Molti di noi non hanno ancora ben chiaro da dove derivi l’esortazione ad “andare a zappare la terra”, rivolta a personaggi inverecondi e inaffidabili; ma almeno di una cosa siamo consapevoli: è ingeneroso accostare un mestiere dignitoso come quello del contadino a certe combriccole che ne stanno combinando di tutti i colori. Pensiamo ad esempio alle cosiddette “riforme istituzionali”. I cosiddetti gufi, peraltro molto stimati dal sottoscritto, ritengono siano nient’altro che delle porcherie imbastite su misura del Pd renziano, ovvero Forza Italia 2.0, ed oggetto di scambio con una falsa opposizione, oltretutto in un parlamento eletto grazie ad una legge incostituzionale. Difatti in questi mesi si è ascoltato di tutto e di più, soprattutto affermazioni tipo “andiamo avanti come un turbo”, malgrado pochi abbiano capito cosa sia necessario cambiare, come e perché: in pratica sta funzionando alla grande lo slogan del cambiamento a prescindere dai contenuti. Dario Nardella, l’arguto sindaco di Firenze, è l’esempio vivente di questo andazzo. Pochi mesi fa, quando il cosiddetto Patto del Nazareno viaggiava vento in poppa, ovvero quando ancora si pensava che le minoranze dei partiti e gli elettori di destra e di sinistra avrebbero digerito di tutto senza fiatare, il sindaco se ne è uscito dicendo che il centrosinistra sbagliò a contrastare “in modo ideologico” la riforma della destra e, replicando gli slogan del suo ducetto, che “il cambiamento è ostacolato dai soloni del diritto”: in sostanza l’Ulivo, chiudendo alla “Devolution di Lorenzago”, si sarebbe dimostrato poco riformista e poco aperto al nuovo. Ancora una volta un “nuovo” a prescindere e un fastidio palese verso coloro che chiedono pesi e contrappesi, una gestione della cosa pubblica sulla scorta di competenze e non di facili promesse; e quindi una democrazia reale, intesa come partecipazione alla vita pubblica da parte di elettori informati. I termini della questione però diventano più complicati quando si considera che la riforma dei “quattro saggi” (Calderoli, Nania, D’Onofrio, Pastore), oltre a proporre scenari confusi in merito alle funzioni del Parlamento, puntava ad un federalismo spinto, che davvero avrebbe stravolto i rapporti tra il centro e la periferia del paese. I progetti attuali, almeno per quanto riguarda il titolo V, sembrano viaggiare invece all’estremo opposto, intendendo affidare allo Stato molte delle competenze perdute. Da qui la domanda: se andava bene la riforma ultrafederalista del centrodestra e nel contempo si sostiene a spada tratta il progetto del Pd che pare voler ridimensionare i poteri degli enti territoriali, di cosa stiamo parlando? Forse di nulla, forse solo chiacchiere in libertà per diffondere l’idea che il baratto tra il pregiudicato e lo spregiudicato è cosa buona e giusta. Per di più, come prassi ormai consolidata, soprattutto quando si toccano gli interessi personali dei nuovi potenti, l’informazione ha lasciato alquanto a desiderare. E’ vero che si parla di progetti di legge e di modifiche costituzionali dove abbondano aspetti tecnici, giuridici, che non sono certo il pane quotidiano del comune cittadino, ma è altrettanto vero che molti stimati giuristi (in odore di cortigianeria?) si sono limitati a proporci editoriali fumosi, generici, che non dicono niente e non entrano nel merito della normativa (l’ultimo articolo di Sabino Cassese sul Corriere è paradigmatico). Insomma, chiacchiere sui massimi sistemi, magari sull’inopportunità di parlare di “deriva autoritaria”, ma poi nulla che possa spiegare agli elettori, di fatto esautorati del loro diritto di voto, cosa davvero stia succedendo. Da questo punto di vista dobbiamo allora dare atto agli autori di “L’Urna di Pandora” di aver in parte rimediato alla latitanza dell’editoria e dei media generalisti: il loro libro, con un linguaggio comprensibile anche per i non addetti ai lavori, cerca di spiegare la vera natura del cosiddetto Italicum, “finalizzato alla trasformazione di una minoranza in maggioranza di governo, tramite un meccanismo di premio in seggi”. Un “premio” che chiaramente viene interpretato non in favore degli elettori e dell’efficienza del sistema politico, ma come regalo a coloro che, facilmente evitata la presunta rottamazione e così convertiti al verbo renziano, puntano a conservare per legge la poltrona; tutto con la complicità di un ex cavaliere ormai in conflitto d’interesse col suo stesso partito. Queste vicende, a dir poco torbide, sono state analizzate dai tre autori secondo diverse prospettive: Giorgio Galli ha ricostruito, tra l’altro con un’apprezzabile capacità di sintesi, il percorso politico da Bersani a Renzi, la rielezione di Napoletano, le larghe intese e l’avvio del ciclo renziano; Felice Besostri ha invece scritto riguardo i ricorsi presentati contro il sistema elettorale ex L 270/2005, ovvero il “Porcellum” (più precisamente il commento alla sentenza della Consulta n. 1 del 2014); ed infine Daniele V. Comero è entrato nel dettaglio dei sistemi elettorali, dal “consultellum” all’Italicum, con tutte le gravissime insidie e castronerie contenute in una normativa “messa a punto da alcuni politologi fiorentini fiduciari di Renzi”; tanto che “ luci ed ombre si accavallano a formare un quadro politico a tinte fosche e per molti aspetti inquietante” (pag. 6).
