“Die heilige Cäcilie oder die Gewalt der Musik: Eine Legend”, uno dei cinque racconti che poi saranno inseriti nel secondo volume dei Moralische Erzählungen (1811), fu scritto da Heinrich von Kleist come dono per il battesimo di Cäcilie Müller, figlia di un letterato amico. La vicenda, immaginata dallo scrittore tedesco, è ambientata verso la fine del XVI e precisamente «quando la furia iconoclasta imperversava nei Paesi Bassi» (pp.5): era il tempo del cosiddetto beeldenstorm, ovvero la distruzione dei luoghi sacri cattolici attuata dai fondamentalisti calvinisti. Sono proprio quattro fratelli preda dell’intransigenza religiosa le prime figure che appaiono agli occhi del lettore: quattro militanti del movimento iconoclasta che intendono raggiungere la città di Aquisgrana per poi distruggere le immagini del convento di Santa Cecilia. Un luogo in cui le monache appaiono tutt’altro che sprovvedute, ben consapevoli di quello che potrebbe accadere e quindi pronte a chiedere aiuto alle autorità imperiali, ma soprattutto armate della propria fede. Il miracolo infatti avviene nel giorno del Corpus Domini, proprio nel momento in cui i quattro giovani fratelli sono pronti ad entrare in azione. L’esecuzione del Gloria in excelsis, diretta da una rediviva suor Antonia, che poco prima sembrava morente, provocherà qualcosa di inaspettato nell’animo dei fratelli ormai prossimi alla distruzione delle immagini sacre. Un effetto che rimarrà intatto negli anni, anzi precursore di nuove conversioni al cattolicesimo, e che si accompagnerà alla scoperta che il giorno del Gloria erano accaduti altri fatti misteriosi, decifrabili soltanto in virtù di un intervento soprannaturale.
Fin qui, per sommi capi, la trama del racconto che, peraltro, in questi anni è stato più volte ripubblicato a cura di editori come Mondadori, Garzanti, Passigli, Bompiani ed altri. Potrà quindi suscitare interesse la nuova edizione a cura delle Dehoniane di Bologna sia per la nuova traduzione di Francesco Iodice, sia per la presenza della nota di lettura del biblista Gianfranco Ravasi. Nella postfazione, infatti, il racconto viene analizzato a partire dalla lettura di un frammento della Genesi, in particolare di un episodio della vita di Giacobbe nel quale «la musica è la via per trasferirci dall’orizzonte umano e terreno al trascendente e divino» (pp.38). Un’osservazione che risulta strettamente legata alla personalità di von Kleist, «la cui esistenza ebbe costantemente in filigrana l’ansia ossessiva, la depressione, la prostrazione interiore» (pp.39). In altri termini, come scrive Gianfranco Ravasi: «La musica diventava, così, una straordinaria via non solo di lode a Dio nella liturgia ma anche un vero e proprio annuncio e una proclamazione efficace e convincente della fede cristiana» (pp.43). Una lettura quella del biblista incentrata in primis sulle Scritture, di santa Cecilia e sul significato in quanto tale della “potenza della musica”. È uno sguardo parzialmente diverso da quello di altri noti e meno noti critici letterari.
Possiamo citare ad esempio Stefan Zweig che, nel suo “Kleist”, ha scritto che gli eroi dello scrittore tedesco – osservazione coerente con la personalità dei quattro fratelli – «mancano tutti d’equilibrio: con una parte del loro essere sono giù usciti a furia dalla sfera della vita quotidiana, ognuno esagerando la propria passione».[1] Una “mancanza di equilibrio” evidente e che l’autore, come si può leggere proprio nel racconto “Santa Cecilia”, esprime prendendo «a modello il tono della cronaca». [2]
L’adorazione del Crocifisso e la contemplazione mistica che viene ricordata anche nella nota di Ravasi, appare perciò un “eccesso” organico alla personalità e l’arte di von Kleist: «il silenzio dei quattro ex-iconoclasti non può essere colmato a fil di logica […] In tal modo la leggenda chiarisce l’intraducibilità assoluta di quel silenzio: esso non è mancanza, non è pazzia che non possiede se non incompiutamente i meccanismi della ragione: al contrario è un andare al di là. La leggenda non può dirci più di questo».[3]
Parimenti l’esigenza di assoluto di Kleist, che si evince dal racconto, è stata letta in rapporto al tentativo dell’autore di secolarizzare il male, corollario della psicologia e del comportamento umano, pur mantenendo dimensioni metafisiche: «per conseguenza la dissociazione, condizione comune a molti dei suoi eroi, non è solo un sintomo psichico, ma una manifestazione tipica della struttura del mondo».[4]
È anche vero, come ricorda la professoressa Stefania Sbarra, che il racconto di Kleist è stato letto «come esperimento narrativo di composizione polifonica, riflesso quindi delle dispute musicali del Cinquecento sull’efficacia liturgica tra quella forma e la monodia che vedono protagonista Giovanni Pierluigi da Palestrina».[5]
Considerazioni critiche che riconducono ancora una volta a quel significato di “potenza della musica” che Ravasi, al termine del suo scritto, ha voluto suggellare con una citazione dalle “Arcades” (1634) di John Milton: «Quale potenza di pulsione risiede nella musica».
[1] Stefan Zweig, “Kleist”, Tullio Pironti editore, 2015, pp.85.
[2] Id., pp.95.
[3] Enrico De Angelis, “Doppia verità”, Marietti, 1985, pp.79.
[4] László F. Földény, “L’attrattiva del male assoluto” in “Conversione dello sguardo e modalità della visione in Heinrich von Kleist”, Mimesis, 2015, pp. 115.
[5] Stefania Sbarra, “Peccato che fosse buio” in “Conversione dello sguardo e modalità della visione in Heinrich von Kleist”, Mimesis, 2015, pp. 49.
Edizione esaminata e brevi note
Heinrich von Kleist (1777 – 1811), drammaturgo, poeta e scrittore, è considerato tra i maggiori autori della letteratura tedesca. Tra i suoi drammi teatrali si ricordano “La brocca rotta”, “Caterina di Heilbronn” e “Il principe di Homburg”. Celebri il breve saggio “Sul teatro di marionette” e i racconti “Il terremoto in Cile”, “Michele Kohlhaas” e “La marchesa di O…,” tradotto per il grande schermo da Éric Rohmer, Grand Prix Speciale della Giuria al 29° Festival di Cannes.
Heinrich von Kleist, Santa Cecilia ovvero la potenza della musica, EDB (collana Lampi), Bologna 2017, pp. 56, € 7,00. Nota di lettura di Gianfranco Ravasi. Traduzione di Francesco Iodice.
Luca Menichetti. Lankenauta, novembre 2020
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