Staino Sergio

Alla ricerca della pecora Fassina

Pubblicato il: 24 Aprile 2016

Abbiamo sempre guardato con grande interesse a quella che lo stesso Staino definisce “carne viva delle contraddizioni ideologiche” dei compagni ex comunisti – o pur sempre comunisti -, più che mai ora che il partito di riferimento, PD, è in mano ad un personaggio come Matteo Renzi. Un segretario-premier che, fosse nato soltanto un po’ più a nord, sicuramente non avrebbe avuto remore a intestarsi la legittima successione a Berlusconi. Contraddizioni di cui Bobo-Staino (“un uomo mediamente retto, un militante appassionato ma non fazioso, un tesserato critico ma sostanzialmente fedele alle direttive del suo partito”), nel suo viaggio “Alla ricerca della pecora Fassina”, sembra essere del tutto consapevole; e che il linguaggio satirico di questo romanzo a fumetti, con tutti i suoi “componenti di moralismo e di canzonatura” (cit. Italo Calvino), rende palesi.
Il tentativo eroico di recuperare la pecorella smarrita Fassina diventa così un viaggio dantesco nel bailamme della politica italiana: incontri surreali e inquietanti con Grillo, Casaleggio e i loro fedeli, con Molotov tentato dai 5 Stelle, con Matteo premier che fa il “bomba” e non fa nulla per smentire  di essere un berlusconiano travestito, con Veltroni che sbrocca confondendo fiabe e realtà, con Verdini che si riscopre repubblicano e riformista, con Scalfari e Prodi ormai imprigionati in un universo parallelo. Virgilio della situazione è lo zingarello Marlonbrando che, almeno agli occhi del lettore non militante, probabilmente rappresenta il buonsenso ormai perduto.
Staino ha ancora molte frecce al suo arco, i suoi personaggi possono strappare la risata, ma chi legge potrà rimanere col dubbio: ad essere smarrito è la pecora Fassina, Bobo-Staino o tutti e due?
Un dubbio che però viene in parte accantonato di fronte ad una certezza: il partito, costi quello che costi, non si abbandona mai. Maurizio Viroli, professorone gufo, direbbe: secondo Bobo e i suoi simili, messi di fronte la scelta tra fedeltà alle istituzioni repubblicane e fedeltà al partito, deve prevalere sempre e comunque il partito.

Una scelta di fondo che fa scrivere a Ellekappa- Laura Pellegrini di un “Sergio Staino inguaribile ottimista”; ma che, sconcertato e deluso dai suoi compagni-pecorelle smarrite, mette in bocca al suo Bobo parole ben poco concilianti: “Invece di andarsene come tante prime donne” (pp.212).
La ricerca della pecorella, neanche troppo surreale, diventa davvero satira quando, malgrado le tante parole esplicite di Bobo-Staino, trapela una sorta di autocritica e la consapevolezza che l’unica certezza è il partito e la necessità di valorizzare la “battaglia interna”, mentre il resto ormai è un tutto enigma, con relative domande senza risposta: il Pd è ancora realmente di sinistra?  Renzi è un clone di Berlusconi oppure è “la malattia infantile del dalemismo”? De Angelis, il direttore dell’Unità, è un giornalista? Noi, che invece non siamo militanti ma semplici lettori, qualche risposta ce la siamo data, e anche da tempo.
Non possiamo anticipare più di tanto ma è chiaro che il generoso tentativo di Bobo-Staino, alle prese con un’umanità più svalvolata che dolente, non porterà grandi frutti; e alla fine leggiamo un agghiacciante epilogo datato 2035 dove ognuno si sarà meritato la sua bella dose di disgrazie.
Da questo punto di vista, proprio perché il nostro autore ha voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, ci è piaciuta poco la vignetta dedicata a Marco Travaglio: a quanto pare la polemica sul Vichinsky de noantri non si è affatto placata. L’antipatia smodata nei confronti di un giornalista difficilmente etichettabile si può anche comprendere: il direttore del Fatto da tempo ormai ha preso di mira il sedicente partito democratico e ha raccontato, come del resto vuole il ruolo di giornalista, fatti e misfatti che fanno apparire la dirigenza di quel partito come un’accozzaglia di cialtroni disonesti. Tant’è alle prese con la “bocca della verità che tritura mano e braccio” avremmo visto meglio De Angelis, che pure durante la “ricerca della pecora” non è stato trattato benissimo: non direttore ma “diffusore”.
Limiti ideologici di un vignettista militante forse in crisi e che, ripetiamolo, alla fin fine non impediscono qualche sana risata, memori dei tempi gloriosi di “Tango”.
Limiti che probabilmente non sono riconosciuti come tali da ellekappa, l’autrice dell’introduzione.
Anzi possiamo leggere qualcosa che, temiamo, sia invece considerata una verità e non un paradosso: “Riassunto dei tre più grandi insegnamenti che si traggono alla fine della storia: […] il peggiore dei governi di sinistra [ndr: anche se è sinistra solo nel nome] è comunque sempre migliore del miglior governo di destra” (pp.10). Ancora una volta è lo zingarello Marlonbrando, che risponde a Bobo proprio su questa affermazione, a mostrare il volto più ragionevole: “Che te devo di’…me pare una stronzata” (pp.80). Appunto.

Edizione esaminata e brevi note

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE:

Sergio Staino, (Piancastagnaio, 1940) disegnatore, fumettista, regista, ha inventato Bobo, apparso per la prima volta nel 1979. Nel 1986 ha fondato e diretto il settimanale satirico “Tango”.

Sergio Staino, “Alla ricerca della pecora Fassina. Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni”, Giunti Editore (collana Scrittori Giunti), Firenze 2016, pag. 288. Introduzione di elkappa.

Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2016