica attesa di un evento che era auspicabile immaginare per un’opera – considerando i due libri – così voluminosa. Nonostante le perplessità doverosamente portate alla luce da chi vi parla, rispetto a una scelta così “facile”, non mi sento di muovere una critica forte all’autore, proprio perché credo che più che mancanza di idee sia stata proprio una volontà perseguita e immaginata sin dal principio. Resta comunque la piacevolezza della lettura, immancabile se si amano le peculiarità stilistiche di Murakami, e una storia che intreccia finemente le vite dei personaggi come solo i grandi romanzi sanno fare.
“Tengo tirò fuori la mano dalla tasca e circondò le spalle di Aomame. Sentì sotto il palmo la sua compattezza carnale. Poi alzò la testa e guardò di nuovo le lune. Entrambe, tra le nuvole continuavano il loro lento transito, proiettavano sulla terra un chiarore enigmatico, dai colori mescolati. Tengo, sotto quella luce, si rese conto con rinnovata intensità di come i movimenti del cuore potessero rendere relativo il tempo. Vent’anni erano lunghi, un periodo durante il quale molte cose erano iniziate, e molte erano finite. E quelle che restavano erano cambiate nella forma e nella sostanza. Un arco di tempo lunghissimo. Ma non troppo per un cuore deciso. Se il loro incontro fosse avvenuto vent’anni dopo, stando davanti a Aomame probabilmente avrebbe provato le stesse emozioni. Ne era certo. Se avesseo avuto cinquant’anni, avrebbe sentito gli stessi sussulti violenti, la stessa confusione. La stessa gioia, la stessa certezza”. (p.376).
Federico Magi, gennaio 2014.
Edizione esaminata e brevi note
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