Un saggio che quindi prende di mira sostanzialmente l’Italicum, nella considerazione che riproduca ancora le “criticità” del Porcellum, e che Comero considera “l’architrave di tutto il processo delle riforme”, tale infatti da consentire “un controllo diretto dell’accesso al sistema politico” (pag. 50). In pratica proprio dall’Italicum, e dalle difficoltà di mantenerlo fermo nelle sue linee essenziali in un sistema ormai tripolare e destinato a creare complicazioni alla spartizione Pd-Fi, sarebbe scaturita la decisione di creare un Senato non elettivo (“gli estensori dell’Italicum non sono riusciti a risolvere questa faccenda – del secondo turno eventuale tra competitori differenti – per cui hanno deciso di tagliare la testa al toro una volta per tutte, con la scusa di voler risparmiare sul costo del Senato”). Insomma, questo a riprova del fatto che l’accesso alla casta politica, gestito tramite la legge elettorale, è il tema principale della stagione delle riforme” (pag. 52). Nello stesso tempo l’analisi sia di Besostri che di Comero si sofferma su gravi incidenti di percorso come l’incoerenza di sistema che scaturiva dall’algoritmo di riparto sballato; senza dimenticare aspetti più terra terra come le uscite temerarie di Monna Boschi: “la logica di un simile ragionamento è imbarazzante: l’obiettivo è quello di avere una maggioranza certa, per realizzare un programma di controllo delle istituzioni anche senza voti” (pag. 68).
Una logica perversa che, come ricorda ancora Besostri, prende spunto dalla stessa sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale: “ha risolto un problema, quello del controllo di controllo di costituzionalità delle leggi elettorali, ma per salvare le camere elette con una legge incostituzionale ha dato uno strumento formidabile in mano a chi voglia sovvertire l’ordine costituzionale. Senza un’impugnazione delle leggi elettorali prima dell’indizione dei comizi elettorali, le Camere elette, anzi una sola Camera, senza un’opposizione consistente può rimuovere le norme ostative alla propria costituzionalizzazione. Se poi si prepara con attenzione la composizione della Corte Costituzionale approfittando dei quattro membri da rinnovare, due di nomina parlamentare e due presidenziali, ci si può rendere conto dell’emergenza democratica in cui vive il Paese” (pag. 46).
Comero, tra l’altro, cita un articolo profetico di Alberto Maggi che così ha anticipato di qualche mese le lotte di potere, ormai palesi, che stanno devastando una Forza Italia divisa tra il cerchio magico berlusconiano, la difesa degli interessi aziendali dell’ex cavaliere e l’attrazione per il berluschino di Rignano: “Ma il vero conflitto che lacera Forza Italia è la contrapposizione sottotraccia tra Berlusconi e il potentissimo Denis Verdini. L’uomo forte azzurro, artefice del patto con Matteo Renzi […] si è smarcato dal Cav nel momento in cui ha annunciato la volontà di correre alla elezioni europee” (pag. 66). E’ chiaro che mesi dopo l’uscita del libro “L’Urna di Pandora” non è stata presa alcuna iniziativa che possa smentire l’analisi inquietante di Galli, Besostri e Comero. Gustavo Zagrebelsky, il celebre costituzionalista, commentando la discussione delle riforme in Parlamento e la decisione di andare avanti anche senza la presenza delle opposizioni, non ha usato mezzi termini: “Un degrado, quasi il punto zero della democrazia”. Da una parte Giorgio Galli che, nel maggio 2014, scriveva di un “quadro politico inquietante”, ed oggi la replica di Zagrebelsky e di tanti altri “professoroni”: c’è da scommettere la guerra tra “gufi” e Renzi sia appena iniziata.
Edizione esaminata e brevi note
Giorgio Galli, (Milano, 1928) è uno dei più affermati politologi italiani. La sua produzione di politologo e storico è orientata prevalentemente alla storia contemporanea. Tra le sue opere ricordiamo: “Storia del partito comunista italiano”, “Hitler e il nazismo magico”, “L’impero antimoderno. La crisi della modernità statunitense da Clinton a Obama”.
Felice Besostri, giurista e politico socialista italiano, noto alla cronaca per la battaglia contro il “Porcellum” e la legge elettorale per le elezioni europee del 2014. Avvocato abilitato per le Magistrature superiori, è stato ricercatore universitario e docente di Diritto Pubblico Comparato presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Milano.
Daniele Vittorio Comero, è un analista politico elettorale, responsabile dell’Osservatorio elettorale Milano, direttore di Civica, giornalista, scrive per il quotidiano ondine “L’Indipendenza”. Ha pubblicato “Stella e Corona. Sogni, utopie e brogli nella storia elettorale italiana e “Ricostruire la democrazia. La tela di Penelope delle riforme elettorali” entrambi con Giorgio Galli, con cui conduce un ciclo di incontri, nel 2013 e nel 2014, alla Società Umanitaria di Milano dal titolo “Le parole della politica”.
Giorgio Galli, Felice Besostri, Daniele Vittorio Comero, “L’Urna di Pandora delle Riforme. Renzi, le riforme istituzionali e l’Italicum”, Biblion (collana Quaderni di politica), Milano 2014, pag. 178.
Luca Menichetti. Lankelot, febbraio 2015
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