Giordano Antonio, Chiarello Paolo

Monnezza di Stato. Le terre dei fuochi nell’Italia dei veleni

Pubblicato il: 27 Febbraio 2015

Un tempo si chiamava Campania Felix, mentre adesso è più nota col nome di Terra dei fuochi. Il motivo? Lo ricorda uno degli autori di “Monnezza di Stato”:  “Fuochi appiccati quotidianamente da manine criminali agli scarti di lavorazioni industriali clandestine che sprigionano diossina […] Ora rispetto a questa situazione, che è tragica, lo Stato cosa fa? Arrivano solo tanti timidi segnali di attenzione ma pochissimi fatti concreti” (pag. 20 – 23). “Fuochi” ma soprattutto inenarrabili porcherie che il giornalista Paolo Chiariello e lo scienziato Antonio Giordano hanno raccontato, secondo le loro rispettive competenze, in “Monnezza di Stato”, edito da Minerva editore: con uno stile a volte asciutto, a volte quasi enfatico, i due autori hanno ripercorso gli anni successivi al terremoto dell’Irpinia, la tragedia  che diede probabilmente il via ad una nuova tragedia, questa volta tutta opera dell’uomo, fino ad ora sottovalutata e che solo pochi coraggiosi avevano colto nelle sue reali dimensioni.

Un libro apprezzabile in quanto sia Chiarello che Antonio Giordano hanno raccontato la verità nuda e cruda dei danni incalcolabili provocati dallo sversamento dei rifiuti tossici in terra campana, soprattutto nei territori tra Napoli e Caserta, i rapporti opachi e le vere e proprie connivenze tra imprenditori senza scrupoli, camorra, politici, istituzioni, presunti scienziati; fermo restando il pericolo, se non la certezza, proprio come ha scritto lo scienziato Giovanni Balestri (perito della Procura di Napoli), che l’acme dell’inquinamento delle falde acquifere campane sarà raggiunto tra sessant’anni. Migliaia di tonnellate di rifiuti industriali, provenienti dal Nord Italia e dal Nord Europa, sepolti abusivamente  in virtù di un patto scellerato da politica – imprenditoria e mafia, che giustificano una visione apocalittica, “uno scenario da post fallout radioattivo di Chernobyl” (pag. 36). Una prospettiva da incubo che puzza di pergolato velenoso, e che soprattutto non ha nulla a che vedere con la camomilla e il sussiego pieno di disprezzo dispensato per anni da quei politici e scienziati di riferimento fino ad ora intenti a minimizzare gli effetti del commercio criminale dei clan camorristici (impennata di morti per cancro, malformazioni). In questo contesto di corruzione e criminalità diffusa, di enorme arricchimento dei clan grazie all’avvelenamento della loro terra, Chiarello non poteva non raccontare lo scenario desolante delle istituzioni dello Stato ed anche del comune di Casal di Principe: “è un comune tecnicamente fallito, con 25 milioni di euro di debiti. L’acqua potabile non l’hanno mai pagata […] In pianta organica Casal di Principe conta 105 dipendenti. Al lavoro ce ne sono una cinquantina. Gli altri sono stati licenziati o per inadempienze o perché arrestati o perché condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati. Il cinquanta per cento del patrimonio edilizio privato è abusivo. Non esistono un ufficio tecnico e un ufficio urbanistico” (pag. 56).

Di grande interesse anche la parte del libro a cura dell’oncologo Antonio Giordano, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra scienza e informazione, i condizionamenti di tipo economico e politico sugli scienziati: “Anche allora [ndr: la lotta dei lavoratori dell’Officina F.S. di Santa Maria La Bruna all’Isochimica di Avellino], proprio come nell’attuale battaglia contro i rifiuti tossici, si affrontarono atteggiamenti di negazione del pericolo; resistenze di alcune sigle sindacali e, perfino di una larga parte della sinistra; timori comprensibili di alcuni lavoratori per la perdita del posto di lavoro; ostacoli da parte di chi vantava vasti interessi economici” (pag. 107).

