Esiste un intero filone della letteratura americana che si occupa di distruggere la tradizionale narrazione del famoso “sogno americano”. Nulla di nuovo: a livello musicale, infatti, basta solo pensare a molte delle canzoni di Bruce Springsteen, spesso vecchie di qualche decennio, dove appunto la mistica narrazione del “working man” che riesce a provvedere per sé e la sua famiglia solo con duro lavoro e buone intenzioni viene decostruita e fatta a pezzi.
Willy Vlautin non è nuovo a questa tematica, come dimostra il suo altro libro recensito, sempre dal sottoscritto, qui su Lankenauta, “Motel Life”: storie di persone della classe media che sognano semplicemente di vivere una vita normale, dignitosa, ma che incontrano solo ostacoli in una società che sembra dare sempre di più a meno persone e sempre di meno alla maggioranza.
“La notte arriva sempre” si svolge nel corso di due giorni e due notti che però sembrano racchiudere un’intera esistenza. La protagonista è Lynette, una trentenne che vive a Portland con sua madre e il fratello Kenny, affetto da una disabilità mentale che praticamente lo ha bloccato ad un’età di tre anni.
Il padre di Lynette li ha abbandonati da tempo, anche se vive ancora a Portland e ad un certo punto entra pure in scena. La casa in cui vivono è ormai fatiscente ma il padrone ha promesso di vendergliela ad un prezzo accessibile sempre che riescano a farsi dare un mutuo. Con questo obiettivo in mente, Lynette ha lavorato duramente per tre anni, facendo sacrifici che le hanno permesso di mettere da parte un bel gruzzoletto, quasi sufficiente per pagare la caparra e convincere la banca a dargli un mutuo. Quando però si arriva al momento dei fatti, sua madre si tira indietro e questo causa una serie di eventi che porteranno Lynette alla ricerca disperata dei fondi mancanti nei posti più bui della periferia di Portland.
La vicenda è spesso accompagnata da riferimenti al passato di Lynette, in particolare la sua infanzia e poi adolescenza, fino alla depressione che l’ha colpita, rovinandone la vita sentimentale e portandola a diversi tentativi di suicidio. Uno spettro, quello della depressione, di cui la nostra protagonista è ben consapevole e che deve sempre tenere a bada, “il buio”, come lo chiama, ed è forse un riferimento sottile al titolo stesso del libro.
Come l’autore spiega nei ringraziamenti finali, la tematica della casa, della difficoltà di averne una, dei prezzi stellari che il mercato immobiliare di Portland sta vivendo, insieme alle sue altre problematiche, lo toccano da vicino. C’è quindi un elemento autobiografico in tutto il libro e forse questo si palesa in modo più chiaro nelle parole della madre di Lynette, che soprattutto nelle pagine finali del libro si lancia in accorate critiche verso tutto il sistema: ”Non è questo il sogno americano? Fottiti chiunque ti trovi tra i piedi e prenditi quello che vuoi. Io ho finito a malapena le superiori ma se ho qualche ricordo di storia, è questo. Le persone di cui si parla sono quelle che prendono…La terra dei liberi e tutto quel mucchio di merda. Si tratta solo di uomini che si prendono quello che vogliono e lo giustificano come gli fa più comodo così possono alzarsi la mattina e prenderne ancora di più…”
Un libro veramente ben scritto, con un ritmo veloce e costante che lo rende sempre interessante e che stimola la curiosità del lettore. Un viaggio nei bassifondi di Portland, popolato da personaggi ben costruiti e che si ergono quasi ad archetipi del fallimento di un sistema ormai fuori tempo e dannoso per la maggior parte della popolazione.
Lo consiglio a chi ha già letto alcuni romanzi di Willy Vlautin e a chi crede ancora al sogno americano per tutti.
Edizione esaminata e brevi note
Willy Vlautin, nato e cresciuto a Reno, in Nevada, è uno scrittore e musicista (leader dei Richmond Fontaine, ora membro dei Delines). È autore di sei romanzi: Motel Life (Jimenez 2020), Verso Nord (di prossima pubblicazione per Jimenez), La ballata di Charley Thompson (Mondadori 2014), Io sarò qualcuno (Jimenez 2018), The Free e La notte arriva sempre (Jimenez 2019 e 2021). Da La ballata di Charley Thompson è stato tratto il film Lean on Pete di Andrew Haigh, uscito negli Stati Uniti nel 2017; da The Motel Life è stato tratto il film omonimo (2012) diretto dai fratelli Alan e Gabe Polsky, con protagonisti Emile Hirsch e Stephen Dorff. Il film è stato presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2012, dove ha vinto il Premio del pubblico e il Premio per la miglior sceneggiatura. Nel 2019, con Io sarò qualcuno, è stato finalista al Pen/Faulkner Award, uno dei più prestigiosi premi letterari degli Stati Uniti.
Willy Vlautin, “La Notte Arriva Sempre”, traduzione di Gianluca Testani, Jimenez Edizioni, Roma, 2021.
I libri di Willy Vlautin in Lankenauta.
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