Ho osservato, via web, i dipinti e i disegni di Julia Kissina e ho notato che richiamano in maniera quasi perfetta le atmosfere e i personaggi deformi e bizzarri che ho trovato in “Madame la Dostoevskaja. Una storia di amore e poesia a Mosca”. Figure trasfigurate, volti alterati, scene smaterializzate: un misto tra espressionismo tedesco e fauvismo francese. L’arte della Kissina potrebbe nutrirsi dunque della stessa sostanza, sia dal punto di vista visivo che da quello letterario. Va pur detto che qui, nel suo romanzo, tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia nel 2020 da Scritturapura, certi caratteri e certi incastri mi sono apparsi vagamente forzati. Un po’ come se l’autrice volesse giungere a disfare e dissacrare senza una pura spontaneità, ma con l’intento preciso di rimodulare la realtà attraverso uno sguardo che vuole imporsi a se stesso.
Un “usus scribendi” sicuramente divertente e sicuramente demitizzante ma, alla lunga, almeno per il mio gusto, pericolosamente prossimo al prevedibile poiché anche ciò che è brillantemente paradossale e più che stravagante, quando sfruttato all’estremo, rischia di farsi banale. Dunque, “Madame la Dostoevskaja” potrebbe anche dirsi un “ritratto della poetessa da giovane“, più o meno. Siamo negli anni Ottanta e la protagonista del romanzo sceglie di farsi chiamare Elephantina: “A servizio dell’arte decidemmo di adottare degli pseudonimi. Shervinskaja, per sé, ne aveva pensata un’intera serie. Brontosauria, Stepanovna, L’amourmour, per esempio, oppure Slonovia Sachs. A me invece non veniva in mente nulla, e così, per la prima volta, mi firmai Madame Dostoevskaja. Ma Shervinskaja, senza pensarci troppo, me lo bocciò e disse che avrei dovuto farmi chiamare esattamente come lei, Slonovia, solo alla maniera inglese. E da allora mi chiamo Elephantina“.
A Elephantina viene “diagnosticata” una sospetta tendenza alla poesia con una precisa idea su cosa debba essere la letteratura: “giunsi alla conclusione che nulla al mondo era più ripugnante di uno scrittore. La letteratura, al contrario, è qualcosa di assolutamente diverso, viveva libera dall’autore e dal processo letterario“. Elephantina, che senza alcuna difficoltà può incarnare la stessa Kissina, vive a Kiev dove, ovviamente, studia arte. Un giorno viene invitata a un incontro poetico e lì, senza troppi indugi, sceglie il suo guru: il Luminoso. “Beveva smodatamente ed era tutto rosso e sudato. Già allora mi piacevano gli uomini rossi e sudati perché mi ricordavano le allegre rotondità dei pomodori e delle zucche di un mercato orientale. Il tipo era identico a un ortaggio: un ibrido tra un pomodoro e una zucca“. Per questo l’uomo guru, di cui la ragazza si innamora in fretta, verrà chiamato Pomodoro (e derivati) così come tutti gli infiniti personaggi e personaggetti che Elephantina incontra e conosce, nessun nome solo nomignoli.
Dopo la maturità Elephantina sceglie di lasciare Kiev e, con essa, la pittura. “Volevo fare l’università a Mosca, lo avevo già scritto al mio Pomidorič. E lui aveva avallato la mia decisione – certo, voleva dire, non serve a nulla rimanere appollaiati in provincia“. E Mosca, la Russia (quella degli anni Ottanta), diventano l’aspirazione massina di una ragazzina che ha già scelto la sua libera missione di vita. “Vivevo come una scultura in un museo, una rarità coperta di polvere. Ma morivo dalla voglia di andare a Mosca, la nuova vera Parigi. Lì si sarebbe compiuto il mistero della nascita di una nuova ed elettrizzante vita. Lì avrei iniziato a finalmente vivere, a svegliarmi, avrei imparato a fumare!“. Quindi, armata di una pesantissima macchina da scrivere, la nostra aspirante poetessa sale su un treno che la condurrà a Mosca, una città che, a prima impatto, è un misto di odori e altre strane mescolanze: “Mosca odorava di apparato statale. In centro c’erano i pentagoni e in mezzo ai pentagoni le pasticcerie. Carri armati e cioccolatini, torte e missili! […] Le cupole delle chiese odoravano di cipolle. Quaggiù sulla terra ci sono i binari, le redazioni di giornali, gli uffici per la casa, le anagrafi, le lauree in ingegneria meccanica e i motori a scoppio. E lo smog che viene dall’Occidente, perché in russo non esiste la parola “smog”, ma lo smog c’è. E i panni lavati, i cumuli di cenere di sigarette, i funzionari e gli autisti.“.
Elephantina è pronta a stupire il mondo e vuole farlo donandosi al teatro. Un altro mutamento d’orizzonte e la volontà di entrare nella Scuola Studio di Teatro d’Arte di Mosca. Le vicissitudini che attendono la studentessa sono innumerevoli e la loro descrizione è costantemente alterata dalle sensazioni della protagonista. Un susseguirsi, svagato e paradossale, di figure varie quasi come se ci si trovasse al cospetto di uno spettacolo circense. Tra il cinismo di una provinciale, la lirica di un’aspirante poetessa, l’imbarazzo di chi non sempre è dove vorrebbe e con chi vorrebbe, assistiamo a un decennio scarso (1981-1988) di vita e di crescita della nostra Elephantina, fino al suo ritorno a Kiev e alle sue riflessioni finali sulla vita e sul tempo: “Nel passato il tempo non si muove, non vive, nel passato il tempo non è un film ma una fotografia. E se il tempo è una fotografia, vuol dire che è piatto. E se è piatto, ci puoi cucire un cappotto“.
Edizione esaminata e brevi note
Julia Kissina è un’artista e scrittrice nata a Kiev nel 1966. Ha studiato scrittura drammatica a Mosca, poi si è trasferita in Germania, si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Monaco e ha insegnato New Media e Fotografia d’Arte. Nel 2003 ha curato il festival Art & Crime a Berlino e si è esibita in una prigione tedesca. Nel 2006 ha creato The Dead Artist’s Society, che ha tenuto sedute spiritiche per condurre dialoghi con classici come Duchamp e Malevich. Membro del movimento Concettualista di Mosca e dell’avanguardia letteraria underground russa (Samizdat), Julia Kissina è autrice di numerosi romanzi e raccolte di racconti tradotti in tutta Europa. Suhrkamp Verlag, Germania, ha pubblicato i suoi romanzi Springtime on the Moon, Elefantina e una recente antologia di prosa russa contemporanea «Revolution Noir», che ha curato. Nel 2018 ha creato Urban Dictionary, un festival letterario a Berlino, che ha riunito scrittori di New York e Berlino. Julia Kissina vive a Berlino e New York City.
Julia Kissina, “Madame la Dostoevskaja. Una storia di amore e poesia a Mosca“, Scritturapura Casa Editrice, Asti, 2016. Traduzione di Luisa Giannandrea. Titolo originale “Elephantinas Moskauer Jahre” (2020).
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