Giordano ha vissuto momenti molto difficili per aver voluto denunciare i pericoli e la realtà dell’inquinamento campano, osteggiato, e a volte infamato,  da colleghi con ben altra idea di scienza. Da qui le osservazioni in merito al nesso causale rifiuti-cancro negato per anni dal Ministero della Sanità (“non deve sorprendere”): “Proviamo, però, a ribaltare la questione: è scientifico sostenere che non ci sia nesso causale di fronte all’evidenza cancerogena di molte delle sostanze riscontrate nei siti inquinati, già descritte singolarmente come veleni per la salute? E’ scientifico mettere sullo stesso pieno variabili come sedentarietà, obesità e veleni dei rifiuti? E’ scientifico non ipotizzare nemmeno fenomeni di sinergismo tra tutte queste variabili? E’ scientifico arrendersi di fronte ad un limite ovvio degli strumenti statistici a nostra disposizione che dovrebbero proteggere le popolazioni siti inquinati segnalando un rischio? […] E’ necessario un cambio di mentalità e affiancare alla scienza la coscienza” (pag. 126). Il nostro autore non si fa scrupolo di parlare di tecnici collusi, di una cultura scientifica che fa acqua (“un problema scottante e vasto quale quello dei rifiuti tossici veniva affrontato da una prestigiosa rivista scientifica, principalmente, dal punto di vista squisitamente economico”) e di citare alcune affermazioni avventurose di tanti personaggi noti e meno noti, magari un tempo aggressivi negazionisti ed ora poco convincenti sostenitori della causa ambientale (“si tratta della natura umana e, forse, di parecchi fondi che la Comunità Europea – proprio perché si è scoperchiato quel vaso di Pandora – potrebbe stanziare”). Ad esempio l’ex  ministro Ferruccio Fazio che “non esitava ad affermare la non cancerosità della diossina” (pag. 131). Non viene risparmiato neanche un mostro sacro come Veronesi, anche se da tempo l’anziano oncologo sembra abbonato ad un bel po’ di cantonate: “come scienziato non posso che dissentire dalla dichiarazioni che rese il professor Umberto Veronesi nel corso della trasmissione ‘Che tempo fa’ relativamente agli effetti non nocivi dei termovalorizzatori sulla salute umana” (pag. 168). Giordano non riesce proprio a vedere questa inoffensività degli inceneritori, soprattutto nel considerare la presenza del “particolato fine” e nel citare diversi studi sulla causalità tra presenza di termovalorizzatori e l’aumento di patologie nelle zone limitrofe. Una presa di posizione di questi tempi coraggiosa, non fosse altro che i più recenti orrori normativi, Sbocca Italia in primis, testimoniano una classe dirigente con sensibilità ambientale pari a zero; oltre a far pensare a rapporti a dir poco opachi con gli sponsor di discutibilissime infrastrutture. Basti ricordare quando tempo fa, in una trasmissione televisiva locale, il giovane sindaco della più grande città toscana, si scagliò violentemente contro l’oncologa Patrizia Gentilini, rea di aver sostenuto – dati alla mano – che gli inceneritori possono provocare tumori: “Lei sta facendo del terrorismo”, “aspirante alchimista” e per finire “stia zitta e ascolti”. Meno male che Antonio Giordano conclude con parole di speranza, augurandosi che sia ancora possibile cambiare rotta, “bonificando territori e coscienze, puntando sull’uomo e sulla sua umanità” (pag. 180). Molti di noi non sono così ottimisti, nella considerazione che alla ben nota delinquenza si accompagna ormai una micidiale superficialità che viaggia a ritmo di twitter; ma siamo anche convinti che testimoniare le più scomode verità, proprio come hanno fatto Chiarello e Giordano, sia un dovere di tutti.

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Giordano, napoletano è un oncologo, patologo, genetista, ricercatore, professore universitario e scrittore italiano naturalizzato statunitense. Direttore e fondatore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia e professore ordinario di Anatomia ed Istologia Patologica dell’ Università degli Studi di Siena. Ha iniziato la sua carriera di ricercatore nel campo della genetica oncologica nel prestigioso Cold Spring Harbor Laboratory sotto la direzione del premio Nobel James D. Watson. Di recente, si sta impegnando nel rendere noto il collegamento tra l’ambiente inquinato dai rifiuti tossici e l’aumento dei rischi tumorali nella popolazione della Campania. Il suo impegno è testimoniato da oltre 400 lavori scientifici.

Paolo Chiariello, napoletano, è un giornalista di Sky Tg24. Per il canale all news ha curato inchieste sulle infiltrazione della mafia nelle istituzioni al Sud, la faida di camorra per il controllo del business della cocaina a Scampia, la strage dei cittadini africani da parte del clan dei Casalesi, la “Terra dei Fuochi” e il dramma delle morti per l’interramento dei rifiuti in Campania. Nel 2007 ha vinto il premio “Giancarlo Siani”. Ha scritto, tra l’altro, il libro-inchiesta “Monnezzopoli”.

Antonio Giordano, Paolo Chiarello, “Monnezza di Stato. Le terre dei fuochi nell’Italia dei veleni”, Minerva edizioni (collana Clessidra), Bologna 2014, pp. 186. Prefazione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia.

Luca Menichetti. Lankelot,  febbraio 2015