“Ostuni, musica alta alle 4 di notte: ex assessore scende in strada e distrugge la cassa a bastonate”: questa una delle notizie, con relativo video, che attualmente sta spopolando sui social. Probabilmente anche Resede Ferioli, autrice di “Abbassate il volume”, se ne avesse avuto la possibilità si sarebbe comportata come l’ex assessore; anzi leggendo il suo pamphlet c’è da pensare che avrebbe letteralmente raso al suolo tutte “le fonti di disturbo della quiete pubblica”. Un radere al suolo che ha le sue buone ragioni, viste le illegalità viste e subite durante i suoi soggiorni estivi in un “paese stretto fra una pineta e il mare che sembrava il paradiso sulla terra”.
In sostanza “Abbassate il volume” è il racconto, tra indagine giuridica e memoriale, di una notaio in pensione che si è ritrovata in mezzo all’impazzare di una cosiddetta “movida” notturna proprio sotto casa sua, in riva al mare. Il problema nasce dal fatto che il disturbo della quiete pubblica è stato autorizzato direttamente dal sindaco del paese, in evidente grande, troppa, sintonia con gli esercenti commerciali della spiaggia; che intanto avevano trasformato i loro “stabilimenti balneari” in discoteche all’aperto 24 ore su 24: “proprio come la nebbia, pensai, il Sindaco stava disorientando il cittadino impedendogli di avere una situazione lucida e completa della situazione giuridica. Ci stava facendo credere che la sua ordinanza fosse emessa in piena osservanza delle norme di legge da lui viste e citate, che però poco o nulla avevano a che fare con gli stabilimenti balneari sul terreno demaniale” (pp.46). Ancora il sindaco, secondo l’incazzatissima Ferioli, “per soddisfare l’avidità dei balneari, basa ogni parte della sua ordinanza sul presupposto che concerti, discoteche, spettacoli, feste popolari, celebrazioni, manifestazioni sportive e concorsi vari costituiscano sempre attività accessorie e indispensabili alla balneazione se avvengono entro l’orario da lui fissato, facendo così digerire la movida in un grosso boccone” (pp.49).
È vero che il pamphlet è costellato da innumerevoli episodi di vita, per lo più raccontati con fare divertito, ma il nucleo centrale è rappresentato dagli argomenti in punta di diritto che letteralmente demoliscono tutti gli stratagemmi messi in atto dall’amministrazione comunale – a dire il vero del tutto evidenti e spudorati – che hanno portato a una diffusa e persistente illegalità e quindi all’idea fasulla che la delibera sindacale abbia il potere di modificare la norma statale. Argomentazioni che esordiscono con l’analisi su cosa debbano essere realmente le ordinanze; per poi giungere all’esame delle (reali) attività accessorie dell’attività degli stabilimenti balneari, alla loro programmazione, al senso dello stato e di diritto, alla democrazia nell’ente locale, alla discrezionalità amministrativa, alla definizione di demanio marittimo (“ogni cittadino è contitolare del diritto di uso gratuito del demanio marittimo”), alle concessioni (“la pubblica amministrazione può dare un bene in concessione temporanea purché l’utilizzo per l’attività prevista non ne alteri la destinazione e non ne impedisca ad altri il suo utilizzo naturale”).
Argomentazioni ad uso di noi cittadini, non certamente delle amministrazioni comunali che in tutta evidenza hanno scelto la strada di legalizzare “l’arroganza di spadroneggiare nella vita privata altrui” (pp.138): “Sembra di vivere in un altro mondo: le attività abusive sul demanio marittimo sono le uniche veramente redditizie, il servizio per la balneazione su terreno demaniale è considerato soltanto un incidente di percorso e l’impresa balneare è da tempo avviata verso una gestione di esercizio commerciale senza alcun vincolo di destinazione d’uso” (pp.169). I motivi poi di queste scelte da parte del comune sono presto detti: “Il cibo che l’ente comunale riceve in cambio è il sostegno elettorale dei cittadini votanti che non subiscono gli effetti diretti dell’attività notturna degli stabilimenti […] A essere maligni si può pensare anche ad altre cibarie, ma noi non lo siamo” (pp.60).
Fin qui le storie che riguardano la situazione del demanio marittimo e i conseguenti abusi da parte degli esercenti commerciali e dei “balneari fracassoni”. Ma a ben vedere molti degli argomenti di Resede Ferioli – ad esempio “il sostegno elettorale” – potrebbero essere usati anche per contestare quanto combinato in questi anni dalle amministrazioni di grandi città d’arte, colpite da una “gentrificazione” selvaggia, ridotte a veri e propri “mangifici”, con spazi per i residenti – quelli reali – sempre più ridotti; e magari, di notte, in balia di poveri disagiati urlanti, ubriachi e piscioni.
Le conclusioni di Resede Ferioli, di cui cogliamo l’incontenibile incazzatura, sono a dir poco sconsolate: “l’importante è che non venga recato danno a noi che stiamo a guardare. Siamo rimasti sudditi e non siamo mai diventati cittadini perché siamo un popolo paziente. Non ci resta che ridere, Di loro. Di noi. Di tutti” (pp.180). In realtà la notaio in pensione questa volta – giustamente – non è stata paziente e non è stata a guardare.
Edizione esaminata e brevi note
Resede Ferioli, nata negli anni ’30, ha studiato giurisprudenza e per tanti anni ha esercitato come notaio in Emilia Romagna. Questo è il suo primo libro.
Resede Ferioli, “Abbassate il volume. Indagine su libertà e soprusi della movida”, Le Lucerne (collana “Barlumi”), Milano 2021, pp. 192.
Luca Menichetti. Lankenauta, agosto 2021
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