Travaglio Marco

Ad personam

Pubblicato il: 26 Febbraio 2011

“Qualche giorno dopo la dalemiana Anna Finocchiaro verrà sorpresa da un cronista de L’espresso mentre si scusa con l’onorevole avvocato Ghedini, che le chiede un atteggiamento morbido, senza ostruzionismi, sulla Cirami: «Cercate di capire i nostri problemi…a partire dai girotondi». Una frase che la dice lunga sulla voglia del centrosinistra di fare opposizione” (pag. 221). Una frase che ne ricorda anche altre tipo “non alziamo i toni altrimenti si favorisce Berlusconi”, oppure “opporsi in questo modo è controproducente” e via dicendo. L’episodio, uno dei tanti che troviamo nel libro di Travaglio, ci conferma quanto abbiamo sempre pensato: i cosiddetti toni non c’entrano nulla col favorire o meno l’avversario in quanto loro, i presunti oppositori riformisti e radicali, l’avversario, forse neppure tanto avversario, lo favorivano direttamente e senza troppe preoccupazioni sulle tonalità usate. L’argomento di “Ad personam”, se leggiamo il titolo per intero, “1994-2010. Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia”, appare da subito chiaro, senza che vi sia bisogno di aprire la copertina del libro: la cronaca puntuale delle cosiddette leggi ad personam, ideate, votate e fruite da destra e sinistra in un perenne e poco virtuoso inciucio.

Leggi che non vengono emanate soltanto a partire dal 1994 (a parte il cosiddetto “salvaladri” in piena tangentopoli, si pensi alle numerose leggi ad “aziendam”, alle sanatorie per togliere sindaci e imprenditori dai guai, alla legge Mammì sulle le frequenze televisive e così via) ma che dal momento della discesa in politica di un imprenditore con problemi giudiziari e forte di elettori per i quali “chissenefrega se si fa gli affari suoi, l’importante è che faccia anche i miei”,  diventano una consuetudine ed aumentano in maniera devastante; non fosse altro che la cosiddetta opposizione ha sempre avuto buoni motivi per non contestare ed anzi favorire una normativa ad personam che con qualche aiutino poteva diventare ad personas e ad castam. Da qui la frase, quanto mai coerente, “una mano sporca lava l’altra”.

E’ anche vero che la presenza di Berlusconi in politica, malgrado le recenti disgrazie e auspici di “nuovo CLN”, per anni è stata considerata con favore da esponenti del centrosinistra (si vedano le dichiarazioni di prodiani come Rovati): veniva lodato senza troppe remore in quanto funzionale al nostro bipolarismo marmoreo, in cui diventava eresia la sola ipotesi di partiti o alleanze alternative al centrosinistra e centrodestra presenti in quel momento (potremmo dire un modo per delegittimare una possibile concorrenza elettorale) e di conseguenza si raccontava in maniera fasulla l’organizzazione politica ed elettorale delle altre democrazie occidentali. Tutto questo però non è preso in considerazione dalle cronache di Travaglio, anche se le mistificazioni sui sistemi elettorali e sulla natura delle istituzioni non sono disgiunti dai motivi per cui le leggi ad personam non hanno avuto alcuna opposizione: sono pur sempre modi per preservare privilegi e potere in maniera trasversale.

L’autore, piuttosto che fine analista politico, si dimostra molto più abile come cronista giudiziario, grazie anche ad un temibile archivio, e, pur riprendendo temi e vicende già trattate in maniera estesa in altre sue opere, è evidente come “Ad personam” si incentri sulle motivazioni, sull’iter parlamentare e sugli effetti di  provvedimenti legislativi che il mondo civile ci guarda tra stupore e sgomento (le imprecisioni si contano sulle dita di una mano e tutt’al più risalta a pag. 117 il senatore PPI Cecchi Gori attribuito alla Lista Dini). A rigore quanto presente nel libro non sono rivelazioni o scoperte inimmaginabili: qualcosa è stato riferito al tempo da alcuni quotidiani, seppur senza gli approfondimenti di un mastino come Travaglio, e comunque le marachelle di lorsignori erano consultabili in atti giudiziari e nei resoconti parlamentari; ma, come per le opere pubbliche farlocche spacciate come obbligatorie e indispensabili, le notizie più imbarazzanti sono state annegate tra editoriali surreali (quello che realmente può orientare l’opinione pubblica che crede di informarsi) e sono state presto dimenticate col passare del tempo, tanto più se conosciute in termini quanto mai vaghi. “Ad personam”, opera che si potrà pure criticare come ripetitiva rispetto “Bavaglio”, “Inciucio” ed altri, riesce però ad ovviare a questo interessato silenzio dei media su una politica legislativa che avrebbe dell’incredibile, se non ci trovassimo in Italia. Il trattamento riservato alla cosa pubblica da parte dei nostri statisti mi ricorda sempre una reclame che faceva “ti piace vincere facile?”. Poi ha poco senso rispondere: “ma non è mai stato condannato”.  Frase degna di Monsieur De La Palisse.

