McIlvanney William

Docherty

Pubblicato il: 2 Agosto 2021

Un romanzo aspro, duro ma con un grande cuore, proprio come i suoi protagonisti.

Ci troviamo nella Scozia occidentale, in una piccola cittadina di minatori, la vicenda parte dal 1906 e segue le vicende della famiglia di Tam Docherty, della moglie Jenny e dei figli Mick, Angus, Kathleen e Conn.

La narrazione avviene in terza persona ma sposta continuamente l’attenzione sui differenti personaggi e abbiamo così un’ampia panoramica su ciascuno di loro, così come anche gli altri abitanti della cittadina. Tam è una figura di un certo rilievo nella comunità locale: di origini cattoliche irlandesi, cerca di tirarsi fuori dall’aspro conflitto che vede coinvolti cattolici e protestanti, rischiando anche di essere emarginato dalla comunità. Quasi comico al riguardo, è l’incontro tra di lui ed un prete particolarmente insistente che bussa alla porta di casa sua.

Tam ha lavorato per tutta la sua vita in miniera ma vorrebbe che i suoi figli riuscissero a tirarsene fuori. Si troverà in conflitto con il figlio Angus che invece lascerà presto gli studi, dotato di una forza fisica fuori dal comune e impaziente di diventare uomo e lavorare anche lui in miniera. Il figlio Mick invece partirà per la prima guerra mondiale e ne tornerà ovviamente profondamente cambiato, come descritto in modo molto esemplificativo in questo paragrafo:” Invece non era affatto tornato. Era in mezzo a estranei. Quando loro credevano di toccarlo, lui non sentiva nessun contatto. Si guardò in giro nella stanza. C’erano i suoi familiari e gli amici. Si erano riuniti tutti, senza preavviso, per dargli il benvenuto. Sapeva che erano tutti gentili e generosi ma provava verso di loro una rabbia amara, cupa. Indipendentemente da ciò che era accaduto, tutto quello che loro potevano offrirgli era il loro calore. La loro bontà gli pareva impossibile. L’unico contatto che riusciva a stabilire era, a volte, con gli occhi di Conn, come se questi stesse onestamente cercando di capire chi fosse”.

La vicenda segue momenti differenti della vita della famiglia, quello centrale è forse lo sciopero dei minatori del 1926 a cui si unirono anche altre categorie professionali e che vede le tensioni crescere anche nella famiglia Docherty, dove il padre e in particolare il figlio Angus arrivano spesso al confronto diretto, in una sorta di competizione a chi emana più testosterone.

L’autore, lo scozzese William McIlvanney, a sua volta figlio di minatori, è stato uno dei migliori scrittori scozzesi contemporanei ed è evidente come aggiunga molti elementi biografici in questo romanzo, insieme ad una particolare attenzione al ruolo della classe lavoratrice e la sua continua lotta per avere più diritti e migliori condizioni.

La narrazione è ben equilibrata e quasi pittorica nel modo in cui ci dà una descrizione dettaglia della cittadina, dei pub, dei suoi abitanti e soprattutto delle dinamiche familiari in casa Docherty. Un mondo dove gli uomini sono duri ma di buon cuore, dove vige una sorta di iper mascolinità che li porta a fare a pugni, a cercare di ergersi a primo del branco ma che alla fine li porta a concludere che si trovano tutti nella stessa situazione e che uniti, forse possono migliorare la vita di tutti.

La storia si conclude in modo agrodolce, con i figli di Tam e Jenny ormai cresciuti e che danno una direzione alla loro vita, cercando di uscire da quel cerchio d’inevitabilità che riportava inevitabilmente alla miniera e che ha inghiottito la vita della maggior parte degli uomini del villaggio, tra cui il loro padre. Un romanzo che forse prima di tutto parla di famiglia e in secondo luogo della classe lavoratrice.

Lo consiglio agli appassionati di letteratura britannica e a coloro che amano le storie familiari.

Edizione esaminata e brevi note

William McIlvanney, (Kilmarnock, 1936 – Glasgow, 2015) è uno dei maggiori narratori scozzesi contemporanei. È autore di raccolte di poesie, di saggi e articoli giornalistici e di diversi romanzi a sfondo sociale, con i quali lo scrittore si inserisce nella tradizione letteraria del Glasgow’s Novel.
Tra i suoi romanzi ricordiamo: Laidlaw e Le carte di Tony Veitch (premiati entrambi con il Crime Writers’ Silver Dagger Award), The Big Man, Feriti vaganti (Glasgow Herald People’s Prize e Bafta Award), La Fornace (Saltire Scottish Book Award). Con Docherty, William McIlvanney ha vinto il prestigioso Whitbread Award for Fiction.

William McIlvanney, “Docherty”, traduzione e postfazione di Carmine Mezzacappa, Paginauno Edizioni, Lissone (MB), 2021.