Rosenthal Chuck

A Ovest dell’Eden

Pubblicato il: 2 Aprile 2014

Leggere A ovest dell’Eden, del famigerato Chuck Rosenthal (Non lo conoscete? Mah, siete proprio degli ignorantoni. Nicola Manuppelli ha tradotto tutta la sua immensa produzione in italiano – compresa quella non ancora scritta, per cui ha avuto una delega immaginativa – e voi nulla. Mah. Sono decisamente perplesso) è come tuffarsi nel Gange durante l’aurora boreale, risalire le cascate del Niagara come un salmone dai superpoteri e fare le parole crociate sulla tazza del cesso. È dunque una lettura che apre porte tra luoghi lontani, porta la mente in un senso unico al contrario, e al tempo stesso è rilassante e comoda, poiché in fondo sei sempre tu, seduto alla tua scrivania, sulla tua poltrona preferita, sul letto, sul seggiolino di un treno, un aereo, sulla spiaggia, su un prato collinare, al sole montanino e via e via.
Chuck Rosenthal è il primo giornalista magico dell’universo, e non potrebbe essere altrimenti, dato che è lui ad aver inventato il “giornalismo magico” (Ci aveva provato con la “non creative poetry”, ma era già stata inventata, anche se è una definizione che avrebbe calzato a pennello per come scrive lui, con quella lotta tra l’etimo di poesia, creazione, e il non creativo, ma questa è un’altra storia… E la trovate nel libro!). Fortunatamente, non è necessario sapere cosa sia il “giornalismo magico” per leggere A ovest dell’Eden e goderne, e soprattutto non si capisce bene cosa sia, questo “giornalismo magico”, se non si legge prima il libro. Almeno, questo è ciò che è successo a me, che mi sono letto la prefazione e le postfazioni cercando di venire a capo di questa cosa magica e che invece mi hanno confuso un po’, fino a che non mi sono deciso e ho letto tutte le pagine scritte fitte fitte e mi è sembrato di capire (Che io sono un po’ duro di comprendonio, spesso).
A ovest dell’Eden, che forse è anche a est del limbo (che pure è soltanto mera ipotesi teologica), racconta le cronache di Shark Rosenthal e della sua famiglia: la moglie Diosa poeta surrealista che insegna all’Università di La-La Holy (come Shark) e la figlia che da un certo momento della sua vita decide di farsi chiamare Gesù. Le loro vite si intrecciano a quelle di tanti altri personaggi, reali, irreali, surreali, iperreali, nomi noti e nomi non noti (a seconda dell’ignoranza di chi legge, ovvio) personaggi dalle storie drammatiche, tragiche, divertenti, in episodi di poche pagine, frammenti di spazi e tempi diversi che si ricompongono come in un puzzle che non si riesce a finire perché…i pezzi appartengono a puzzles diversi, ma tutti narrano la stessa storia: argentini sopravvissuti alle torture dittatoriali che vogliono barche e tette grosse, donne che rivogliono la propria terra (e se la riprendono, fisicamente parlando), studenti e studentesse universitarie che pongono domande affatto banali (“Così come questa storia di fiction e non fiction. Come può una cosa chiamata non, essere vera? Non dovrebbe essere la fiction a raccontare la verità e la non fiction a raccontare ciò che non è vero?” “Oh, spesso è così,” dissi. “Forse lei dovrebbe iscriversi alla facoltà di filosofia.” “Lei dice?” Chiese Rhonda. “Sì,” dissi, “e a quel punto avrebbe un consulente di filosofia.” “Ma è lei il mio consulente, professor Shark: come può qualcosa che inizia con il diciassette essere chiamata diciottesimo secolo?” “Dall’anno uno al novantanove è il primo secolo,” spiegai. “No!” “Sì” “Beh, ecco dov’è il problema allora,” disse Rhonda Riordon. “Senza dubbio,” dissi. pag. 55-56), miracoli da carta di credito e miracoli “veri”, David Bowie e Sting e Robert Downey Jr e William Gass e Chuck Kinder, Serum l’indiano dravidico di Fresno che fa massaggi alle celebrità, la gallina Obsidian, lavorazioni di film piovosi che bloccano traffico e vite per ore e ore, il Sundance Festival e il docu-film su Shark, gite fuoriporta alla Death Valley, i Topanga Days, tutto trova spazio in questo “saggio di giornalismo magico” (è Rosenthal a definire così il libro) zeppo di riferimenti letterari più o meno scoperti (sempre a seconda del grado di ignoranza di chi legge – e della gentilezza del traduttore che in alcuni casi mette note esplicative) e che infila il cervello del lettore o della lettrice in uno shaker per cocktail, ma alla fine il risultato, dopo tutte le scosse, è che i vari ingredienti si sono fusi insieme eppure li puoi ancora distinguere, e a distanza di tempo la tua mente riesce a ritrovarne il sapore: ti basta guardare la copertina del libro, o al più sfogliarlo e leggerne una pagina o due, per accorgerti di qualcosa di nuovo che non avevi notato, che ti lascia un sorriso, il pensiero che questa scrittura sospesa sia molto più delle due parole che il suo inventore ha trovato per definirla.

