Zanacchi Adriano

Il libro nero della pubblicità

Pubblicato il: 7 Maggio 2011

Il titolo del libro potrebbe far pensare a qualcosa più di un pamphlet, magari una sorta di manuale ad uso degli “adbusters” e di quei “casseurs de pub”, che negano ogni legittimazione alla pubblicità e la vogliono in qualche modo distruggere. L’autore, che è stato per anni nel Consiglio direttivo dell’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria, non ha affatto queste velleità e col suo “Libro nero della pubblicità”, dati per assodati gli aspetti utili della cosiddetta reclame, ha voluto semmai proporre una panoramica, anche allarmata, degli aspetti nocivi ed insidiosi di questa pratica ormai così pervasiva. E’ lo stesso Zanacchi a consigliare coloro che amano le tinte forti e le denunce clamorose opere come quella di Frédéric Beigdeber, caratterizzate da incipit piuttosto eloquenti: “Sono un pubblicitario: ebbene si, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda”. Nel “Libro nero”, anche se volutamente viene evitata un’atmosfera da tregenda, si celebra comunque una sorta di processo alla pubblicità, almeno per come si è sviluppata in questi ultimi anni, sulla base di quattro capi d’accusa principali: “le modalità diffusive: fastidiose, invadenti, subdole; i contenuti dei singoli messaggi: ingannevoli, sleali, offensivi, diseducativi; il pesante condizionamento esercitato dagli investimenti pubblici sui mezzi di comunicazione; le influenze economiche e socioculturali delle pubblicità nel suo insieme, specialmente, ma non solo, a danno dei minori” (pag 163).

Un quadro accusatorio grave, complesso e – come giustamente sottolinea Zanacchi – di difficile valutazione perché implica giudizi di valore e chiama in causa non solo i pubblicitari ma anche politici, legislatori e gli stessi destinatari dei messaggi incriminati. “Il libro nero” di questa complessità si fa testimone e ci propone nel corso delle sue pagine tanti casi in parte noti ed in parte lontani da noi, dove comunque sono protagonisti gli escamotage per catturare l’attenzione dei cittadini trasformati in consumatori passivi, la promozione di prodotti a rischio, le strategie per deformare la realtà, l’ormai abituale degradazione della donna, la volgarità come strumento per vendere, il condizionamento su bambini e adolescenti, la longa manus delle società di pubblicità sui media. Una panoramica ricca di riferimenti e citazioni da sociologi e studiosi dei media, che non si limita a dimostrarci il fatto piuttosto ovvio di come la tirannia degli spot e la visione della vita immolata al consumo e al possesso sia fenomeno globale. L’analisi dell’autore si estende a quanto può essere fatto o è stato fatto per mettere un freno a questo dilagare di pubblicità intrusiva e ipnotica. Quindi anche l’esperienza dell’autoregolamentazione, gli interventi dello Stato, i compiti dell’educazione: un approccio propositivo che non poteva mancare da parte di chi per tanti anni ha avuto a che fare con l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria. La maggior parte delle considerazioni contenute nel libro, siano essere  dell’autore o dei tanti studiosi citati, si adattano perfettamente al nostro mondo globalizzato, si parli della Francia come degli USA; con ben poche distinzioni. Tra queste poche distinzioni però non poteva mancare l’Italia.

Zanacchi, che pure si coglie avere una cultura di cattolico moderato ben poco incline ad entusiasmarsi per un Santoro (“faziosità”) e nemmeno per un Emilio Fede (“modi miserevoli di leggere o commentare le notizie”), nel capitolo “Il potere sui media”, ha affrontato senza mezzi termini la pesante anomalia che caratterizza il nostro paese e che tra le cause annovera proprio un uso distorto del mercato pubblicitario: “I veri padroni delle notizie sono le concessionarie di pubblicità”. Ci ha ricordato i meccanismi che hanno trasformato la Publitalia di Dell’Utri in strumento da guerra per costruire un partito politico, la vicenda della legge Mammì, il ruolo di Antonio Pilati negli ambienti Mediaset, la genesi della legge Gasparri, le intercettazioni della Bergamini ed altre vicende che fanno dell’Italia un sultanato nel cuore dell’Europa. E poi ancora “L’invito [di Berlusconi] è stato successivamente ribadito più volte, trasformandosi in una vera e propria minaccia nei confronti dei giornali a lui sgraditi. Allo stesso tempo si è trattato di una conferma che gli investimenti pubblicitari possono essere usati non già come strumenti di una libera competizione economica, ma come di armi micidiali per distorcere l’informazione, per zittirla, a dispetto di qualsiasi valutazione del loro ritorno commerciale e perseguendo un disegno antidemocratico” (pag. 133). Sono vicende già raccontate in maniera approfondita ad esempio nelle cronache di Gomez e Travaglio e che qui Zanacchi, anche con coraggio, ha trattato dal lato più specifico della “pubblicità”. Un “Libro nero della pubblicità”, peraltro caratterizzato da bellissime illustrazioni e design, che in Italia potrebbe essere intitolato coerentemente come “Il libro nero della politica”.

Edizione esaminata e brevi note

Adriano Zanacchi, ha lavorato alla Rai dal 1954 al 1993 occupandosi in particolare di pubblicità. Ha fatto parte per i anni del Consiglio direttivo dell’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria. Ha fondato e diretto la collana Quaderni di documentazione pubblicitaria edita dalla Sacis ed è autore di numerose opere in materia di comunicazione, tra le quali: La Pubblicità. Potere di mercato. Responsabilità sociali (1999); Convivere con la pubblicità (1999); Pubblicità: effetti collaterali (2004); Relazioni pubbliche (2004); Opinione pubblica, mass media, propaganda (2006); Carosello Story. La via italiana alla pubblicità televisiva in collaborazione con Laura Ballio (nuova edizione con dvd 2009).

Adriano Zanacchi, Il libro nero della pubblicità. Potere e prepotenze della pubblicità sul mercato, sui media, sulla cultura, Iacobelli, Pavona di Albano Laziale 2010, pag. 287

Luca Menichetti, Lankelot, maggio 2011