Con molta probabilità “Battaglie perse”, il libro di Gian Antonio Stella sul Montanelli ambientalista, potrà provocare nei lettori reazioni molto diverse: da un lato lo stupore di coloro che hanno sempre apprezzato l’opera del giornalista toscano ma lo conoscevano esclusivamente come granitico anticomunista; dall’altro l’imbarazzo degli innumerevoli detrattori – soprattutto adesso che il suo essere stato antiberlusconiano è diventato superfluo a fini propagandistici – e di coloro che, adesso, per motivi di contrapposizione politica, si atteggiano a suoi grandi ammiratori. Stella, con opera certosina, ha rintracciato tutti gli interventi montanelliani su quanto stava accadendo in Italia fin dal primo periodo della “straordinaria stagione di euforia economica”; ovvero una speculare straordinaria stagione di degrado culturale, ambientale, paesaggistico.
Interventi che vanno ben oltre la sua storica battaglia per salvare Venezia, sostanzialmente conosciuta: allarmi ripetuti, e perennemente ignorati, sull’assalto edilizio, sull’avvelenamento delle acque, sulla decimazione degli alberi, sul saccheggio dei siti archeologici, dalle coste sarde alle Dolomiti. In pratica un impegno incessante, combattuto per la salvaguardia nel nostro patrimonio storico e ambientale, in difesa dell’art. 9 della Costituzione: “A me, liberale, l’iniziativa privata piace. Ma non fino al punto di farmi dimenticare quali sconci e guasti, di quali orrendi crimini essa sia capace contro l’estetica e la decenza. Non è vero che qualunque italiano, avendo acquistato un pezzo d’Italia, abbia il diritto di fare quello che gli pare” (pp.119). Parole che, in presenza di innumerevoli saltimbanchi denominati neoliberisti, rischierebbero di qualificarlo alla stregua di un estremista comunista. Al punto che anche un personaggio di sinistra radicale come Tomaso Montanari è stato costretto ad affermare: “C’è davvero un abisso tra il profondo senso dello Stato e del pubblico interesse del liberale Montanelli, e il liberismo all’amatriciana del pensiero unico di oggi, insofferente a ogni regola che non sia l’arbitrio assoluto degli interessi privati […] Mi colpiscono soprattutto la consapevolezza profonda del nesso patrimonio artistico-paesaggio (inteso come ambiente), in totale sintonia con la Costituzione; la convinzione della necessità di porre dei limiti alla proprietà privata in nome dell’interesse pubblico (oggi un Renzi gli darebbe del comunista!)” (pp.26).
Parole che colpiscono sempre e comunque col suo stile, sferzante, sarcastico, per lo più disincantato, sia i “padroni del vapore”, sia i cittadini, subordinati, perennemente distratti e menefreghisti: “Quest’estate ho battuto le coste della Calabria, e mi sono ammalato il fegato nel vederle sfregiate da un’urbanistica e da un’architettura delinquenziale che ne hanno sconciato gli angoli più belli. Ma la voce di chi denuncia questi scandali si spegne sul muro della generale indifferenza. Che questa Italia, un tempo giardino d’Europa, ne stia diventando la fogna, non interessa agli italiani” (pp.70). Ed ancora: “E non alludiamo soltanto alla frenesia speculativa di certi privati che, a lasciarli fare, demolirebbero anche il Duomo di Milano o il Battistero di Firenze per elevare al loro posto dei grattacieli, e dovunque hanno potuto farli col cavillo o col raggiro hanno seppellito i residui angoli di verde sotto massicce colate di cemento. Alludiamo anche alla suprema indifferenza con cui l’opinione pubblica accetta questi attentati al suo patrimonio culturale e naturale, quando addirittura non vi collabora” (pp.44). Un discorso a dir poco profetico se soltanto pensiamo alle recenti reazioni di tanti fiorentini – giusto per citare una celeberrima città d’arte – indignati – per non dire peggio – quando interviene la Soprintendenza, ad esempio sulla ruota panoramica alla Fortezza da Basso, ma parimenti se ne fregano della svendita del patrimonio artistico del centro storico. Siccome spesso si dice “chissà cosa direbbe Montanelli se fosse vivo”, sospettiamo fortemente che uno dei suoi bersagli preferiti sarebbe quell’ex sindaco, quello dell’arte come petrolio d’Italia.
Queste idee, tutte intese alla “modernità”, allo “svecchiamento”, in Montanelli trovano una spiegazione ancora una volta votata al pessimismo: “E’ un gran bene che questo paese si sia scrollato finalmente di dosso la miseria che da secoli lo affliggeva. Purtroppo il benessere è arrivato prima di quel minimo di educazione che, se ci fosse, gli impedirebbe di assumere aspetti così volgari” (pp.58).
Ma le polemiche di Montanelli, meno “ideologico” di quanto si possa pensare” (“La politica è come gli affari: le idee non contano, conta l’onestà. Se uno è onesto, ci tratto; se è disonesto, no” – pp. 187), non si limitano a criticare la pervasiva maleducazione; va ben oltre: “E in una città come Roma, dove le sole industria sono sempre state, da Romolo ai giorni nostri, la politica e l’edilizia, è facile da capire come esse si siano fuse sino a fare dell’edilizia un affare politico e della politica una lotta di interessi edili. Con le conseguenze che tutti vediamo” (pp.165). In “Battaglie perse” troviamo anche la sua Milano: “fu ricostruita subito, ma fu ricostruita male. Gli interessi degli speculatori e i capricci degli architetti, sommati gli uni agli altri, fecero più guasti di quanti ne avessero fatti gli aerei alleati” (pp.183).
Dopo aver letto questo libro cosa possiamo concludere? Oltre a prendere atto quanto Montanelli abbia colto, prima di altri, il declino della tutela ambientale e artistica in questo paese, come giustamente argomenta Salvatore Settis: “vedere sotto la sua penna opinioni tanto radicali dovrebbe indurci a riflettere sulla dannata abitudine a classificare pensieri e abitudini in base a vere o presunte appartenenze, e non a quello che ciascuno crede, dice, argomenta” (pp.54).
Edizione esaminata e brevi note
Gian Antonio Stella (Asolo, 1953), è editorialista al «Corriere della Sera».Tra i suoi libri: Schei, L’Orda, Lo spreco, Negri, froci, giudei & co., Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli e i romanzi Il Maestro magro, La bambina, il pugile e il canguro, I misteri di via dell’Amorino. Con Sergio Rizzo ha scritto La Casta, La Deriva, Vandali, Licenziare i padreterni e Se muore il Sud. Con Gualtiero Bertelli e la Compagnia delle Acque ha portato in scena oltre cinquecento spettacoli teatrali.
Gian Antonio Stella, “Battaglie perse. Montanelli ambientalista rimosso”, Solferino, Milano 2021, pp. 224.
Luca Menichetti. Lankenauta, gennaio 2022
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