Rispetto i suoi precedenti saggi – pamphlet, con “L’occasione mancata”, Piercamillo Davigo, pur con la consueta meticolosità e toni giustamente pungenti, raccontando questi ultimi trent’anni alle prese con corrotti e corruttori, sembra esprimere ancor di più un sincero disincanto sulle speranze che le istituzioni italiane – e con loro eletti ed elettori – possano davvero lasciarsi alle spalle un’ormai secolare stagione di illegalità e di profonde mistificazioni. Davigo ripercorre la storia, in sostanza dimenticata, di “Mani pulite”, ma soprattutto tutti i tentativi, per lo più riusciti, di impedire che la giustizia facesse il suo corso. La storia di vicende corruttive di dimensioni fino ad allora inimmaginabili, in cui “esponenti di partiti, pubblicamente contrapposti, di nascosto si spartivano le tangenti”, al punto che “in un paese come l’Italia, pur caratterizzato da un forte spirito di fazione, sembrava che quasi tutti ritenessero importante fare pulizia a prescindere da chi fossero corrotti e corruttori e segnatamente senza interessarsi dell’appartenenza politica” (pp.47).
Appunto, “sembrava” perché presto quel “a prescindere” di cui parla Davigo fu archiviato per poi aprirsi ad una lunga stagione – che, a ben vedere, è ancora attuale – di accuse di politicizzazione, di tentativi di delegittimazione, di attacchi personali. La seconda parte del libro, dopo aver ricordato le indagini condotte personalmente, quelle propriamente della stagione di “Mani pulite”, nonché i casi Imi-Sri, Lodo Mondadori, Sme – vale a dire i più gravi casi di corruzione in atti giudiziari della storia italiana – è infatti dedicata alle reazioni susseguenti le inchieste; per cominciare con il tentativo di mettere sotto scacco i magistrati – a dire il vero senza grandi risultati – mediante la sottoposizione del pool ad innumerevoli inchieste ed ispezioni ministeriali per iniziativa dei ministri Filippo Mancuso e Giovanni Maria Flick; nonché con tutta una serie di diffamazioni, più o meno ben orchestrate, che Davigo racconta con dovizia di particolari. Reazioni, di fatto bipartisan, dei politici e – non dimentichiamolo – dei loro servili cortigiani, quelli che in questi anni hanno fatto finta di fare informazione. Giova sempre ricordare, in virtù del citato “spirito di fazione”, che il nostro “giustizialista” è stato tacciato come “toga rossa”, nonché come “fascista”; immaginiamo a seconda del colore politico dell’indagato del momento. Reazioni e tentativi di delegittimazione praticamente impossibili in presenza di una forte indignazione dell’opinione pubblica; salvo poi ricordarci le parole di Michele Ainis: “l’indignazione era come la tensione erotica: difficile da tenere alta a lungo” (pp.153). Indignazione che ovviamente ha tutto a che fare con l’etica, perché, come ci ricorda ripetutamente Davigo: “Nessun popolo, cioè l’insieme dei cittadini, può vivere se non vi è un’etica condivisa, e in Italia non sembra più esservi” (pp.187). Di conseguenza le responsabilità che vanno ben oltre la congrega degli eletti: “Al di là di chi è coinvolto in attività del genere, nel resto dei cittadini non esservi riprovazione e talora neppure la consapevolezza che tali comportamenti, oltre a essere illegali, sono dannosi” (pp.184).
Tornando poi alle innumerevoli leggi ad personam, agli intrallazzi giuridici tutti intesi a farla franca – comprensibili nella loro indecenza da parte di chi ha un minimo di cultura giuridica e quindi facilmente spacciati come provvedimenti del tutto normali ad un’opinione pubblica inconsapevole o volutamente inconsapevole – il lettore, almeno quello dotato di un minimo di onestà intellettuale, sarà sicuramente a rischio reflusso biliare. Pensiamo, tra le tante, alle figure barbine fatte di fronte al relatore speciale ONU, il malese Dato’s Param Cumaraswamy, inviato in Italia nel 2002, per valutare l’indipendenza dei giudici italiani a fronte degli attacchi del potere politico, che così scrisse: “Il modo in cui vengono usati cavilli procedurali al fine di ritardare lo svolgimento dei processi desta preoccupazione, così come la sensazione che si ricorra agli strumenti legislativi al fine di approvare delle leggi che vengono poi usate durante lo svolgimento dei processi […] Diversi avvocati degli esponenti politici coinvolti nei processi sono inoltre membri del parlamento e questo provoca la sensazione che possano avere un’influenza in parlamento per difendere la causa dei loro clienti in quella sede. Ciò provoca un problema di conflitto d’interessi”. Insomma, di “sensazione” in “sensazione” siamo giunti all’ “Occasione mancata”, ovvero all’oggettiva sconfitta di coloro che hanno tentato di far osservare la legge anche “ai detentori del potere politico ed economico”. Sconfitta bruciante per tutti coloro che auspicano un’Italia meno corrotta – anche se Davigo nel suo libro, pur con toni sconfortati, non dimostra di essere privo di speranze – e che ci ricorda le parole del nostro “giustizialista” nel citare un dialogo del Mahabharata: “Krishna gli rispose che il suo dovere era di combattere senza preoccuparsi di vincere o perdere, e neppure delle conseguenze ultime delle sue azioni, perché a lui non competeva governare il mondo, ma solo compiere al meglio delle sue capacità quello che gli era toccato in sorte di fare” (pp.193).
Edizione esaminata e brevi note
Piercamillo Davigo, è stato presidente di Sezione della Corte Suprema di Cassazione, in servizio alla Seconda Sezione penale dal 2005. Entrato in Magistratura nel 1978, è stato assegnato al Tribunale di Vigevano con funzioni di giudice, poi dal 1981 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano con funzioni di sostituto procuratore. Dal 1992 ha fatto parte del pool Mani pulite, trattando procedimenti relativi a reati di corruzione e concussione ascritti a politici, funzionari e imprenditori. Dal dicembre del 2000 è stato consigliere della Corte d’Appello di Milano. Tra le sue pubblicazioni, con Laterza ricordiamo: La giubba del Re (2004), La corruzione in Italia (2008), Processo all’italiana (2012), Il giudice (2015), Il pubblico ministero (2015), Il sistema della corruzione (2017).
Piercamillo Davigo, “L’occasione mancata. Mani pulite trent’anni dopo”, Laterza (collana “I Robinson”), Roma 2021, pp.260.
Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2021
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