Così il fatto di evitare la galera depenalizzando il reato di cui si è accusati e dimezzando i termini di prescrizione; oppure ancora estendendo un indulto nato per ovviare all’affollamento delle carceri a coloro (reati dei colletti bianchi) che tutt’al più avrebbero avuto gli arresti domiciliari. Oppure ancora aumentare il proprio patrimonio grazie a condoni, risolvere per legge l’indebitamento di aziende personali, addossare all’erario (quindi alle nostre tasche) opere inutili affidate a imprenditori amici e magari a se stessi mediante prestanomi, e così via. Ecco dove sta il “vincere facile”  e la “privatizzazione della democrazia”.. Ci sono brevi passaggi in “Ad personam” che sintetizzano perfettamente la situazione: “La legge 31 luglio 2006 n. 241 che concede l’indulto viene firmata quel mattino dal presidente Napolitano ed entra in vigore il primo agosto. Il primo detenuto ad uscire dal carcere palermitano dell’Ucciardone è un ladruncolo che dichiara: «Ringrazio i grani ladroni che hanno consentito di uscire anche a noi»…” (pag. 354). Nel leggere il libro, e a rigore anche senza leggerlo le persone informate avrebbero dovuto capirlo da tempo, ci si rende conto però come “ladroni” sia espressione un po’ ingenerosa, troppo naif per degli autentici professionisti della truffa.

Gli escamotage giuridici creati per salvarsi le terga e per rimpolparsi i patrimoni sono stati spacciati in una maniera a volte così fumosa ed accompagnati da tali petizioni di nobili principi (in questo senso sono funzionali i soliti editorialisti a cottimo) che è anche comprensibile come tutto sia passato sotto silenzio. I cittadini, anche quelli poco propensi ad accettare il “chissenefrega  se si fa gli affari suoi” ed invece propensi ad informarsi nel deserto dell’informazione, non potevano rimanere lucidi ed attenti davanti a complicatissime manovre societarie, tecnicismi giuridici tali da essere compresi solo da esperti del settore o da lettori molto volenterosi. Così, sempre per preservarsi dal rischio della galera, è passata la riforma bipartisan dell’art. 111 C. per sanare la bocciatura da parte della Corte Costituzionale dell’art. 513 ccp (“prove abolite per legge”); ed è stata furbescamente chiamata “giusto processo”. Così  quella “bozza”, che prese il nome dal proponente, parlamentare dei verdi e già Lotta Continua, della quale Licio Gelli disse: “Il piano di rinascita democratica? Me lo stanno copiando con la bozza Boato”. In “Ad personam” si racconta di tutto quello che i nostri legislatori, magari in emergenza, hanno emanato senza neppure preoccuparsi di mascherare con nobili principi o tutt’al più spacciando la porcata come soluzione obbligata e male minore.

In fondo uno dei metodi usati per far passare le leggine ad personam (si veda la questione immunità dai processi) è sempre stato il minacciare sfracelli, lanciando anatemi verso un giustizialismo che ancora non si capisce se sia metodo giacobino o – addirittura – pretesa di legalità, per poi ottenere una soluzione di compromesso, magari estranea ai precedenti progetti di devastazione totale della giustizia, ma comunque utile ai propri fini e col consenso di quell’opposizione presunta che così poteva sbandierare di essersi piegata al male minore. L’elenco è lunghissimo: si parte dal decreto Biondi (detto “Salvaladri 2”) per continuare – tra i tanti – con la lunga serie di condoni fiscali ed edilizi, col decreto legge 357/94 (legge Tremonti) che –guarda caso-finisce per detassare Mediaset, la scomparsa nel 1997 dell’abuso d’ufficio “non patrimoniale”, il falso in bilancio “in modica quantità”, la legge sulle rogatorie, la cosiddetta ex Cirielli, tutti i provvedimenti emanati o tentati per bloccare il processo a Previti, la “contra personam” ovvero l’emandamento Bobbio per impedire la nomina di Caselli come procuratore nazionale antimafia, per giungere alla “salva – generali” in occasione del processo su Nassyria, ai progetti del nuovo ordinamento giudiziario, all’uso delle intercettazioni.

Leggere tutto insieme, anche per chi in questi anni non si è risparmiato nell’informarsi e nell’approfondire le marachelle dei nostri onorevoli, può davvero impressionare. Proprio per questo ritengo siano tutt’altro che esagerate le citazioni presenti nell’introduzione al libro. Eccole: “Il male minore non esiste: è una porta aperta verso il prossimo male peggiore” (P.Sylos Labini),  e, dopo alcune righe molto eloquenti dell’autore (“Si cambiano le parole per cambiare la storia e la realtà. Si parla di riforme per non dire impunità. Si parla di dialogo per non dire racket. Si parla di pacificazione per non dire estorsione”), “Distruggere, trucidare, rubare: questo, con falso nome, chiamano impero. E là dove hanno fatto il deserto, l’hanno chiamato pace” (Tacito).

Edizione esaminata e brevi note

Marco Travaglio scrive per Il Fatto, l’Espresso, A, Micromega, dopo aver collaborato per anni al Giornale diretto da I. Montanelli, Repubblica, l’Unità. Tra suoi più recenti successi “Mani sporche (Chiarelettere 2007, con Gianni Barbacetto e Peter Gomez). Altri suoi libri, tra i tanti, sono La scomparsa dei fatti, Uliwood party, Montanelli e il cavaliere, Intoccabili, L’odore dei soldi, Bravi ragazzi, Se li conosci li eviti, Italia anno zero, Papi, Uliwood Party, Promemoria, Colti sul Fatto.

Marco Travaglio, “Ad personam. 1994-2010. Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia” , Edizioni Chiarelettere 2010, pag. 587

Recensione già pubblicata su ciao.it il 26 febbraio 2011 e qui parzialmente modificata

Luca Menichetti. Lankelot, febbraio 2011