L’ennesima grana per la dottoressa Scarpetta questa volta si trova in un container proveniente da Anversa.
Una precisazione per chi fosse nuovo alle avventure della Kay: le “grane” significano perlopiù cadaveri decomposti e serial killer in agguato. Anche questa volta siamo di fronte ad un gran brutto spettacolo fatto di un morto ammazzato e schifosamente decomposto. L’autopsia eseguita dalla sfigatissima Kay non riesce a stabilire le cause della morte e la polizia, ovviamente, brancola nel buio. Gli unici indizi: un nome su di uno scatolone, Loup – garou, Lupo mannaro, e lunghi peli biondi ritrovati su quel corpo disfatto. Si saprà che in Francia una mano criminale sevizia le sue vittime dopo terrificanti rituali e morsi selvaggi. Che sia la stessa mano omicida che ha straziato il cadavere del container?
A questo punto le indagini sarebbero pronte a partire se non che la dottoressa Scarpetta si ritroverà al centro di una biechissima macchinazione: nella corrotta polizia della Virginia, c’è chi vuole la sua rovina. Una lotta di potere la vedrà contrapposta ad una fascinosa virago, Diane Bray.
La trama di “Cadavere non identificato” si arricchisce con le vicende di Lucy, la sua nipotina lesbica, dei ricordi struggenti per il suo ex amante (ovviamente ammazzato) Benton…..
Saranno solo le ultime 100 pagine del romanzo ad affrontare definitivamente la questione del serial killer: Kay e il fido collaboratore Marino voleranno in Francia nella sede dell’Interpoll. Entreranno in gioco un’ insospettabile e facoltosa famiglia criminale, e soprattutto lui, il serial killer, un disgraziato affetto da una rara disfunzione ipertricotica.
Malgrado certe lentezze, certi passaggi piuttosto convenzionali, e nonostante abbia ben poco del “giallo ad enigma”, “Cadavere non identificato” è definibile come “thriller”: obbligo non aggiungere altro. Vi anticipo solo che, mentre le prime 350 pagine non sono propriamente definibili come adrenaliniche, per fortuna il finale si riscatta egregiamente con dei bei colpi di scena, che metteranno fine anche ai problemi causati dalla Bray e dalla Anderson la sua assistente lesbica (tanto per cambiare).
Difficile dare un giudizio sintetico e definitivo sul romanzo della Cornwell. Vi sono personaggi ben delineati e descritti con una certa arguzia: su tutti il capitano Marino, naif quanto basta e la stessa Kay Scarpetta, bella bionda popputa un po’ frollata, alle prese con l’inquieta Lucy, con i suoi amori sfortunati, oltre che essere abile e disinvolta sezionatrice di cadaveri. E poi personaggi fin troppo stereotipati (mi ricordano certi eroi di Wilbur Smith) come Jay Talley, l’uomo con cui Kay avrà una breve relazione (o meglio: du’ colpi) in quel di Parigi.
Altri difetti del romanzo? Non certo la presunta morbosità nel descrivere i cadaverini e decomposizioni assortite: qui c’entra poco l’aspetto letterario ma semmai la personale sensibilità gastrica; e neanche una certa atmosfera di ambiguità sessuale che percorre le pagine del romanzo (non a caso certa critica letteraria parlò di una Cornwell emotivamente molto vicina ad un certo sentire lesbico……)
La scrittura della Cornwell non mi pare si possa definire un esempio di bella letteratura: uno stile non sgradevole, scorrevolissimo ma talora un po’ piatto, schematico; malgrado la sua fama di regina del brivido, la Cornwell tende talora a perdersi in mielosità e sentimentalismi non so quanto coerenti con la struttura del romanzo.
La cosa curiosa è che dai suoi romanzi si evince senza ombra di dubbio il netto sostegno alla forca da parte della Cornwell (lo stesso capita leggendo Edgar Wallace); convinzione del resto pubblicamente dichiarata dalla scrittrice. Difficile cogliere quelle che a noi europei possono sembrare contraddizioni, che in questo caso possono toccare anche i contenuti e la scrittura di un romanzo, senza tentare di comprendere la psicologia di un americano.
Mi chiedo: “Cadavere non identificato” (1999) senza le ultime 100 pagine, Marino e un po’ di Kay sarebbe realmente definibile come uno dei capolavori thriller di questi ultimi anni, secondo quanto generosamente ci informa la Mondadori? Non credo proprio. La Cornwell, pur con i suoi difetti, di cui ho brevemente tentato di dare conto, ci ha regalato prove migliori. Provaci ancora Patricia.
Edizione esaminata e brevi note
Patricia Cornwell, Cadavere non identificato, Mondadori (“I Miti”), Milano 2001
Recensione già pubblicata su ciao.it il 14 marzo 2003
Luca Menichetti. Lankelot, dicembre 2006
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