Due brani dal libro:

“E così eccomi con Diosa alla cerimonia dei premi alla carriera con Leonard Cohen. Cohen ringrazia i Grammy per il modesto interesse riservato al suo lavoro nel corso degli anni. Recita Tower of song e scende dal palco.
“Ho fatto l’autostop da Detroit fino al Québec quando avevo quindici anni”, dice Diosa a Cohen. “Ti ho seguito per una settimana.”
“Sai quante donne me lo dicono?” Dice Cohen.
“Tutte di Detroit?” Dice Diosa.
“Anche di Berlino,” dice Cohen.
Due uomini mi indicano e alzano il pugno. Li indico e alzo il pugno. […] Altri due tipi mi indicano e alzano il pugno. “Ehi, amico, sei proprio un figo,” mi dice uno di loro.
“Grazie,” dico.
“Come mai nessuno ti conosceva al Festival del Libro di Los Angeles, mentre qui sanno chi sei?” Chiede Miko.
“Perché lì io sono solo parole sbiadite su carta sbiadita, sono quasi invisibile. Qui ho un volto e una voce.”
“Pensano che sia qualcun altro,” dice Diosa.
“Non mettetelo nel film,” dico.
“Sei eccitato per domani?” Mi chiede Miko.
“No,” dico. “Odio i Grammy.” Tiro fuori una copia tascabile di Arcano 17 di André Breton. “Ma sono pronto.”
“Quel libro non è nemmeno suo,” dice Diosa. “È mio.”
Stacco sull’ingresso dello Staples Center, dove si celebrano i Grammy. Io, Diosa e Gesù sul tappeto rosso fra le tribune piene.
“Lady Gaga! Lady Gaga!” Un uomo grida a Gesù. Gesù ha i capelli biondi assolutamente fashion. La gente a Los Angeles scatta sempre delle foto pensando sia Lady Gaga. Ora un sacco di persone iniziano a gridare nella sua direzione “Lady Gaga, Lady Gaga!” E cercano di afferrarla. Altri urlano: “Gesù! Gesù!” Gesù tende le mani e li tocca.”
(pag. 95-96)

“Doveva comprarsi una macchina e imparare a guidare. Doveva imparare a guidare qui. E per questo aveva bisogno di parlare con me. Ora le colline al di là della strada avevano l’aspetto di donne incinte sdraiate supine, come Teresita incatenata al letto vicino a quello di lei (poteva vederla attraverso le fessure tra le bende, dove passava il naso), la pancia di Teresita gonfia del figlio della guardia che chiamavano Comadrejito, piccola faina. Bendata, Teresita aveva partorito nello stesso letto di metallo dove Comadrejito le aveva inflitto una scossa elettrica e l’aveva violentata. Bendata, Gabriela fece uscire il bambino con la mano libera, masticò il cavo, si strappò via gli stracci che indossava per avvolgerlo – quel bambino che Teresita aveva portato in grembo e aveva messo al mondo, senza poterlo mai vedere, perché il mattino successivo erano arrivati e glielo avevano portato via e il giorno seguente le avevano sparato nel cortile.
E poi, un giorno, ecco che qualcuno viene a prenderti. Il sole tramonta e non importa quanto a lungo ti ci soffermi. Puoi contare i dolori o le gioie per tutto il percorso che ti porta alla tomba. Ecco la città degli angeli, sotto un cielo sempre più azzurro.” (pag. 65)

Edizione esaminata e brevi note

Chuck Rosenthal è autore di sette romanzi e di vari libri di memorie. È il fondatore della scuola del “giornalismo magico”, genere letterario che lui stesso ha inventato con questo testo, a metà fra la fiction e la cronaca, ma soprattutto connotato da un umorismo surreale e travolgente. Rosenthal è uno dei tanti gioielli nascosti della narrativa americana. Insegna scrittura creativa per il programma Syntext alla Loyola Marymount University e vive a Topanga Canyon, fuori Los Angeles. West of Eden è la sua opera più recente.

Chuck RosenthalA ovest dell’Eden – Cronache magiche da Los Angeles, Traduzione e cura di Nicola Manuppelli, Fidenza, Mattioli 1885, 2013, p. 250, Euro 17,90

Un’intervista a Chuck Rosenthal su minimaetmoralia.

Una recensione su BooksHigway.

ab, lankelot, 2 aprile 2014