“Quando – con un gruppo di animosi compagni di lavoro che non volevano restare al Giornale, ormai avviato a diventare un organo di partito – fondai la Voce, non avevo la pretesa di mettermi in concorrenza con quella di Prezzolini che, nella storia della cultura italiana, rappresentò una svolta tra le più decisive. Di Prezzolini – a parte la filiale amicizia che a lui mi legò – credo di aver ereditato parecchie cose, e innanzitutto quello che Gramsci chiamò, evidentemente condividendolo, il pessimismo della ragione. Ma non quello dell’azione. Che la borghesia italiana, dato il suo livello culturale, scambiasse per Destra il papocchio presentatole come tale dal cosiddetto Polo delle Libertà, non mi stupiva, anzi, lo trovavo del tutto in carattere col suo carattere o mancanza di carattere” (pp.7). Queste le parole di Indro Montanelli quale premessa ad un breve libro edito nel 1995 dal Mulino, che raccoglie i più noti e i più pungenti editoriali del giornalista toscano durante l’esperienza della Voce. Ed ancora: “In questi miei articoli non si cerchino pregiudiziali ideologiche per la Destra – quella che ‘non c’è’ – non è un’ideologia. È un codice di comportamenti ispirati al senso dello Stato come religione laica, al rigoroso sacrificio di ogni interesse personale a quello pubblico, al rispetto al diritto, altresì al dissenso: insomma a quei principi etici e di costume civile di cui la Destra ‘che c’è’ rappresenta la flagrante negazione” (pp.9)
Anche chi non fosse stato testimone di quel tempo, oppure se lo fosse dimenticato, potrà cogliere lo spirito polemico, profondamente deluso, disincantato che animarono i commenti di Montanelli sulle vicende del primo governo Berlusconi, sullo smembrarsi della maggioranza di destra, sulla guerra ai magistrati di Mani Pulite. Insomma il ritratto di un uomo che si era illuso di essere riuscito, per anni, a mantenere, e magari pure a convertire, i suoi lettori del Giornale – parole sue – molto più a destra ed estremisti di lui, ad un confronto politico autenticamente liberale, ragionevole e moderato. Un incoraggiamento alla moderazione e all’autentico liberalismo di cui chiaramente non si fecero carico i suoi ex collaboratori, quelli che gli voltarono le spalle e scelsero di appoggiare, apparentemente con entusiasmo, il Cavaliere. Oltretutto – ricordiamo cosa successe nel 2001, poco prima della morte di Montanelli – trattandolo come un vecchio rincoglionito ormai venduto ai comunisti.
Perché allora rileggere questa breve antologia di editoriali dopo tanto tempo? Sicuramente per la qualità degli articoli che, pur scritti in tarda età, rimangono sempre stilisticamente impeccabili e che possono insegnare ancora molto agli aspiranti giornalisti. E poi per ricordare qualcosa delle idee e della personalità di Montanelli, complessa, contraddittoria, che certamente non si può archiviare con le semplici affermazioni di chi si limita ad omaggiare od infamare.
Non sappiamo, se fosse ancora vivo, come potrebbe reagire alle feroci polemiche sul suo madamato con Destà (episodio noto da sempre e improvvisamente riscoperto sulla scia dei Black Lives Matter di casa nostra), agli insulti sanguinosi (criminale, pedofilo, fascista) sui social e da parte di tanti maitre a penser di sinistra, dopo essere stato coccolato per anni quale baluardo dell’antiberlusconismo. Come non sappiamo come reagirebbe adesso alla sua santificazione, evidente risposta strumentale agli insulti provenienti da sinistra, questa volta da parte dei sovranisti e dei loro intellettuali di riferimento, per lo più giornalisti. Esempio lampante una recentissima pubblicazione dedicata ad omaggiare la figura di Montanelli direttore del Giornale, dove gran parte degli attuali laudatori sono i suoi avversari di ieri e che oggi si guardano bene dal ricordare le feroci polemiche del Montanelli antiberlusconiano.
Non lo sappiamo, ma, avendo seguito per anni la carriera di Montanelli, possiamo comunque immaginare che avrebbe archiviato tutto con qualche battuta sferzante. Come possiamo leggere in “Una Voce poco fa”: “Resta solo in noi un dubbio, ma angoscioso: e se gli imbecilli fossero la maggioranza?” (pp.84).
Edizione esaminata e brevi note
Indro Montanelli, (Fucecchio 1909 – Milano 2001), giornalista. Inviato speciale del “Corriere della Sera”, fondatore del “Giornale nuovo” nel 1974 e della “Voce” nel 1994, è tornato nel 1995 al “Corriere” come editorialista.
Indro Montanelli, “Una Voce poco fa”, Il Mulino (collana “Tendenze”), Bologna 1995, pp.96.
Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2020
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