Turati Alessandro

Quori cuadrati

Pubblicato il: 30 Novembre 2020

Per decifrare un romanzo anomalo – anzi più che anomalo – come “Quori cuadrati”, e soprattutto per azzardare una sorta di recensione di quelle serie, potremmo prendere spunto proprio dall’inizio, ovvero da una lunga citazione tratta da Henry Laborit, l’autore di “Elogio della fuga”: “L’immaginazione, funzione specificatamente umana che permette all’uomo, e a nessuna altra specie animale, di mettere in forma, di trasformare il mondo che lo circonda; l’immaginazione, unico meccanismo di fuga, unico modo per evitare l’alienazione ambientale, soprattutto a livello sociale, e perciò utile al drogato, allo psicotico, ma anche a chi crea sul piano artistico o scientifico; l’immaginazione, il cui antagonismo funzionale con gli automatismi e le pulsioni, fenomeni inconsci, è probabilmente all’origine del fenomeno della coscienza”. In pratica, se abbiamo capito bene, l’uomo per riconciliarsi con la normalità deve cercare l’anormalità; e quindi per essere se stesso deve riuscire ad essere anomalo grazie ad una sua fuga attraverso l’immaginazione nella realtà, non dalla realtà. Potremmo anche considerare, senza troppe divagazioni filosofiche, “Quori cuadrati” un esempio contemporaneo di letteratura surrealista; che però è genere letterario classicamente inteso ad offrire immagini e idee contrastanti col “fine di guidare il lettore ad ampliare la concezione della realtà”. Od ancora un esempio di letteratura dell’assurdo, affermazione della mancanza assoluta di senso.

Eppure Turati, se andiamo a leggere una sua recente intervista al Mattino, un senso alla sua opera, seppur alla sua maniera – forse – lo ha dato: “Poi mi sono trasferito in Grecia per lavoro ed è successo che quella storia inventata è più o meno successa. Ho anticipato il mio futuro e ovviamente questo mi ha inquietato. Oppure, ragionandoci, potrebbe essere normale: l’immaginazione ha modificato i miei pensieri e i miei comportamenti – come accade dopo esperienze concrete – e mi ha predisposto e veicolato verso l’inevitabile. In qualche modo avevo sviluppato una nuova sensibilità in grado di attrarre qualcuno di quel genere”. Insomma, alla fin fine potremmo definire “Quori cuadrati” semplicemente un’opera turatiana e basta. Perché quello che davvero attrae e piace della storia di Uno Markovic, di padre serbo e madre italiana, è la folle sarabanda di humour nero, spesso nerissimo, di situazioni nonsense, e soprattutto imprevedibili, di fronte alle quali il lettore non sa bene se sia il caso di mettersi a ridere oppure di commuoversi.

Tanto per far capire quanto Uno sia immerso nel suo mondo, subito dopo essere stato a Messa e aver passeggiato beatamente (“Tutt’intorno, un gran silenzio tranne il cicalare di un semaforo pedonale. La pace”): “Accendo la macchina e faccio retromarcia. Investo una vecchia. Sento il rumore sordo della scatola cranica che cade contro l’asfalto. Scendo, la raccolto e la metto seduta nell’aiuola. Le reggo la testa con due dita sotto il mento. Tolgo le dita e la testa rimane su. È il modo più semplice per distinguere chi è vivo da chi è morto” (pp.20).

Immerso in un mondo che, prima di tornare ad una presunta normalità – a conti fatti la storia di Uno termina con il capitolo “Epilogo – La normalità. Giugno 2019 -, vedrà il nostro eroe alle prese con l’amore per Def, travolgente, finito prima male e poi tragicamente; passando per altri incontri erotici sentimentali che è impossibile capire se, pur distorti, siano stati reali o semplicemente immaginati e frutto di una alterazione mentale. Come quando leggiamo, “Oggi devo uccidere mio padre”, parricidio voluto dallo stesso genitore; oppure l’incontro a dir poco affettuoso con la ragazzina senza gambe e con diastema (che forse ritroviamo con nome e cognome nelle vesti di illustratrice del libro); oppure ancora, al tempo della frequentazione con Easter, la ragazza di dodici centimetri, le immagini dell’isola greca che ricordano qualcosa di De Chirico. In fondo il bello della lettura di “Quori cuadrati” – il titolo dice già qualcosa – è l’assoluta imprevedibilità delle vicende raccontate da Turati, ammesso che si possano definire vicende e non piuttosto geniali deliri.

Edizione esaminata e brevi note

Alessandro Turati, è nato a Lecco nel 1981. Laureato presso l’Università degli Studi di Milano, ha vissuto a Inverigo e ha lavorato come operaio. Tra le sue opere: Le 13 cose (Neo Edizioni, 2012), Briciole dai piccioni (Neo Edizioni, 2016)

Alessandro Turati, “Quori cuadrati”, Neo edizioni (collana “Iena”), Castel di Sangro 2020, pp. 176.

Luca Menichetti. Lankenauta, novembre 2020